Pubblicato il 28 agosto 2021
Siamo stati di recente bonariamente “rimproverati” per non aver mai dedicato un articolo a Claudio Cestaro. Imperdonabile, vero, ma il problema è che è assi difficile trovare materiale in proposito. Comunque, con qualche aiutino, ce l’abbiamo fatta, ed ecco qui il (poco) che siamo in grado di raccontare.
Si tratta del primo artigiano della scala N italiana: un vero pioniere, che ha aperto la strada. Dimostrando che era possibile creare dei modelli a mano, ha ispirato chi è venuto dopo di lui, e quindi probabilmente l’intera comunità della scala N italiana gli deve molto. I produttori industriali, infatti, hanno sempre un po’ snobbato il mercato italiano, asfittico se confrontato con quello di oltralpe. Certo, Lima e Rivarossi avevano realizzato dei modelli italiani, ma poca cosa: E.424, E.444 (sia prototipo, Lima, che di serie, Rivarossi), e la D.341 (incomprensibilmente fatta da entrambi!). Poi le E.626 e Gr.835 di Tibidabo, qualche carrozza (accorciate le Lima), e qualche carro merci. Gli N-isti più audaci ritagliavano due E.424 per ottenere una articolata, ma ci volevano fegato e passione (ne aveva sicuramente Giovanni Muzio, al quale abbiamo dedicato una nota). ma se qualcuno avesse voluto comperarsi una articolata, così caratteristica delle ferrovie italiane? Beh, negli anni ’70, qualcosina si trovava: Riviermodel, Comfer. Ne abbiamo già accennato parlando dei pionieri della scala N italiana. Però si trattava di cose di non facile reperibilità, e soprattutto, senza facebook &C, non era neppure facile sapere che esistevano!. Ma ecco poi che, esattamente 40 anni fa, sul numero di Aprile 1981 de “i Treni” (ancora non erano nati TuttoTreno e Mondo Ferroviario) appare per la prima volta una pubblicità che deve aver fatto saltare sulla sedia gli ennisti.
Quanto è cambiato il mondo in questi 40 anni! Si vendeva “per posta contro assegno”, e il contatto avveniva per posta (c’è l’indirizzo) o per telefono. Come detto, per far circolare le notizie non c’erano i social: un angolino di pubblicità su una rivista del settore era il meglio che si poteva fare, oltre che partecipare alle fiere.
Ma quanto erano 183.000 lire del 1981? Secondo il Sole 24 ore, che appoggiandosi su tabelle Istat è in grado di “tradurre” il valore di un anno successivo al 1960 con il 2015, si tratterebbe di 376 Euro. Secondo Storiologia, corrispondeva più o meno di metà dello stipendio base di un operaio generico (352.000 Lire nel 1980). Insomma, non proprio alla portata di chiunque. Per confronto, nel 1983 una D.341 Rivarossi costava 44.500 Lire, e una E.444 della stessa marca ne costava 75.000. Quindi la E.636 costava circa come 4 Tartarughe più un diesel. A volte si parla di “oreficeria” per indicare modelli costosi, ma era oreficeria davvero! Basta guardare una rara foto del Maestro all’opera per rendersene conto (nell’angolo in basso a destra si può notare la cassa di una E.646, a conferma del fatto che la foto ritrae Claudio nell’opera di creazione dei suoi “trenini”).
Del resto, la pubblicità parla di “Incisoria C. Cestaro”. Nell’incisoria, al tempo si usava il pantografo (non nel senso ferroviario) per ridurre i disegni fatti in scala più grande e per incidere direttamente il metallo. Si iniziavano ad usare anche tecniche della fotoincisione e dell’incisione all’anilina. Niente computers: i primissimi software CAD per il disegno sono di proprio quegli anni, ma avevano bisogno di un PDP 11 (un computer “economico” da 30.000 dollari dell’epoca). Dunque tutto a mano: disegno, incisione/fotoincisione, assemblaggio delle parti… E poi la motorizzazione: come la faceva Claudio?
Una rapida occhiata ai suoi modelli è sufficiente, a chiunque abbia un po’ di familiarità con la storia della N italiana, per capirlo: Lima!
Per la precisione, Lima di ultima generazione, quella con gli ingranaggi al centro degli assali. Ancora più evidente l’origine osservando i carrelli non motorizzati, con le lamelle prendicorrente tipiche del produttore vicentino. Possiamo dedurne le qualità dinamiche: non malissimo, visto che le motorizzazioni Lima erano andate via via migliorando, dalle prime motrici a vite senza fine e dalla prestazioni imbarazzanti, quelle ad ingranaggi laterali, non proprio fantastiche anche se molto meglio delle prime, fino a queste ultime che se non erano “top class” erano comunque abbastanza buone. Non lo sappiamo con certezza, non ricordando esattamente quando la terza serie di motorizzazioni Lima entrò in produzione, se forse le prime E.636 viste nella pubblicità avessero motorizzazioni della seconda serie.
Uno sguardo a un ALn 663 dello stesso produttore ci conferma il tipo di meccanica.
Dunque Claudio comperava i carrelli e motori come ricambi Lima, e su di essi costruiva le proprie macchine, interamente in ottone fresato. Le verniciava poi a mano, si direbbe con acrilici o sintetici, con una esecuzione magistrale.
Come per tutti i produttori artigianali della scala N italiana, il lavoro di produzione dei modelli non era l’occupazione primaria: ad esempio Cantarella era parrucchiere, e anche oggi Colli insegna e Borzellino è macchinista ferroviere – giusto per citarne alcuni. Claudio Cestaro originario di Vigonovo (VR) era titolare di una ditta di incisoria a Bolzano in Via San Vigilio, cioè nella zona popolare di Oltrisarco nota come “Santa Gertrude”. Lavorava prevalentemente per l’industria automobilistica: realizzava gli stampi per riportare il nome del produttore sui vari pezzi del motore. La produzione di modelli ferroviari in piccola scala era passione, così come lo è oggi per i validissimi artigiani contemporanei. Avere un suo modello era una avventura: proprio poiché non era la sua occupazione primaria, tra ordine e consegna potevano passare tra uno e due anni!
Ma veniamo alla sua produzione. Non siamo certi di poter fornire un elenco completo: il lavoro di scrittura di queste note “storiche” è un po’ come la composizione di un mosaico: ne cerchiamo frammenti sparsi qua e là per la rete, e proviamo a comporli in una visione unitaria. Non abbiamo mai certezza di avere tutti i pezzi, e ogni tanto possiamo prendere qualche abbaglio. Notizie che ci permettano di correggere ed integrare sono sempre benvenute.
Abbiamo iniziato con la E.636: vediamo dunque le articolate (sicuramente le motrici più desiderate su ogni plastico a tema italico).
La E.636 è davvero bellissima: quasi non crede possa essere in scala N, e fatta sostanzialmente a mano con i mezzi dell’epoca! Quella che mostriamo sotto, di Antonio Rampini, ha pantografi di seconda generazione, forse dei classici Sommerfeldt: quelli presenti nella foto pubblicitaria sono molto più brutti, e sono probabilmente anch’essi, come la motorizzazione, dei Lima.
Una caratteristica delle macchine di Cestaro è la scarsità di scritte, a parte in genere il numero sul pancone. Del resto all’epoca realizzare delle decals certo non era (relativamente) facile come oggi. I soffietti delle sue articolate erano realizzati in modo raffinato – ovvero in gomma: Claudio aveva realizzato degli stampi per produrne in piccole quantità. L’effetto era notevole.
Delle altre articolate abbiamo reperito immagini di varie versioni: E.645 prima serie (frontale poliedrico), E.646 con frontale piatto in livrea di origine (100) e in versione navetta (129), ed il Caimano E.656.038
Poteva mancare la Bo-Bo-Bo non articolata? ovviamente no: ecco il “Tigre” E.633, in versione con pantografi monobraccio e reostati Fusani. Realizzata a ridosso della fine del secolo, costava 300.000 lire, ma non è un aumento di prezzo: era inflazione. Non sappiamo l’anno esatto di produzione, ma quella cifra nel 1990 corrispondeva a 290 Euro del 2015, e nel 1998 a 211 Euro: quote comunque inferiori al prezzo, rivalutato, della prima E.636, e paragonabile alla fascia di costo attuale (circa 250 Euro di listino per una Colli).
Non c’erano solo locomotori: vi furono elettromotrici (ALe.840+ Le.840) ed automotrici (ALn.663)
Vi fu anche un ETR.250 Arlecchino, in composizione completa.
Realizzò anche un diesel: la D.345.
La successiva D.445, per la quale erano state raccolte almeno quindici prenotazioni, non vide mai la luce.
La produzione di Claudio cessò con il nuovo millennio, quasi all’improvviso. Nel 1999 la sua Truman era in dirittura di arrivo: si fecero alcune corse di prova sul modulare ASN, ma poi non fu mai consegnata.
A Novegro 2000 era presente (aveva preparato lui la targa per il vincitore del Premio Muzio della ASN), ma la sua produzione cessò. Forse fu che chiuse la sua incisoria andando in pensione, fatto sta che uscì dal giro e smise di produrre modelli di treni, ma rimase indimenticato, e non solo da chi aveva avuto la fortuna di potersi procurare i suoi gioiellini.
Ringrazio Francesco Arone di Valentino, Antonio Rampini, Paolo Angioy e Angelo Buonocunto per avermi fatto avere, ora o in passato, delle immagini di loro modelli fatti da C.C.
Sono riuscito a trovare da poco una 646 navetta di Cestaro. Alle note dell’articolo vorrei aggiungere che il modello sembra veramente solido, il peso superiore a quello di molti modelli commerciali o artigianali. Da un punto di vista meccanico, non risente affatto degli anni e messo sui binari rende l’impressione del prototipo reale nonostante oggi siamo abituati ad una maggior ricchezza di dettagli.