Pubblicato il 25 giugno 2022
La nuova idea per i collegamenti ferroviari tra il continente e la Sicilia: convogli modulari. Di che si tratta?
E’ un treno composto di due sezioni autonome, ovvero in grado di muoversi indipendentemente (talvolte dette “antenne“), che viaggiano agganciate per un tratto per poi separarsi.
L’idea è che i due convogli viaggino assieme lungo la penisola, per poi dividersi a Villa San Giovanni, imbarcarsi entrambi su un traghetto e poi, una volta sbarcati, procedere separatamente uno lungo la costa Est e l’altro lungo quella Nord dell’isola.
Da qualche giorno non è più solo un’idea, essendosi concretizzata in alcuni InterCity. Si ipotizza poi che in un prossimo futuro questi IC possano essere sostituiti da speciali Frecciarossa.

Due semipilota a centro treno congiungono i due semiconvogli diretti verso la SIcilia, foto tratta da un filmato su youtube.
Ma è un idea nuova? E soprattutto, è una buona idea? Per cercare di capirlo ripercorriamo un po’ di storia.
La Ferrovia Siciliana nasce il 12 dicembre 1866, quando Messina fu collegata alla stazione di Taormina-Giardini. Pochi giorni dopo, il 3 gennaio del 1867, il treno raggiungeva la stazione di Catania Centrale.
Sul lato Calabrese pochi mesi prima (3 giugno 1866) era stato attivato il primo segmento della futura Ferrovia Jonica da Reggio Calabria a Lazzaro: una quindicina di km. Il 15 novembre 1875 la linea fu completata, giungendo fino a Taranto, e passando per Metaponto. L’interconnessione sistematica tra la sponda calabrese e quella sicula si ebbe dal 1896, con l’istituzione del primo traghetto giornaliero. Prima di allora i collegamenti attraverso lo stretto venivano svolti da barcaioli locali con piccoli scafi a vela.
Il nuovo traghetto non trasportava però rotabili, e le merci quindi dovevano essere manualmente trasbordate due volte, dal treno a traghetto e poi viceversa. Di lì a poco dopo entrarono in esercizio due ferry boat (in siciliano U Ferribbottu) in grado di imbarcare rotabili, semplificando e velocizzando il trasporto: era il 1 novembre 1899. Le due navi erano a vapore, come i treni, ed avevano un singolo binario a bordo in grado di ospitare locomotiva e cinque vagoni. Si chiamavano (lo indovinereste mai?) Scilla e Cariddi.
Da allora, per anni carri merce carichi sono stati trasbordati attraverso lo Stretto.

Carico arance su un carro Interfrigo a Lentini, Siracusa ,nel 1958
Foto da L’Italia_del_Treno_Non_solo_binari, pubblicazione della Fondazione FS reperita on line
Anche convogli passeggeri venivano (e vengono) trasportati, forse contro ogni logica (attualmente è l’unico caso in Europa, mentre in passato ve ne sono stati vari: noi abbiamo dedicato una nota a quello di Lindau). Già, perché imbarcare un convoglio non è banale e richiede molto tempo. I treni devono essere suddivisi in sezioni, giacché a bordo vi sono (sui ferry attuali) 4 binari paralleli, ciascuno della lunghezza di poco più di cento metri, e dunque in grado di ospitare 4 carrozze passeggeri ciascuno.

Interno di un traghetto dello Stretto- maggio 2010, Foto R_Saggiotti da bardellarotaia. Insolita la presenza di una motrice a bordo: si tratta del trasferimento di rotabili storici.
Dunque occorre dapprima staccare la motrice, poi suddividere il convoglio in sezioni, agganciare ad una sezione una locomotiva da manovra (oggi diesel, in passato a vapore), generalmente con un paio di pianali usati come carro scudo e imbarcare le varie sezioni sui binari di bordo caricandole in modo simmetrico così da evitare lo sbilanciamento del carico della nave. I rotabili vengono poi bloccati con i freni di stazionamento, assicurati ai ganci a maglia incorporati nei paraurti lato poppa e collegati al REC per alimentare i sistemi di bordo.
Chi ha una mezz’oretta di tempo e vuole documentarsi sul dettaglio di tali operazioni può guardarsi il seguente video:
Al momento dello sbarco il convoglio va ricomposto, sempre usando una motrice da manovra, e poi va aggiunta in testa la motrice di linea. Tra decomposizione, imbarco, navigazione, sbarco e ricomposizione si impiega circa un’ora e mezza. Sono i tre chilometri più lenti d’Italia! E’ circa il tempo necessario ad un aereo per percorrere Palermo-Roma.
Su tratte come Roma-Milano il treno ha riscoperto una competitività inimmaginabile vent’anni fa: al tempo di volo vanno sommati i trasferimenti da e per l’aeroporto, lo svolgimento delle formalità di imbarco, l’attesa, l’eventuale recupero bagagli. Il treno, in un tempo complessivo comparabile se non persino inferiore, offre un maggior livello di comodità ed inoltre il tempo a bordo può essere utilmente impiegato per lavoro o relax.
Ovviamente questo non vale per i viaggi da e per la Sicilia, un pò per il menzionato fardello del traghetto, e un po’ perché né le linee ferroviarie sull’isola, né quella tra Villa San Giovanni e Salerno consentono velocità di esercizio moderne.
Dunque un po’ per il declino del trasporto merci su ferro, un po’ per la durata dei viaggi passeggeri il trasbordo dei treni tra Sicilia e continente è progressivamente calato: di recente, tra i passeggeri, veniva usato solo per qualche treno notturno. Tantopiù che dal 2016 i passeggeri non possono, durante la navigazione, stare a bordo del treno per questioni di sicurezza. In molti non si fidano di lasciare incustoditi i propri bagagli abbandonando la carrozza, ed ecco che anche uno dei piccoli vantaggi dell’imbarco del convoglio è scemato.
Di recente però l’idea è stata rilanciata. Da tempo la Sicilia lamenta un servizio ferroviario inadeguato. Trenitalia ha provato a rispondere inaugurando il servizio InterCity, basato su delle E.464 ridipinte nei colori IC.
Ha poi provato a buttare un po’ di fumo negli occhi, lanciando nel 2021 il servizio Frecciabianca (stesso materiale rotabile degli IC, cambiano solo la livrea e il nome – oltre al prezzo – ma così la Sicilia ha le sue frecce, anche se usando un nome commerciale ormai dismesso sul continente!
Ha… aveva! Perché intanto quest’estate (2022) è sospeso, e i loghi sulle motrici sono in fase di rimozione.
In compenso arriveranno i Frecciarossa! Beh, forse… Il 5 luglio ’21 Giancarlo Cancellieri, politico siciliano nei ranghi cinquestelle e sottosegretario di Stato al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili nel governo Draghi ha dichiarato: “Dal 2023 si potrà salire a Milano o Roma e arrivare direttamente a Catania senza dover cambiare treno, abbiamo dato mandato per la costruzione di convogli più piccoli con massimo cinque carrozze che non avranno bisogno delle manovre di composizione e scomposizione che al momento fanno perdere tanto tempo“.
Si tratterebbe di acquistare di 12 elettrotreni tipo ETR.1000 (noti anche come ETR.400, per una discussione sulla nomenclature rimandiamo a [1]) a composizione ridotta di quattro casse, con una lunghezza di 103 metri che consentirebbe l’imbarco sui traghetti RFI dell’intero (mini)ETR (si veda ferrovie.it). Le modifiche progettuali sarebbero (relativamente) ridotte, e la principale novità sarebbe un versionamento “last mile”, con batterie a bordo che consentirebbero l’operatività in assenza di catenaria. Questo consentirebbe imbarco e sbarco autonomi, senza bisogno di supporto da parte di motrici Diesel da manovra. Dicevamo modifiche “relativamente” ridotte perché le carrozze non sono tutte uguali, né come allestimento interno né come attrezzatura tecnica (alcune sono motorizzate, altre hanno i pantografi, altre ancora le cabine di guida, solo per citare alcuni aspetti), e quindi per creare due sottoinsiemi equivalenti e autonomi non basta riarrangiare le vetture: occorre una buona dose di riprogettazione complessiva..
Il costo previsto, finanziabile sul PNRR, è di 15 milioni di euro a treno, da moltiplicare per 6 coppie, per un investimento complessivo di 180 milioni di euro. I treni viaggerebbero in composizione doppia lungo la penisola, venendo a formare un convogli della capacità di un ETR.1000 convenzionale, mentre sull’isola le “antenne” andrebbero una verso Siracusa, l’altra verso Palermo. Certo, il risparmio di tempo per il traghettamento sarebbe interessante, ma poi affinché il convoglio possa davvero viaggiare ad alta velocità occorrerebbe, provenendo da Sud, attendere di arrivare a Salerno. Davvero il gioco vale la candela? E poi, la guerra ha spazzato via l’ottimismo portato dal PNRR, quindi forse questa soluzione non la vedremo mai.
Più realistica, tanto che si è già parzialmente concretizzata, l’altra ipotesi, basata sulla stessa idea di due convogli autonomi che viaggiano congiunti sul continente, ma in versione InterCity basata su E.464 e vetture semipilota per garantire la reversibilità delle due antenne. Li si vede nel seguente filmato:
Dicevamo che si tratta, per ora, di una realizzazione parziale: infatti al momento manca la componente last mile, che però è prevista (di nuovo, sui fondi PNRR), con la modifica di 16 E.464 consistente nell’aggiunta di batterie per permettere l’esercizio in assenza di catenaria e quindi l’imbarco autonomo. C’è infatti stato qualche ritardo, ma l’arrivo delle prime unità è previsto per l’estate.
Per adesso in effetti da orario questi treni impiegano da Villa San Giovanni a Messina (e viceversa) un’ora e dieci, contro l’ora e mezza degli ICN che usano le procedure tradizionali (tempi desunti dall’orario). Poi però restano fermi a Messina per 30 minuti… Vedremo se, come atteso, una volta disponibile il last mile, si riuscirà a rosicchiare un altro po’ di tempo.
Ma esaminiamo la composizione del convoglio. Ciascun’antenna consta della motrice e di quattro carrozze IC 270/IC 901: per una delle due antenne si tratta di una vettura A di prima, due vetture B di seconda ed una semipilota Z1A con posti di seconda, mentre nell’altra una vettura B è sostituita da una BHR (seconda classe speciale con posti per disabili e angolo bar). Dato che di BHR nella composizione complessiva ve ne è una sola, le due antenne verranno alternate tra le due destinazioni siciliane. Così i disabili potranno viaggiare nei giorni pari verso Palermo, ed in quelli dispari verso Siracusa…

Le due antenne sul traghetto, foto Francesco Crea da http://www.a-f-s.it
Non è il solo limite: le motrici usate erano nate pensando al trasporto regionale, e sono limitate alla velocità di 160 km/h, mentre i rotabili trainati sono predisposti per i 200 km/h. Poco male tra la Sicilia a Salerno, ma dopo si viaggia meno veloci di quanto si faceva con le Tartarughe negli anni ’70… Infatti la variante E.466 da 180 km/h ipotizzata nel 2013 non ha mai visto la luce.
Come anticipavamo in apertura poi, l’idea non è davvero nuova. Già il famoso “Peloritano” (Rapido 882/883) tra il 1965 e il 1987 era composto di due antenne che si muovevano separatamente in Sicilia. La composizione base era di 7 rotabili: da/per Palermo ALe.601 + Le.480 + ALe.601, da/per Catania-Siracusa ALe.601 + Le.601 mentre una terza antenna composta di altre due unità proseguiva da Villa San Giovanni per Reggio Calabria.

Sbarco del Peloritano a Villa San Giovanni nel 1976 – Foto H.Rosenberg da: iTreni oggi 77, tratto da marklinfan. L’ALe.601 è ancora agganciato al carro scudo, ma l’intercomunicante è già stato predisposto aperto per interconnettersi con la seconda antenna.
Il tempo di percorrenza nel 1975 (quando tra l’altro ancora non c’erano il tunnel di base dei monti Peloritani tra Messina e Villafranca Tirrena, né la galleria Santa Lucia tra Salerno e Nocera inferiore) era di 10 ore e 26 minuti dalla capitale al capoluogo della Trinacria: il Rapido 883 partiva da Roma Termini alle 12:15 e giungeva a Palermo Centrale alle 22:41 (dall’Orario Ferroviario Pozzo del 28 settembre 1975, scannerizzato e condiviso da Luigi Cartello).
Oggi il nuovissimo IC 727 parte da Roma Termini alle 11:26 e giunge a Palermo Centrale alle 23:05: 11 ore e 39 minuti, il 10% in più rispetto a mezzo secolo fa! Si risparmiano 28 minuti (ma si paga oltre il 30% in più) partendo alle 12:00 con il Frecciarossa per Salerno, giungendo nella località campana prima dell’IC 727 sul quale salire. Considerato che il Frecciarossa impiega 2h e 5 min da Roma a Salerno, mentre l’IC 727 ci mette 2h e 55 min (facendo però anche fermate supplementari a Latina, Formia e Aversa), passando dagli IC ai (mini)Frecciarossa si potrebbe guadagnare quasi un’ora su quella tratta. Resta comunque un tempo di percorrenza maggiore di quelli d’antan.
E allora, ridateci il Peloritano con le sue fantastiche ALe.601!
Complimenti Marco. Ho letto l’articolo tutto d’un fiato… un’analisi eccellente. Grazie anche per il filmato storico del traghettamento (quanti ricordi…)
Secondo te avremo mai l’etr400 corto?
Quanto alla e464 last mile questa come si chiamerà? H464?
La domanda vera è: ma se lo avremo, sarà davvero utile per cambiare qualcosa?
Manca la menzione del progetto che si sarebbe dovuto realizzare negli anni novanta che prevedeva la realizzazione di tapirulan sia a Villa S. Giovanni (sesto binario verso traghetti veloci in sosta per coincidenza obbligatoria) che a Messina (dall’approdo traghetti veloci verso il primo/secondo binario di Messina Centrale) dove stazionavano due convogli in direzione Palermo e Siracusa con identica numerazione posti. Risparmiando quindi fino a quasi un’ora di percorrenza.