Pubblicato il 1 dicembre 2018
A partire dal 1931, le FS costruirono dei particolari grandi carri merci: gli FDIz 149 (000-249), detti anche Tipo 1931T perché ottenuti da trasformazioni di carri esistenti. Erano particolari per varie ragioni: avevano una velocità massima ammessa elevatissima per un merci (120 Km/h secondo i dati riportati da Fondazione FS), ed erano in realtà degli ibridi tra i carri merci (infatti sono di tipo F, carro merci coperto) e dei bagagliai (D). Le altre due lettere della sigla ci dicono che erano dotati di mantici di intercomunicazione (I) e che erano a carrelli (z).

Carro FDIz restaurato e fotografato a La Spezia Migliarina. L’esemplare ha carrelli di tipo AM e AB in luogo degli AA ed è dotato di REC (foto Sturla – 20 agosto 2016, da http://www.binariedintorni.it/)
Vengono infatti definiti “Carri coperti dotati di intercomunicante con mantici, con compartimento per il personale per il trasporto merci e collettame”.
Erano dei carri giganti, lunghi oltre 18 metri (a seconda della serie anche fin quasi a 20) e con una massa di 30 tonnellate (mentre un carro F “normale”era lungo circa 10 metri). Erano di costruzione interamente metallica (ossatura metallica con rivestimento e imperiale in lamiera) mentre all’epoca molti veicoli avevano la cassa in legno e solo il telaio in acciaio.
Un po’ per la loro dimensione, e un po’ per l-immagine di forza che loro struttura comunicava furono soprannominati “Carnera”, prendendo il nome da Primo Carnera, un gigante (per l’epoca) con i suoi 197 cm di altezza, che fu il primo italiano a vincere una corona di pugilato: nel 1933 divenne campione del mondo dei pesi massimi (in seguito fu anche lottatore, e infine attore).
I carri FDIz furono costruiti in tre serie, per un totale di 150 veicoli con marcatura 149000-149249 – centinaia pari: ricordiamo poi che in epoca di marcatura pre-UIC, tutti i carri con centinaia pari erano dotati di dispositivo d frenatura (tipicamente freno a vite e di garitta del frenatore), mentre quelli con le centinaia dispari ne erano sprovvisti o erano dotati solo di freno a mano di stazionamento.
Tra la fine degli anni Sessanta e il decennio successivo, adottarono la marcature UIC Hack-y (H=Carri coperti di tipo speciale, a=a carrelli, c=provvisto di porte di testa , k=limite di carico inferiore a t. 40, y=dotato di intercomunicante – per carri H) ed un certo numero di vagoni furono dotati anche della condotta REC.
- Prima serie, costruita utilizzando telai di carrozze ex R.M. Superficie 45 m2 e volume 95 m3 capacità di carico 21 tonnellate. In origine 3 pezzi, 2 al 1971, lunghezza 19.175 mm. Marcatura d’origine FDiz 149.000-149.002 , marcatura UIC Hack-y 228 0 000 e 228 0 001 (due soli esemplari rimasti).
- Seconda serie: costruita utilizzando telai di carrozze preda di guerra. Superficie da 43 a 46 m2 e volume da 91 a 96 m3 capacità di carico 21 tonnellate, lunghezza tra 18.550 e 19.790 mm. 60 pezzi, 43 al 1974. Marcatura d’origine nel range FDiz 149.003-099 , marcatura UIC nel range Hack-y 228 0 100-199. Era prevista una rinumerazione a seconda della lunghezza dei carri, non sappiamo se sia avvenuta.
- Terza serie: costruita utilizzando telai di carrozze ex R.M e ex R.A. Superficie da 40 a 45 m2 e volume da 82,5 a 93 m3 capacità di carico 25 tonnellate (o 34, a seconda delle sale montate), lunghezza tra 18.730 e 19.175 mm. 86 pezzi, 63 al 1971. Marcatura d’origine nel range FDiz 149.200-299 , marcatura UIC nel range Hack-y 228 0 200-299. Era prevista una rinumerazione a seconda della lunghezza dei carri, non sappiamo se sia avvenuta.
Erano dotati di freno automatico, riscaldamento a vapore ed illuminazione elettrica.
I carrelli utilizzati erano di Tipo E, Tipo Estero, Tipo B e Tipo Brill. In molti casi furono privati della sospensione primaria, inserendo in sostituzione una trave in legno simile a quello usato per le traversine dei binari con l’intento di ottenere una maggiore stabilità del veicolo.
Fu poi previsto il cambio dei carrelli per tutte le unità, probabilmente con i Tipo A, AA, o ABM: tuttavia non venne attuato, almeno in modo generale, e la maggior parte dei Carnera mantenne i carrelli originari fino a fine servizio.
L’ambiente interno è suddiviso in un vano a disposizione del capotreno, attrezzato con una scrivania con il casellario per i documenti e una piccola stufa, e un vano per le merci a collettame dotato di quattro portelloni laterali di carico. In una angolo del vano merci si trova una piccola ritirata per il personale, adiacente all’ufficio.
Nonostante che i Carnera fossero ufficialmente “carri”, venivano usati anche in composizione di carrozze viaggiatori come bagagliai.

Un accelerato in Garfagnana nel 1976, con una D.342, un Carnera, una Corbellini e una Centoporte, Foto Bernhard Studer
Sono famosi anche per l’uso che se ne fece nei “Celeroni”, convogli (prevalentemente notturni), composti di soli postali, bagagliai e carri merce adattati all’uso.
Nel 1971 circa un terzo del loro numero non risultava più in servizio, con esemplari che in qualche caso erano stati adibiti a deposito materiali e officina negli impianti dove stazionavano. I “Carnera” rimanenti circolarono regolarmente fino al 1976, venendo definitivamente alienati dal servizio nei dieci anni successivi: nel 1986 non ne restavano più di attivi.
I carri ebbero livrea rosso vagone (e forse verde nei primi anni di esercizio?), con alcune eccezioni.
Due unità furono adattate al trasporto di automezzi: lo SHEz96 per il treno reale ed il carro SHEz 97, poi Hez 346.850. Sono caratterizzate dalla rimozione dell’intercomunicante su un lato, per far posto a due grandi portelli che permettessero il caricamento a bordo dei veicoli. Gli SHEz ebbero il cambio carrelli con gli ABM. Avevano anche respingenti rettangolari invece che tondi. Il carro per il treno reale fu verniciato in blu
Alcune unità (sicuramente una, con residenza compartimentale Roma e marcatura 30 83 971 0 020-0 Vaz, ma forse fino a tre) furono adibite a veicolo di servizio per impianti elettrici con residenza ed ebbero livrea grigio cenere. In assenza di foto, ne mostriamo il modello H0 ACME.
Secondo un articolo di Gianluigi Zanferli sul bollettino FIMF del gennaio 2002, negli anni ’70 i carri con marcatura Hack-y sarebbero stati grigi.
Un carro è sopravvissuto, è stato restaurato ed è entrato nel parco di Fondazione FS, che occasionalmente lo impiega in treni storici: è il FDIz 149 091
In scala N
N-kit ha realizzato modelli in resina con fotoincisioni e qualche piccolo dettaglio in fusione.
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