Pubblicato il 6 luglio 2013, ultimo aggiornamento 19 settembre 2015
Piko ha appena annunciato una interessante novità italiana in scala N prevista per ottobre 2013 (sostanzialmente per Novegro): il GTW 6-2 in livrea SAD (Ferrovia Merano-Malles, o della Val Venosta).
Il GTW 6-2 Piko è presentato in una review su digitalworldtrain (anche se nella livrea Veolia), che ne parla molto bene: è interamente in metallo, ha una doppia motorizzazione. Ne critica solo il connettore Plux-12 per la digitalizzazione, che però rende possibile di pilotare separatamente illuminazione interna e fari. Non è la prima realizzazione in scala N del treno di Malles. Lo aveva realizzzato artigianalmente in 20 esemplari numerati Helmuth Schwinghammer diFine Scale München, e in due diverse livree, ma a un prezzo decisamente superiore ai 240€ del listino Piko per la versione analogica (a dicembre 2013 lo si trovava su ebay al prezzo d’asta base di 550 Euro).
La realizzazione di Piko ha un alto valore simbolico: una casa rinata dalle sue ceneri produce il modello di una ferrovia anch’essa resuscitata dalla morte, e ci dà lo spunto per parlare proprio della singolare storia di questa emblematica ferrovia: la Malles-Merano (ma il GTW 2-6 estende alcune delle sue corse fino alla stazione di Bolzano).
La storia della Ferrovia della Val Venosta: K.K.st.B. e FFSS
Quando, nel 1991 le linea Merano-Malles, considerata “ramo secco” da parte delle FS, venne chiusa, pochi rimpiansero il treno, sostituito da servizi stradali. Le tratta era stata inaugurata il 1 luglio 1906 come prosecuzione della Bolzano Merano, e nella prospettiva di connessione con Landeck (progetto che avrebbe richiesto un percorso a cremagliera e tornanti oltre il passo Resia) per completare un percorso Basilea-Coira-Venezia. La tratta oltre Malles non venne però mai realizzata.

Inaugurazione della Merano Malles – 1 luglio 1906 – una 178 imbandierata apre la ferrovia – dalla tesi di Fabio Lamanna – in origine da Danieli, Ezio, Seconda Classe, Bolzano 1978
A inizio secolo i quattro treni giornalieri che percorrevano la valle ci mettevano quattro ore a percorrere i 60 Km, trainati dalle locotender K.K.st.B. classe 294 e 178 (rodiggio rispettivamente C e D) e poi dalle più potenti classe 199, 180 e 170 (rodiggio 1C, E e 1E). Pochi anni dopo l’inaugurazione, scoppiò la Grande Guerra, e la ferrovia divenne un utile e importante strumento per le armate imperiali. Al termine del conflitto la Val Venosta divenne terra italiana, e le macchine furono incorporate dalle FS, inquadrate rispettivamente nei gruppi 899, 893, 877, 477 e 729. Ne parliamo più estesamente altrove. Tra queste furono relativamente longeve le 877, che resistettero almeno fino al 1934 – anno di elettrificazione (in trifase) della Bolzano-Merano. Nel 1938 risultavano comunque già radiate. Le 893 vissero ancora più a lungo – l’ultima fu radiata nel 1958. Un paio di 899 ebbero vita perfino più lunga, ma lontano dalla terra venostana. Tutte le altre a partire da metà degli anni ’20 vennero progressivamente sostituite dalla nuove Gr.740 assegnate ai depositi di Merano e Bolzano.

Gr.740.038 con 4 centoporte + bagagliaio a Bolzano per i 125 anni della Ferrovia Bolzano-Merano (15.10.2006) . Foto Mauro da modelleisenbahn.blogspot.it

Doppia trazione di 740 a Lagundo nel settembre 1974, foto © Claudio Pedrazzini da http://www.trainsimsicilia.net
Quando nel 1934 si procedette alla elettrificazione si scelse di limitare la stessa ai primi 30 Km (Bolzano-Merano) e non alla successiva tratta, di lunghezza doppia, fino a Malles. anche se il traffico era un po’ aumentato, e oltre alla movimentazione passeggeri (essenzialmente locale) due coppie di merci presero a circolare quotidianamente, integrati quando necessario da treni speciale e composizioni miste.

Una composizione mista merci/passeggeri a Spondigna – Foto © http://www.mecschlanders.com
Il traffico merci aumentò ulteriormente nel dopoguerra, fino alla circolazione di circa 200 cari giornalieri per soddisfare le necessità legate alla costruzione di nuovi impianti idroelettrici, il cui traffico si aggiungeva al classico trasporto di ortofrutta, legname, bestiame e dei marmi di Lasa. Venivano effettuati anche convogli per trasporti militari, per le esercitazioni che si svolgevano nella valle.
Sul finire degli anni ’50, con la fine dei lavori di costruzione delle centrali, il traffico merci prese a calare progressivamente, ed il poco traffico merci residuo fu affidato a macchine Diesel, prevalentemente della D.345.

Coppia di D345 a Lagundo nel 1992 con un treno turistico. Foto © Rosenberg dalla tesi di Fabio Lamanna – originariamente tratta da Rosenberg, Le Ferrovie in Sudtirolo, ed. Athesia 1993
Occasionalmente servizi di traino merci furono operati dalla D.141.1004 (da manovra!) del deposito di Bolzano.

La D.141.1004 in servizio trazione in Venosta. Foto © http://www.mecschlanders.com
Anche i convogli passeggeri abbandonarono la trazione a vapore a fine anni ’50. Il traffico limitato poteva esssere soddisfatto da delle ALn 56 e 556 Breda, che avevano anche il vantaggio di non dover girare il convoglio a termine corsa. I molti Alpini in servizio di leva a Malles e la usavano per andare e tornare dalle licenze la chiamavano “la bionda”.
Alcune si spingevano fino a Bolzano per effettuare un servizio “diretto”: a Merano una ALn556 veniva agganciate in coda ad una coppia ALe.840+Le.840.
Le 772 invece raggiungevano Merano da Venezia via Valsugana, ma non si addentravano in Venosta.
Nel 1977 le 556 iniziarono ad essere sostituite con delle ALn.668 serie 1700 che restarono in esercizio fino alla chiusura della linea.

Alla stazione di Merano nell’estate 1984. la Ale.840 da Bolzano è a fianco della 668.1717 diretta a Malles – Foto © Stephan Wohlfahrt da http://www.bahnbilder.de
A Merano le operazioni di manovra erano affidate a un Köf: il 213.905.
Fin dal 1961 si erano fatte le prime ipotesi di chiusura della linea. Le FS non dovevano credere troppo nelle possibilità di tenerla in vita, e ridussero progressivamente gli interventi manutentivi al minimo indispensabile. Questo comportò nel tempo un drastico peggioramento delle condizioni della linea: in quasi tutte le stazioni la velocità massima sugli scambi fu limitata a 30 Km/h sul tracciato corretto, e 10 km/h in deviata! Considerando che c’era in media una stazione ogni tre Km circa, si faceva prima a cavallo… Il ciclo a feedback negativo si avvitò su se stesso: peggiore efficienza – meno passeggeri e merci – meno introiti – meno investimenti – peggioramento ulteriore dell’efficienza… Il 9 giugno ’90 la ferrovia venne dismessa, nonostante le proteste di un gruppo di residenti.

Proteste contro l chiusura, davanti alla stzione d iBolzano nel maggio ’89. Da https://umweltvinschgau.wordpress.com/vinschger-bahn/
La storia della Ferrovia della Val Venosta sembrava identica a quella di tutti i rami secchi italiani e non. Solo dieci anni dopo l’Unione Europea averbbe solennemente proclamato “Risulta necessario che le misure specifiche tengano in maggiore considerazione le realtà regionali, in particolare le ferrovie secondarie, esposte in molti paesi al rischio di sparire in quanto non competitive. Dette linee devono essere valorizzate tenendo conto di una possibile utilizzazione di tipo turistico e per sfruttare le possibilità esistenti” (Direttiva 91/440/CEE, emendamento 21 del 8/6/2000, presentato da Camilo Nogueira Roman). Stalla chiusa a buoi scappati: Val di Fiemme, Val Gardena, Alta Anaunia, Lana-Postal. Transatesina, Brunico-Campo Tures, Dobbiaco-Cortina, Rovereto-Arco-Riva e Val Venosta nel solo Trentino-Alto Adige…

La ferrovia della Venosta negli anni dell’abbandono. Foto © Carmen Müller, tratta dalla tesi di Fabio Lamanna
La rinascita
Così come in certi film, quando tutto sembra ormai perduto, arrivano “i nostri”, nel caso della Venosta avvenne un caso davvero raro: 14 anni dopo, nella data simbolica 5/5/5, la linea venne riaperta ad opera della Provincia Autonoma di Bolzano. Non che vi fosse un coro di approvazione… molti pensarono ad un azzardo. e che gli albergatori temevano, pare, che i clienti potessero essere disturbati dallo sferragliare dei convogli!
La Provincia però era convinta e decisa, ed era andata andò dritta per la sua strada, scommettendo sul fatto che una ferrovia efficiente in un ambiente caratterizzato da un bel paesaggio con una interessante presenza di castelli, piacevoli paesini sul fondovalle e dotato di una bella ciclabile avrebbe supportato le esigenze dei turisti, e sarebbe esse stessa divenuta una attrazione turistica.
Il rifacimento, progettato e curato dalla STA spa di Bolzano, è stato caratterizzato da una particolare attenzione culturale e ambientalistica. Italo Cremasco, nel suo interessantissimo scritto “Modello di riferimento per il ripristino dell ferrovia Mantova-Peschiera“, mostra ad esempio come si sia arrivati a posizionare a destra un segnale per evitare di abbattere un bel noce che, cresciuto sulla sinistra del binario, avrebbe impedito la visibilità di un segnale posizionato in modo standard. La cura posta nell’operazione di recupero si nota anche nei fabbricati viaggiatori, ristrutturati nel rispetto dello stile originale ad opera dei comuni, sotto la guida della Ripartizione dei Beni Culturali della Provincia, ed arredati con mobilio in stile tirolese.
L’operazione di ripristino della ferrovia ha comportato:
- Interventi infrastrutturali:
- il rifacimento e l’innalzamento di tutti i marciapiedi di stazioni e fermati, portati a quota 55 sul piano del ferro, e l’installazione di pensiline prefabbricate; successivamente (2010) si è provveduto alla installazione di pannelli solari sulle pensiline e dei tetti delle stazioni ferroviarie;
- la realizzazione di parcheggi di interscambio nelle vecchie aree merci dele stazioni, e del già citato piazzale di interscambio a Malles;
- la ristrutturazione di Rimessa locomotive e Deposito di Malles;
- il risanamento o rifacimento dei ponti, ed il risanamento di tre gallerie;
- piccole rettifche di tracciato ove questo consentiva un innalzamento di velocità;
- soppressione della maggior parte dei passaggi a livello (54 degli 85 precedentemente esistenti), ed in particolare di tutti quelli in consegna agli utenti)
- rifacimento dell’armamento, con l’introduzione di traverse in acciaio a Y nelle curve con raggio inferiore ai 300 m.
- Acquisizione di nuovi rotabili (ne parliamo sotto)
- Interventi logistico-organizzativi:
- rimodulazione dei servizi di trasporto su gomma, con abolizione del servizio longitudinale Merano-Malles e razionalizzazione del trasporto locale, secondo un modello a pettine (bus in coincidenza con i treni effettuano servizio su direttive perpendicolari alla ferrovia, per esempio servendo le valli laterali o i paesi vicini ad ciascuna stazione – ovviamente in un modello tariffario integrato);
- riconversione del personale dei bus, abilitandoli anche al servizio ferroviario così da poter scambiare i ruoli secondo necessità;
- creazione di punti-noleggio biciclette per cicloturisti che possono prelevare le bici in una stazione e riconsegnarle in un altra.

Bus e Treno si incontrano alla stazione di Coldrano per un collegamento a pettine. Foto da wikimedia
- Interventi di automazione della linea, e di centralizzazione del suo controllo:
- creazione di una sede di controllo centralizzata posta a Merano, ove il Dirigente Centrale Operativo gestisce l’intero traffico grazie ad un Apparato Centrale Computerizzato realizzato da Ansaldo Segnalamento Ferroviario e che comanda blocco automatico, gestione dei passaggi a livello, impianto di telecomando/telecontrollo.
- predisposizione dell’apparato di bordo del treno che verifica, istante per istante, che lo stesso non superi la velocità consentita dalla linea, ed in caso contrario interviene frenando automaticamente. Il macchinista ha a bordo tutte le informazioni necessarie alla guida, tanto che il tradizionale sistema di segnalazione sarebbe superfluo: viene però mantenuto per permettere la circolazione di rotabili di altre aziende, come ad esempio i treni storici.
L’operazione, fondata sull’uso di tecnologie di avanguardia, risultò un successo. La “nuova Venosta” ricalca fedelmente il tracciato della vecchia lungo il percorso di 60 Km a binario unico di rango C (con velocità massima di 100 e di 70 Km/h – a parte un unico breve tratto con limitazione ai 60). La ferrovia, con una pendenza massima del 28 per mille risale la prima parte della valle percorsa dal fiume Adige (la cui valle cambia nome più volte: Val Venosta fino a Merano, Val d’Adige da Merano all’altezza di Castel Beseno, poco a sud di Trento e quindi Vallagarina fino a Verona). Passa di 260 m.s.l.m. di Merano ai 1050 di Malles. Ha varie curve con raggio di 275 m (inferiori ai 300 m minimi previsti in Italia, e derivanti dall’origine austriaca del tracciato). Lungo il percorso vi sono 8 stazioni ove possono avvenire gli incroci e 11 fermate.
Due delle stazioni (Tel e Senales) sono adibite solo ad incroci ma non al servizio passeggeri. I due binari di circolazione delle stazioni sono atti all’ingresso simultaneo di due treni in direzione opposta, essendo dotate di tronchini di salvamento in entrambe le direzioni: in caso di sconfinamento di un convoglio oltre il segnale di partenza con via impedita, il treno viene indirizzato sul tronchino evitando così la collisione frontale con uno proveniente in senso opposto. Lo schema delle stazioni intermedie è standard, con la sola eccezione di Silandro che presenta tre binari di circolazione, e sembra una classica stazione da plastico ferromodellistico.
La possibilità che due treni entrino in stazione simultaneamente richiede anche la presenza di un sottopasso pedonale, o in sua assenza di un sistema di protezione: in sostanza un passaggio a livello pedonale a barriere, la cui presenza può essere notata nello schema mostrato. Tale dispositivo è in effetti presente nelle stazioni di Marlengo, Lasa e Spondigna (Laces e Silandro hanno invece dei sottopassi pedonali).
Malles è la stazione terminale del percorso, ed è quindi di testa. E’ l’unica stazione dotata di segnalamento di manovra, pilotabile in locale o dal posto di controllo centrale, ed è ancora dotata di una bellissima stella di inversione per le locomotive a vapore, tuttora utilizzata nel caso di treni storici. Vi è un piazzale di interscambio Treno-Bus, con collegamenti biorari che passano il confine svizzero attraverso la meravigliosa Val Monastero (ove si trova un convento dei Benedettini, sito del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO) e scavalcando il Pass dal Fuorn permettono di raggiungere la stazione di Zernez ove passa la Ferrovia Retica (Rhätische Bahn).
Il seguente video permette di percorrere parte della valle nella cabina di guida.
Come da direttiva europea, infrastruttura e agente di trasporto sono separati: concessionario per l’esercizio dell’infrastruttura è la SBA , e quello per il trasporto è la SAD ( Società Autobus Alto Adige SpA – Südtiroler Autobus Dienst AG, ex Società Autolinee Dolomitiche) che a dispetto del nome gestisce treni su tutto il territorio provinciale (inclusa la storica Ferrovia del Renon, la Funicolare della Mendola e due funivie).
Il parco rotabili è costituito di 12 automotrici Diesel Stadler GTW 2-6 di produzione svizzera. Originariamente erano previsti 8 convogli, ma il successo riscontrato ha richiesto un aumento del parco. Una automotrice è però andata distrutta nell’incredibile incidente del 12/4/10: la rottura di un condotto di irrigazione agricola fradiciò il terreno fino a provocare una frana che avvenne proprio mentre passava il treno. Fosse avvenuta pochi istanti dopo, il convoglio sarebbe passato indenne, mentre se fosse capitata solo poco prima i sistemi di monitoraggio l’avrebbero rilevata bloccando il traffico. Il grave bilancio parla di 9 morti e 28 feriti.

L’incidente in Val Venosta – Foto da http://www.ladigetto.it
A parte questo tragico e sfortunato caso, ed un incidente minore dovuto ad un surriscaldamento con uscita di fumo che portò al fermo del convoglio senza però danni alle persone, l’esperienza venostana è ampiamente positiva. I GTW sono stati successivamente acquisiti anche da altre compagnie ferroviarie italiane, e ne parleremo prima o poi in un altro articolo.
Una questione riguardante questi convogli è la limitata capacità di trasporto di biciclette (nei periodi di punta largamente inferiore alla richiesta!). La soluzione basata su carri appositi trainati fu scartata a causa dei tempi per le manovre di riposizionamento degli stessi a capolinea, incompatibili con il cadenzamento stretto delle corse. La soluzione fu quella già citata, ovvero dare la possibilità di noleggiare le bici senza vincolo di restituzione nel luogo di origine (e recentemente esteso anche a bici elettriche).
Dalla ristrutturazione in poi il traffico merci non viene più effettuato, nonostante la Val Venosta sia percorsa da un considerevole numero di mezzi pesanti. Nelle ore diurne sarebbe incompatibile con l’esercizio viaggiatori, che usa intensivamente le tracce disponibili. Nella fascia notturna sarebbe teoricamente possibile, purché il traffico giustifichi il presenziamento notturno del Posto di Controllo Centrale. Le potenzialità potrebbero forse esserci, così come c’erano un tempo: i consorzi agrari producono grandi quantità di mele, e la cava di marmo di Lasa, posta in quota, porta i blocchi di marmo fino alla stazione di Lasa tramite una funicolare e due tratti ferroviari (Ferrovia Marmifera di Lasa): una volta i blocchi di marmo venivano poi caricati sui treni, ma dalla dismissione della linea da parte delle FS furono caricati su camion.
Le prospettive
Quando i GTW furono scelti per la Venosta, vi furono polemiche legate al loro prezzo – superiore a quello di possibili concorrenti. In realtà, ancora una volta, la Provincia Autonoma aveva mostrato lungimiranza. L’immediata elettrificazione della linea avrebbe comportato un aumento di costi che rendeva la scommessa fatta ancor più rischiosa, ma non si vollero escludere possibili evoluzioni future in quella direzione. Tra i vincoli nelle specifiche per i rotabili fu quindi aggiunta la clausola che prevedeva la possibilità di una possibile conversione futura degli stessi. I GTW soddisfacevano questa richiesta: il motore è alloggiato nel piccolo modulo centrale, chiamato “Power Pack”. La sostituzione dello stesso permette la conversione delle unità da diesel a elettriche.
Nel 2010, a successo dell’operazione ampiamente consolidato, fu ipotizzata l’elettrificazione della linea, in parte per ragioni economiche (il prezzo dei carburanti fossili si era impennato) e in parte per ragioni ecologiche (riduzione delle emissioni, utilizzando energia elettrica “pulita” prodotta localmente). La discussione non durò moltissimo, e a maggio 2013 il Consiglio Provinciale ha deliberato l’elettrificazione della Merano-Malles. Nel 2015 dalle parole si é passati ai fatti: buona parte dei lavori preparatori è già stata completata, e dalla primavera 2016 inizieranno una serie di lavori che riguarderanno, oltre all’installazione della linea aerea, la realizzazione di sottopassi pedo-ciclabili in alcune stazioni e l’allungamento dei marciapiedi. Quest’ultimo si rende necessario per ospitare i nuovi convogli che verranno acquistati: dei FLIRT come quelli già in possesso della SAD per il traffico verso la Val Pusteria. I nuovi FLIRT saranno tritensione, in grado di circolare sulle linee austriache e italiane convenzionali, ma anche a 25 KV, 50 Hz che sarò la tensione di esercizio per la Venosta. I convogli saranno anche dotati del sistema di segnalazione e protezione del treno ETCS.

Un FLIRT SAD 170, già oggi bitensione, impegnato in una corsa di prova in terra austriaca (come si può notare dalla linea aerea). Immagine Ufficio stampa Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige – febbraio 2014
La complessità dei lavori richiederà per due volte un’interruzione di alcune settimane del traffico ferroviario, presumibilmente nel 2017 e 2019. Dal 2020 dunque dovrebbe essere possibile avere un orario cadenzato sulla base di 30 minuti, con interconnessioni dirette tra Malles e Bolzano.
Contemporaneamente, é rinato l’interesse per la prosecuzione della Ferrovia della Val Venosta fino all’Austria, dove a Landeck si congiungerebbe con la Arlbergbahn (Innsbruck-Bludenz-Zurigo). Si tratta di una riesumazione del vecchio progetto della Reschen Scheideck Bahn (Ferrovia di Resia) del 1891, riprogettato tra il 1907 ed il 1909 e i cui lavori, effettivamente iniziati nella primavera del 1918, furono bruscamente interrotti nell’autunno con la capitolazione dell’Impero Austro-Ungarico (su www.bahnarchiv.net se ne vedono alcune immagini d’epoca).
Il consiglio provinciale ha recentemente preso posizione in proposito, e anche nei colloqui tra Junker a il “Landeshauptmann” (presidente del consiglio provinciale) Arno Kompatscher se ne é parlato. Per ora si é avviato uno studio di fattibilità, che include anche una connessione con la RhB, eventualmente prolungata da Scuol-Tarasp a Finstermünz (anche se il collegamento non prevederebbe il passaggio di rotabili, visto il diverso scartamento). Si vedrà.
Insomma, la storia della Venosta è una storia ferroviaria interessante e a lieto fine. Grazie a Piko, presto gli appassionati di scala N potranno riviverne dei momenti sui loro plastici.
Approfondimenti sulla ferrovia della Val Venosta sono disponibili in rete con:
- il già citato “Modello di riferimento per il ripristino dell ferrovia Mantova-Peschiera” di Italo Cremasco
- la tesi di laurea Fabio Lamanna (Università di Trieste)
- il sito ufficiale della ferrovia
- un articolo su clubtrenibrianza
- un articolo su fremo-calabria
Negli anni 60 ero al viaggiante di Bz, con frequenti servizi in Val Venosta. Una pena angosciante vedere le FS in totale disfacimento e linee cedute a Regioni. Sembra un patrimonio rubato e non ho neanche voglia di considerare
quei dipendenti dei colleghi. Non hanno la minima conoscenza di quel che era , una volta, il lavoro in ferrovia. Certo , il materiale è moderno, la tecnologia pure, ma rimango attaccato ai nostri servizi di Ferrovieri non di tramvieri.
Complimenti per l’articolo esauriente. Appena tornato e verificato con mano impatto positivo e lungimiranza del progetto, non solo nella scommessa del recupero, ma nella scelta di vetture che si prestano bene a fare da “metropolitana” leggera della valle: comodità interna, facilità di ingresso e discesa, trasporto cicli, integrazione non contundente con il contesto, coincidenze con altri mezzi. Chi ha avuto modo di fruire dei regionali tra Lugano e Milano troverà a prima vista subito e favorevolmente ospitali i treni di questa linea.
Aggiungo solo che questa estate il parco vetture era in organico ridotto per ritiro e revisione di alcune motrici da parte del produttore (rischio incendio?) con la conseguenza di convogli accorciati nelle ore di punta e sostituzione con pullman di alcune corse.
Grazie!
Bellissimo ed esauriente articolo! Va però aggiunto, onore al merito, che la Provinz ha solo seguito un movimento popolare venostiano che combattè per il ripristino. In particolare l’associazione ambientalista della Venosta “Umweltschutzgruppe Vinschgau”. E’ la stessa ha pressato per l’elettrificazione fino a pochi anni come giustamente ricordavate della delibera provinciale approvata. Quindi, semmai, lungimiranti sono stati un pugno di cittadini, seguiti dall’opinione pubblica (e non tutti gli albergatori erano lungimiranti. La Provinz quindi è giunta a consenso consolidato dopo dieci anni almeno.
Conosco questi aspetti poiché prendo questo treno tutte le volte che posso rinunciare all’auto.
https://umweltvinschgau.wordpress.com/vinschger-bahn/
Per le alternative del collegamento ferroviario Alta Val Venosta – Bassa
Engadina vedi il documento:
Ma, dopo l’incontro Provincia di Bolzano – Regione Lombardia parrebbe che il progetto di collegare Prato allo Stelvio – Val Monastero – Bormio sia in “pole”.
Lo stesso progetto prevederebbe poi il collegamento Bormio – Tirano assicurando così l’interscambio con RhB Bernina.