Pubblicato il 29 giugno 2019
Le forniture di automotrici FS erano sempre state affidate a FIAT e Breda, ma nel 1936 le ferrovie nazionali decisero di rivolgersi ad Ansaldo per due commesse di tre esemplari ciascuna. Ansaldo aveva esperienza sia nel settore ferroviario che in quello dei grandi motori termici, ma fino ad allora non aveva mai messo assieme i due aspetti.
Ebbe così origine la serie “4” delle ALn 56: ricordiamo che il prefisso del numero di serie identifica il costruttore, così la serie “1” era FIAT e la “2” Breda.
Il 18 febbraio 1936 vennero dunque ordinate 3 automotrici con motorizzazione Diesel (ALn 56.4001-4003), da consegnarsi entro un anno (scheda tecnica su leferrovie.it). Le automotrici presentavano un aspetto innovativo: il motore, un V8 di dimensioni ridotte, era nel sottocassa e non nel gran cofano interno all’abitacolo delle ALn56 delle altre serie. Erano le più potenti tra le ALn 56: 100 Kw per ciascuno dei due motori, contro i 95 delle Breda e gli 80 delle FIAT.
Il disegno, dettato dalla aerodinamica, presentava una cassa molto arrotondata e priva di spigoli, e il sottocassa sagomato.
Sia l’ossatura della cassa che la copertura erano realizzate in lamiera d’acciaio elettrosaldata.
I rivestimenti interni erano in utilizzato legno e lamiera di alluminio, mentre il pavimento era isolato con fogli di sughero e ricoperto con linoleum.
Il compartimento viaggiatori era diviso in 2 ambienti di 2a e 3a classe, con 16 e 40 posti a sedere, più un vano bagagliaio con abbinato servizio postale. le poltrone erano in velluto. Il riscaldamento invernale era ottenuto tramite circolazione dell’acqua di raffreddamento dei motori nei radiatori disposti sotto i sedili.
Poco dopo (27 agosto 1936) venne ordinata una versione sperimentale con alimentazione a gas: le ALg 56.401-403 (scheda tecnica su leferrovie.it).
Si trattava del cosiddetto gas povero, cioè il micidiale monossido di carbonio ottenuto per combustione incompleta di carbone di legna. L’ordinazione delle ALg derivava probabilmente delle necessità autarchiche per rispondere alle sanzioni imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni per l’invasione all’Etiopia. Si basavano sui gasogeni ad uso trazione costruiti dalle Officine Elettroferroviarie Tallero di Milano. Si trattava di forni speciali in grado di trattare circa 300 kg ciascuno di carbone di legna introdotto dall’alto mediante una bocca di carico accessibile mediante una scaletta esterna posta sulla fiancata di ogni rotabile. Un vano sottostante fungeva da serbatoio per altri 600 kg di legna di scorta. Ovviamente il monossido di carbonio, inodore e incolore, è estremamente pericoloso a causa delle mortali intossicazioni che può provocare: per questa ragione i gasogeni erano posti in un vano paracentrale che nelle ALn fungeva da bagagliaio, e che nelle ALg era completamente isolato dai vani passeggeri ed accessibile soltanto dall’esterno. Il gas prodotto raggiungeva i depuratori per l’abbattimento delle ceneri presenti nel gas prodotto attraverso una condotta refrigerata posta sopra l’imperiale. Vi era un depuratore a ciascuna estremità dell’automotrice vicino al posto di guida del macchinista, in un vano dove era installato un elettroventilatore d’aspirazione. Vi erano inoltre una vasca di acqua a livello costante, un miscelatore, e un espulsore verso il basso delle scorie residue della combustione. Il gas, lavato e filtrato, raggiungeva poi i motori. Questi ultimi, per compensare la povertà energetica del carburante, avevano cilindrata aumentata a 21.551 cm³ (contro i 16.370 cm³ del diesel) grazie a cilindri di diametro maggiore.
Esternamente la macchina era asimmetrica: il lato dei gasogeni esibiva le prese d’aria di questi apparecchi, in posizione quasi centrale, con le bocche di carico nella parte superiore, ed all’estremità sinistra la porta d’accesso al depuratore protetta da una persiana d’aerazione. Il lato opposto (lato ritirata), presentava solo la porta d’accesso all’altro depuratore all’estremità sinistra.
L’ordinazione consisteva di due “terne” perché le commessa era intesa ad effettuare prove, verifiche e valutazioni prima di eventuali altri acquisiti. In ciascuna terna, le macchine erano destinate ad alternarsi nei ruoli di esercizio e manutenzione corrente, con il terzo esemplare in riserva o destinato ad usi straordinari.
I venti di guerra alzarono la priorità delle forniture militari, abbassando quelle di uso civile, e così le consegne iniziarono, in gran ritardo, nel settembre 1939 alla vigilia della guerra, per concludersi poi nel 1941 con l’ultima consegna (ALg 56.403).
Le tre ALn 56.400x furono testate sulla Genova-La Spezia e forse sulla Genova-Milano. Stessa zona per i test delle ALg, che nei tratti in piano della Genova-Milano raggiunsero i 115 Km/h.

Aln 56.4001 nell’estate 1939 in corsa di prova sosta nella stazione di Sestri Levante. Foto © Ansaldo, tratta da marllinfan.com
Vennero poi assegnate al Deposito Locomotive di Firenze, dove espletarono servizio commerciale per meno di un anno: infatti la contingenza bellica, con la penuria di carburante spinse le FS a sospendere dall’autunno 1940 i servizi basati su automotrici.
Anche le ALg, entrate in servizio tra il febbraio e il maggio 1940, furono inizialmente assegnate al deposito locomotive di Firenze. La prima corsa ufficiale avvenne il 19 ottobre del 1940 tra Firenze e Grosseto.Vennero raggiunti i 120 km/h: nel tripudio della stampa del regime vennero salutate come “una conquista nel campo autarchico” e soprannominate le “Littorine delle tre province“ (Firenze-Siena-Grosseto). Nel giugno 1942 vennero trasferite a Mantova, dove già si trovavano altre automotrici “alternative” (trasformate a gas metano). Sul finir della guerra subirono danneggiamenti tali che una, la 403 dovette essere avviata alla demolizione, che fu effettuata nel 1946 dalle officine FS di Vicenza.

Frontale della Littorina Ansaldo, foto tratta dal forum www.ferrovie.it
A quel punto la priorità delle FS era la ricostruzione del proprio parco piuttosto che la sperimentazioni con i prototipi: fu pertanto deciso di radiare sia le ALg che le ALn 400x, in attesa di cessione o demolizione.
Le cinque macchine, o meglio i cinque rottami superstiti, furono acquistati dalla Ferrovia Mantova-Peschiera FMP. Nel 1948 acquisirono le due ALg superstiti e la ALn 4003.
Nel 1949 seguì la 4002. Tagliando e cucendo, ed innestando motori Diesel General Motors 6/71 a due tempi da 122 kW provenienti da carri armati in disarmo, la FMP riuscì a rimettere in sesto due rotabili denominati ALn 68.401 e ALn 64.402: la numerazione disomogenea evidenzia come la difformità delle trasformazioni abbiano generato rotabili con diverso numero di posti a sedere.
La 64.402 aveva le porte a battente, la 68.401 le aveva pneumatiche.
Nel 1951, dopo l’acquisto della ALn 56.4001, venne ricostruita una terza motrice che si distingueva dalle altre 2 per l’unico vestibolo centrale, anziché i due alle estremità che caratterizzavano le altre due automotrici e che fu classificata ALn 72-403. Le porte erano automatiche.

ALn 72.403, foto © da http://www.associazionefmp.it
Le tre macchine ricostruite vestirono l’elegante livrea bianco-azzurra dell’alata FMP, e divennero note come Frecce dei due Laghi. Secondo Castiglioni e Blasimme (Italia in Littorina), in prova sulla Brescia-Milano superarono i 150 Km/h.
Furono impiegate sulla Mantova-Peschiera-Brescia, ed anche in corse speciali. Fecero servizio fino alla chiusura della linea, nel 1967.

FMP ALn 68.401 a Peschiera nel 1967 – foto © Alessandro Muratori da http://www.webalice.it/almurato

ALn 64.402 in corsa lungo il Mincio. Foto Studio calzolari, da http://www.lombardiabeniculturali.it
In ausilio, vi era anche delle Littorina Fiat trasformate: la ALn 60.405 era presumibilmente una ALn 56 ex TPBM fortemente rimaneggiata (numero di finestrini cambiato, porte a battente sostituite con porte pneumatiche). La Ln 88 era una ALn 556 FIAT demotorizzata e trasformata in rimorchio.

In primo piano la ALn 60.405: una Littorina Fiat di prima serie riverniciata nei colori della Freccia dei due Laghi, accantonata a Curtatone a fine servizio. Foto © Pasquale Caccavale da trainsimsicilia

In primo piano la Ln 88.404. di fianco seminascosta la Ln 60.405. Foto © Pasquale Caccavale da trainsimsicilia
Le macchine del parco FMP rimasero in stato di abbandono all’aperto per alcuni anni a Curtatone.
Vi sono anche alcune interessanti immagini degli interni, grazie al recupero di lombardiabeniculturali.

Posto di guida di una Freccia dei Due Laghi. Foto Studio Calzolari, da http://www.lombardiabeniculturali.it

Interno di prima classe di una Freccia dei Due Laghi. Foto Studio Calzolari, da http://www.lombardiabeniculturali.it

Interno di seconda (terza?) classe di una Freccia dei Due Laghi. Foto Studio Calzolari, da http://www.lombardiabeniculturali.it
Le Ansaldo vennero infine rivendute alla Società Veneta (poi FAM, Ferrovia Adria Mestre). Questa le modificò privandole del motore e modificandole. Ebbero vestibolo centrale e porte pneumatiche, ed una fu dotata di intercomunicanti. Immatricolate come cd 351-353, vennero impiegate sulla relazione tra Mestre e Piove di Sacco, al traino di una De 424. Grazie alle immagini di Franco Pepe (Littorina.net) le possiamo vedere ancora in buono stato nel 1991, ed accantonate e danneggiate nel 1996.

FAM cd352-253 a Cavarzere nel 1996. In primo piano quella dotata di intercomunicanti, e con diversa decorazione (probabilmente la ex Aln 72?). – Foto © Franco Pepe da Littorina .net
La Ln 88 invece fu acquistata dalla Ferrovia Elettrica Trento Malè, ed adattata allo scartamento metrico. Divenne il rimorchio CP2.
Oggi è monumentata nella frazione di Roncafort, nella parte settentrionale del comune di Trento (non lontano dal casello autostradale di Trento Nord).
In scala N
Anche la carrozzeria di queste automotrici è stata realizzata in scala N in stampa 3D dal vulcanico Gianfranco Visentin ed è disponibile contattando Gianfranco tramite il suo sito sulla scala Z.
Refusino…
“L’ordinazione consisteva di due “terne” perché le commessa era intesE ad effettuare prove”.
Volendo proprio commutare in modalità “Furio/Verdone”, in più di un caso manca lo spazio dopo il punto.
P.S. Resto speranzoso in un tuo articolo dedicato alle ALe 883, 840 & C. cui mi legano motivi “affettivi”.
Buona giornata.
Grazie mio revisore preferito, ora dovrebbe essere sistemato. Le 840 prima o poi arriveranno, sulle 883 & C di articoli ne sono usciti cinque, te li devi essere persi! Qui c’e’ l’ultimo, i precedenti li trovi guardando l’indice. Ciao!
Naa… perdermi un articolo, NO.
Avere il neurone morto dove stanno memorizzati i numerilli delle automotrici ed elettromotrici, SI.
Ovviamente intendevo ALe840, 660, 540… Insomma la famigliola con la “faccia simpatica” (almeno questa è l’idea che mi hanno sempre dato, fin da bambino).
A differenza delle faccia da vipera (che non bazziacavano molto le zone che frequentavo) ed a differenza delle ALn772 (col loro musone un po’ triste) che da queste parti venivano accoppiate ad una delle ALe di cui sopra per fare i locali Torino – Saluzzo, via Airasca.
Fino ad Airasca c’era (e c’è) la linea aerea, da Airasca a Saluzzo c’era (e non c’è più) solo il binario.
P.S. non c’entra nulla ma già che ho evocato Airasca…
Fu li che vidi il primo Pendolino, nuovo fiammante in livrea argento/blu, evidentemente appena uscito dallo stabilimento di Savigliano e diretto a Torino
Mi sono sempre chiesto come mai i primi passi glieli fecero fare a rimorchio a rimorchio di qualche Badoni, invece che istradarlo via Carmagnola facendolo camminare con le proprie forze.