Pubblicato il 29 aprile 2017, ultimo aggiornamento 23 maggio 2017
Nel 1870 il porto eritreo di Assab, presso l’entrata meridionale del Mar Rosso, fu acquistato da una compagnia italiana, come cessione di un sultano locale, ponendo le basi per la fondazione di una colonia italiana in Eritrea. Di lì a poco gli italiani costruirono, per ragioni militari, la prima ferrovia in Eritrea (vi era stata una iniziativa inglese precedente, tra il 1867 e il 1868, di costruire una breve strada ferrata di 12 Km, sempre per ragioni militari, ma che non venne mai ultimata). La via ferrata italiana era a scartamento ridotto (950 mm), e partiva da Massaua per arrivare alle fortificazioni di Saati (poco dopo Dogali). La ferrovia, completata il 15 marzo 1888, era lunga 26 km. Questa breve tratta fu prolungata a inizio ‘900, raggiungendo nel settembre 1904 Ghinda, nel marzo 1910 Nefasit ed il 6 dicembre 1911 la capitale Asmara (a 118 Km da Massaua). I prolungamenti ulteriori si ebbero nel decennio successivo: Cheren nel 1922 , Agordat nel 1928 e finalmente, il 7 marzo del 1932, Biscia, a 351 km di distanza da Massaua. La linea venne posta sotto la gestione delle Ferrovie Eritree (FE), dipendenti dal Ministero delle Colonie italiano che effettuarono i treni con trazione a vapore, principalmente con le locomotive Mallet di costruzione Ansaldo. A chi volesse approfondire il tema delle ferrovie Eritree e del resto dell'”Impero” segnaliamo il bel sito FerroviaEritrea ed il saggio di Stefano Maggi Le ferrovie nell’Africa italiana: aspetti economici, sociali e strategici.
Qui ci occupiamo dei rotabili FIAT usati nelle colonie: le littorine bianche.

Littorina Eritrea (della serie A62-A67), Foto © da http://www.ferroviaeritrea.it
Discuteremo dapprima di quelle eritree, chiare discendenti delle ALb 48, e poi di quelle etiopi e libiche, le quali essendo derivate dalla serie successiva delle ALn (le 56.1900) non hanno il tipico frontale dei prototipi che, trasportando il duce a Littoria, si guadagnarono l’appellativo di “littorine”.
Le littorine eritree sono undici automotrici progettate dalla FIAT sulla falsariga dei suoi prototipi del 1932, e del suo modello 004 (le ALb 38, 64 e 80 del 1933). Erano i modelli 011 (A60), 025 (A62-A70). Vi furono anche altre “littorine africane: il modello 038 (ZZ AB) per l’Etiopia ed il modello 040 per Tripolitana e Cirenaica.
Littorine eritree
Mod. 011: A60, A61
Imbarcate al porto di Napoli, le prime due littorine giunsero a Massaua nel 1935.
Nonostante fossero le littorine FIAT più corte che sarebbero mai state costruite (12.350 mm), avevano ben tre porte per fiancata, con una porta centrale che dava accesso al compartimento di prima classe da 8 posti, mentre alle estremità si trovavano i due compartimenti di seconda e terza classe.
Anche le ruote avevano diametro minore di quelle delle littorine FS: 720 mm invece che 930 mm. Erano a scartamento ridotto di 950 mm. La larghezza era di 2.400 mm, uguale a quella delle ALn 48 ma di 2 cm inferiore a quella delle altre littorine FS. L’altezza sul piano del ferro era di 2.133 mm.
Il rodiggio era 1A-A1, con due motori a benzina FIAT C255, uguali a quelli delle ben più grandi e pesanti ALn 80. Del resto sulla linea si dovevano superare pendenze del 35 per mille, analoghe a quelle del Gottardo, e quindi il rapporto peso-potenza doveva essere adeguato.
La velocità massima era di 79 Km/h.
Mod. 025: A62-A70
Il successivo tipo di littorine (mod. 025) fu presentato ad aprile 1936 nell’area espositiva Fiat sull’Africa Orientale in piazza Italia a Milano.

Una littorina mod. 025 esposto a Milano prima della partenza per l’Africa. Foto Bettina Weymar, © Lombardia Beni Culturali
Il set (9 littorine: A62-A70) fu sbarcato a Massaua il 5 maggio 1936.

Altra immagine dello sbarco delle prime littorine a Massaua. Sulla fiancata si vede distintamente la sigla A62
Lo sbarco è splendidamente documentato da un filmato LUCE che riprende le operazioni, con il carico delle littorine sopra pianali a carrelli manovrati da una locomotiva a vapore.
Le automotrici, a differenza della coppia precedente, erano a nafta. Erano leggermente più lunghe delle due precedenti (12.760 invece di 12.350), alle quali somigliavano, pur non avendo la porta centrale. Avevano anch’esse rodiggio 1A-A1. I motori erano dei FIAT 356 da 115 CV, ben più potenti dei 355C da 80 CV montati sulle coeve ALn 56. La velocità massima era di 68 km/h, e permetteva di dimezzare i tempi di viaggio rispetto alla trazione a vapore.
Come anche per le due 011, a protezione dalle alte temperature esterne, gli interni erano coibentati in legno ed agglomerati, e l’imperiale era dotato di intercapedine con la lamiera protettiva esterna. La seguente immagine mostra una 025A in parte sventrata, e con la lamiera protettiva rimossa, il che permette di vedere bene la struttura di sostegno della stessa.

Una 025 con la lamiera protettiva sull’imperiale rimossa. Quelli che possono sembrare pantografi sono in realtà una gru sullo sfondo del porto.
Sempre a protezione dall’irraggiamento, il colore della livrea era bianco panna, con il solo sottocassa grigio chiaro. Le note di rosso visibili nelle immagini a colori furono aggiunte nel dopoguerra.
Erano costruite secondo tre varianti di progetto: le 025A (unità dalla 62 alla 67) erano atte al servizio viaggiatori con 32 posti a sedere, ed avevano una ritirata in posizione centrale.
La n.68 (progetto 025C) era allestita come furgone (eventualmente arredabile con delle panche di legno), ma presentava comunque una ritirata centrale. Le 69 e 70(progetto 025D) non avevano arredamento interno, né presentavano una ritirata. Erano assegnate al Genio Ferrovieri. Esternamente le 025A e 025C erano identiche, mentre le 025D si distinguevano per l’assenza del finestrino centrale (quello in corrispondenza della ritirata).
La seguente immagine mostra le due 025D durante la costruzione nei capannoni della FIAT. A fianco si vedono delle ALn 40, dietro delle ALn 56. Si può osservare come la protezione dall’irraggiamento solare posta sul tetto renda più curvo l’aspetto dell’imperiale, che invece è pressoché piatto nelle littorine circostanti.
Durante la seconda guerra mondiale furono utilizzate anche per il trasporto di feriti.
Dopo la vittoria a Keren il 27 marzo 1941 e la conquista di Massaua l’8 aprile, le truppe inglesi conquistarono l’Eritrea. La ferrovia non subì grossi danni durante la guerra, ma vi furono difficoltà di natura logistica, con frequenti deragliamenti. Nel dopoguerra la ferrovia continuarono a servire il trasporto locale. ma fu afflitta da banditismo e guerriglia. Vari gruppi politici prendevano di mira la ferrovia, per richiamare l’attenzione sulle loro posizioni, o per ricavarne soldi dagli attentati ai convogli che trasportavano i salari degli impiegati. Il problema si aggravò dopo il 1952, quando l’Eritrea passò all’Etiopia.
L’Eritrean Liberation Front iniziò una lotta armata di guerriglia, spesso rivolta contro la ferrovia, con sabotaggi vari della linea, fino allo spettacolare attentato ad Ashedira nell’ottobre 1970, quando due locomotive furono fatte saltare da un viadotto, con grande eco sulla stampa internazionale. L’effetto fu l’arrivo della legge marziale e la sospensione del servizio ferroviario, fino alla completa chiusura ed abbandono della linea nel 1976. Dopo la cacciata dell’esercito etiope nel 1991 e la riconquista dell’indipendenza eritrea nel 1993, si iniziò a ipotizzare la ricostruzione della linea. Il progetto iniziò nel 1995 da Massaua, con lavori che proseguirono fino al 2003, quando fu completato il tratto fino ad Asmara, per un totale di 117 km.
Dopo il periodo di abbandono alcuni rotabili sono stati recuperati e rimessi in ordine di marcia a cura delle maestranze locali eritree: tra questi anche alcune littorine.

Due littorine Eritree ritrovate nel 1993 – Foto © Tom Sheriff da http://www.internationalsteam.co.uk/africa.htm#Eritrea

Vista ravvicinata di una delle due: A67 nel 1993, Foto © Tom Sheriff da http://www.internationalsteam.co.uk/africa.htm#Eritrea
La storia delle ferrovia eritrea è ripercorsa nel libro “Red Sea Railway” di Jennie Street e Amanuel Ghebreselassie
Un paio di video su youtube permettono di vedere le littorine all’opera (in entrambi i casi una A027D).
Almeno per qualche periodo è stato possibile effettuare viaggi turistici nel nuovo millennio a bordo delle vecchie littorine. Vi è quindi una certa ricchezza di immagini a colori delle stesse. Ne abbiamo selezionate alcune, ma una rapida ricerca su google permette di trovarne varie altre.

Scenario inequivocabilmente africano… Foto da http://www.tanago.de/
Littorinella
Tra il materiale rotabile motorizzato delle Ferrovie Eritree risalente al periodo coloniale vi è anche una piccola automotrice utilizzata probabilmente sia per servizi di ispezione sulla linea sia per spostamenti del personale dirigente. Non vi sono molte informazioni su questo veicolo a due assi che, dopo una serie di interventi di restauro e di piccole riparazioni, è di nuovo in servizio. La sua forma rassomiglia tanto alle Littorine che ad Asmara venne “battezzata” con il nome di “Littorinella”, nome con cui è tuttora chiamata. La prima immagine la mostra a confronto con la già piccola littorina.
La seconda, tratta da una bella rassegna di rotabili eritrei a cura di N, Meleca, la mostra di tre quarti.
Esiste anche un filmato su youtube che mostra il transito di questo affascinante “microbo su rotaie” in un suggestivo scenario.
In realtà il mezzo non dovrebbe avere nulla a che fare con le littorine FIAT. Giorgio Gatti sostiene nel suo libro Le ferrovie coloniali italiane che una locomotiva diesel era stata trasferita a Massàua, nel 1942, ad opera dell’esercito inglese, proveniente dall’appena demolita ferrovia Mogadiscio-Villaggio Duca degli Abruzzi. E’ probabile che si tratti proprio della Littorinella, come vedremo sotto.
Littorine Somale
Nel 1918 iniziarono i lavori per una ferrovia con scartamento di 950 mm che nel 1924 raggiunse Afgoi, a 29 Km di distanza. Nel 1927 vennero poi aperti gli 84 km di ferrovia dal porto allo scalo di Villaggio Duca degli Abruzzi, costruita per le necessità del grosso insediamento agricolo per la coltivazione di banane, cotone e canna da zucchero. La gestione venne affidata alle Ferrovie Somale, dipendenti direttamente dal Ministero delle colonie italiano.
Anche per le ferrovie somale si pensò alle littorine, e FIAT ne costruì due secondo il suo progetto mod. 052. Somigliava alle littorine costruite per la Sardegna (ne parleremo in un’altra nota), ed aveva una cassa di 13.860 mm, circa un metro più lunga di quella delle A62-70 delle ferrovie eritree. Vi era un solo motore diesel 355 C da 80 CV (59 kW), e quindi il rodiggio era (1A)2′. La velocità massima era di 85 km/h. Offriva 7 posti in prima e 39 in seconda classe. I due ambienti erano separati da una paretina.
A metà del 1940 le due automotrici raggiunsero Genova per l’imbarco, ma le condizioni del conflitto impedirono il viaggio. Così le due mod. 052 non raggiunsero mai l’Africa e tornarono in FIAT. Non vi sono notizie certe dell’uso che ne venne fatto (probabilmente convertite in rimorchi ?). A nostra conoscenza non ve ne sono immagini.
Vi sono però tracce di altre automotrici diesel: in “Rassegna Economica delle Colonie”, 19-09-1931 p.9 si parla di Esperimenti di trazione ferroviaria con motori a scoppio a trazione diretta sulle strade ferrate della Somalia Italiana, e si cita una piccola automotrice con rimorchio.
Dovrebbe trattarsi di automotrici costruite nel 1930 dalle Officine Sociali di Mogadiscio. La prima fu una automotrice a due assi su base FIAT 18 BL con 30 posti a sedere (simile quindi alle Narizzano di cui abbiamo detto in un’altra nota). Vennero poi realizzate quattro automotrici più piccole, tra loro simili ma non identiche. Una aveva motorizzazione Citroen e 14 posti di prima classe, due erano dotate di motore SPA ed una di motore FIAT 505: qust’ultima era in grado di raggiungere i 90 Km/h. Di due abbiamo reperito immagini: nessuna delle due è identica alla littorinella, ma sono abbastanza simili da rendere plausibile l’ipotesi di modifiche apportate successivamente, oppure la Littorinella eritrea potrebbe essere una delle altre due automotrici menzionate.

La piccola automotrice con rimorchio in Eritrea, da http://digilander.libero.it/maurobottegal/
Littorine Etiopi
La linea più importante, la Gibuti-Addis Abeba lunga 784 km, è precedente all’occupazione italiana del 1936. Era infatti stata costruita dai francesi tra il 1897 e il 1917 su decisione di Menelik II (imperatore dell’Etiopia) ed era gestita dalla Compagnie du Chemin de Fer Franco-Ethiopien (CFE). Secondo l’accordo tripartito franco-italo-britannico, la ferrovia avrebbe dovuto essere prolungata fino al Nilo bianco ad opera degli inglesi ed interconnessa con quella eritrea dagli italiani (anche se quella eritrea era a scartamento di 950 mm, mentre quelle etiope era metrica).
A seguito dell’occupazione dell’Abissinia, la Gibuti-Addis Abeba cadde sotto il controllo italiano. Se ne tentò la velocizzazione nel 1938 affiancando a lenti treni a vapore le nuovissime littorine, già di generazione successiva alla prima che era stata usata in Eritrea. Le 4 unità prodotte appositamente (modello 038) allo scopo erano infatti derivate dalle ALn 56 di serie 1900, che avevano abbandonato il frontale quasi semicilindrico delle littorine di prima generazione introducendone uno di forma inclinata.
Vennero immatricolate ZZ-AB (AB =di 1a e 2a classe) con i numeri progressivi da 1 a 4. Le fotografie sono rarissime, ma abbiamo scovato il sito francese di Jean-Pierre Crozet che ne è assai ricco (www.train-franco-ethiopien.com), e che ci permette i documentare vari dettagli di queste automotrici. Grazie a Jean-Pierre per la concessione delle foto!
Furono sbarcate nel porto di Gibuti nel 1936.

1936: L’arrivo delle littorine al porto di Gibuti. Si può notare il carrello già scaricato e posizionato, pronto per appoggiarci sopra la cassa. Foto © Collezione Jean-Pierre Crozet
Erano allestite in modo da offrire un livello di comfort elevato con 27 posti a sedere complessivi suddivisi in due ambienti separati per le due classi, divisi da una paretina e con due ritirate distinte alle estremità.
Montavano una coppia di motori diesel, tipo 356 C a iniezione indiretta (con precamera), a sei cilindri in linea capaci di erogare 115cV (85 kW) ciascuno. La velocità si adeguava alla tortuosità e alle pendenze del percorso, e poteva esser al masssimo di 68 Km/h. La lunghezza delle automotrici era di 16.300 mm (un po’ più lunghe delle ALb 48), con carrelli dal passo di 2800 mm. e ruote da 730 mm. Come le littorine eritree, gli interni erano coibentati e sull’imperiale si trovava l’intercapedine a protezione dai raggi solari. Le littorine etiopi erano caratterizzate da un vistoso cacciapietre, che allo stato d’origine non c’era e che venne aggiunto dalle maestranze locali nel 1938.

1938: la littorina subito prima dell’applicazione del cacciapietre. Foto © Collezione Jean-Pierre Crozet

1938: la littorina subito dopo l’applicazione del cacciapietre. Foto © Collezione Jean-Pierre Crozet
La gestione italiana della ferrovia ebbe vita breve, poiché già nel 1941 in seguito alla sconfitta subita a Gondar, gli italiani dovettero riconsegnare la colonia alla truppe inglesi. La linea, e con essa le littorine, passò dapprima alla gestione al Genio Militare inglese e con il rientro al potere del Negus tornò alla CFE.
ll cacciapietre provocava una deviazione dei flussi d’aria, sfavorendo il raffreddamento del motore. Per questo nel 1955 venne modificato, con l’apertura di una grata.
Le littorine restarono in servizio fino al 1965. La linea restò attiva fino al 1978, e da allora è in disuso. Le automotrici furono accantonate, e nel 2011 era ancora possibile vedere i resti della ZZ-AB 03. Nella foto si possono tra l’altro notare dettagli costruttivi dell’intercapedine posta sull’imperiale.
Successivamente la ZZ-AB 03 è stata recuperata con un restauro estetico (ma con rimozione dell’intercapedine e del cacciapietre) ed era utilizzata come bar (statico) nel 2015.
Varie altre interessanti immagini sono presenti sul sito di Jean-Pierre Crozet, che invitiamo a visitare.
Littorine Libiche
Anche qui le ferrovie trovarono la loro ragion d’essere negli scopi militari. Le prime costruzioni risalgono al 1912 in Tripolitania, con la realizzazione di una cinquantina di km di ferrovia in due rami. Lo scartamento fu di 950 mm, come quello eritreo. Fin dal 1913 l’esercizio fu affidato alle FS. La costruzione si interuppe durante la Grande Guerra, e riprese nel 1919, quando la rete tripolitana fu portata a circa 200 Km complessivi. Da Tripoli si raggiungeve Zuara ad Ovest (118 Km), Tagiura a Est (21 km) e Vertice 31 a Sud (89 km, di cui 12 in comune con la linea per Zuara)
In Cirenaica la costruzione della ferrovia iniziò nel 1914, che attorno al 1927 aveva raggiunto un’estensione di circa 160 Km, diramandosi da Bengasi a Est fino a Barce (108 Km) e verso Sud fino a Soluch (56 Km)
Progetti di interconnessione tra le due linee, di collegamento con una ferrovia francese in Tunisia, e persino una ipotesi di transsahariana furono considerate, ed in parte anche iniziate nel 1941 ma non giunsero a realizzazioni concrete, anche perché con le sconfitte del 1942 e la resa del 1943 l’avventura italiana in Libia ebbe fine.
Anche qui, come in Etiopia, furono portate delle littorine nel 1938. Si trattava del modello 040 della FIAT, anche queste derivate dalla 56 serie 1900 e quindi simili di aspetto a quelle etiopi, ma nettamente più lunghe: 22.000 mm, di poco più corte delle ALb 80. Offrivano 12 posti in prima, 23 in seconda e 20 in terza classe, per un totale di 55 passeggeri seduti. Presentavano un comparto postale a una estremità e un bagagliaio e una ritirata all’altra. I motori diesel erano gli stessi diesel FIAT 356 C delle sorelle etiopi, anche la massa dei rotabili era maggione: per contro le linee qui erano in piano, per cui la potenza era sufficiente e permetteva di raggiungere i 90 Km/h. Ovviamente la protezione dal calore e dall’irraggiamento seguiva gli stessi schemi usati per le altre “littorine africane”.

La prima littorina libica, Foto da wikipedia, original da libya-al-mostakbal.com Hesham Tagouri Archive
Delle 8 unità costruite, cinque entrarono in servizio nella sezione tripolitana (Tripoli), e tre in quella cirenaica (Bengasi). Anche qui furono un grande passo avanti rispetto ai treni a trazione a vapore in uso all’epoca. Avendo le ferrovie libiche avuto vita ancor più travagliata di quelle etiopi, è ancor più difficile reperire immagini di queste littorine africane: ce n’è comunque quanto basta per farsene un’idea.

Littorina FIAT a Zavia (ferrovia Tripolitana), dettaglio di un foto tratta da http://trains-worldexpresses.com/
Nel dopoguerra le ferrovia e le littorine restarono in uso per qualche tempo servendo il traffico locale, fino alla definitiva chiusura del 1965.
Le altre note sulle littorine FIAT anteguerra:
- La nascita delle Littorine: le FIAT di prima generazione. Parte prima: 1932-1938
- Littorine FIAT di prima generazione, parte 2: l’evoluzione, e le littorine merci
- Littorine FIAT di prima generazione. Parte 3: le Littorine in Africa Italiana
- Littorine FIAT di prima generazione, parte 4. Lo scartamento largo: URSS, Spagna e Brasile
- Littorine FIAT di prima generazione, parte 5: scartamento ridotto in Sardegna (FMS, FCS).
- Littorine FIAT di prima generazione, parte 6: il comando multiplo (Aln 556.1xxx)
La littorinella venne costruita per una ferrovia in una colonia inglese in africa (purtroppo non ricordo quale)
Aveva una gemella e risalgono a prima delle prime littorine italiane(se la mente non mi inganna le due automotrici furono costruite prima del 1920! Ma anche qui purtroppo non ricordo l’anno preciso)
Apparte quelle libiche, le altre ferrovie da chi erano gestite? Dalle fs o erano come le concesse?
Per quel che riguarda il Corno d’Africa: in Etiopia, nel periodo italiano, la proprietà restò alla società anglo-francese che le aveva costruite. Invece in Eritrea e Somalia la gestione venne affidata alle Ferrovie Eritree e alle Ferrovie Somale, entrambe dipendenti direttamente dal Ministero delle colonie italiano.