Pubblicato il 4 marzo 2017
Ci occupiamo questa volta della parte motrice della locomotiva a vapore: lo faremo in termini semplificati, ignorando molti dettagli tecnici, ma in modo sufficiente a conoscerne meccanismi fondamentali e nomenclatura e ruolo delle componenti di base.
I cilindri del motore endotermico (sia esso un Otto a benzina o un Diesel) li conosciamo tutti. Quelli delle locomotive a vapore non sono poi tanto differenti: anche qui abbiamo un pistone che si muove a causa dell’espansione di un gas. La causa dell’espansione è assai diversa: nel motore endotermico una miscela di gas combustibile esplode ed il suo aumento di volume spinge il pistone, in quello a vapore dell’acqua è fatta bollire ed il suo vapore, condotto nel cilindro, spinge un pistone. In qualche senso però il motore a vapore è più “intelligente” perché, grazie a un ingegnoso meccanismo di distribuzione, il pistone, dopo essere giunto a fondo corsa, viene spinto anche nella direzione opposta (facendo fluire il vapore una volta da un lato del pistone ed una volta da quello opposto). Nel motore a benzina monocilindrico invece occorre contare sull’inerzia per riportare il cilindro in posizione iniziale, mentre in quello a due o più cilindri un pistone in fase “passiva” (espansione, compressione, scarico) si muove grazie alla collaborazione degli altri cilindri che sono in fase attiva (scoppio).
I seguenti video mostrano bene come vadano le cose nella macchina a vapore.
Il vapore che esce dopo aver effettuato il suo lavoro viene immesso nella camera da fumo, dove si mescola con i gas prodotti dalla combustione del carbone ed esce dal camino. Un motore di questo tipo è detto a “espansione semplice“. Il meccanismo di distribuzione (quello che decide da che parte deve spingere il vapore) può essere realizzati in modi diversi: in origine ebbero successo quelli ideati da Stephenson e da Gooch. In seguito Allan li unificò, semplificandoli.
Il sistema di distribuzione di maggior successo fu però lo Heusinger, chiamato in Italia Walschaert, dal nome del suo ideatore.
Un meccanismo alternativo, basato su valvole comandate da alberi a camme, più o meno come avviene nel motore a benzina, fu ideato dall’ing. Arturo Caprotti. Possiamo vedere gli alberi a camme in funzione nel seguente video.
La distribuzione Caprotti ha il vantaggio di una maggior semplicità costruttiva e di un peso assai minore di quello dei meccanismi di distribuzione classici.
Ma torniamo al vapore scaricato dal motore a espansione semplice. Viene “buttato via”, ma non è ancora “freddo”, ed avrebbe ancora dell’energia sfruttabile: può quindi essere introdotto in un secondo pistone e spingere un secondo cilindro prima di essere espulso. Si parla allora di macchina a “doppia espansione” o “compound“. Il primo cilindro è detto “ad alta pressione“, il secondo “a bassa pressione“: affinché entrambi riescano a produrre lo stesso lavoro meccanico, il cilindro a bassa pressione ha sezione maggiore di quello ad alta pressione.
E’ chiaro che si tratta di un meccanismo più complesso, la cui taratura deve essere progettata accuratamente. Soprattutto, il blocco motore è assai più pesante (oltre il doppio) rispetto a quello ad espansione semplice, e forse proprio per questa ragione le FS, che ebbero sempre il problema di contenere la massa delle motrici per via dell’armamento poco robusto, non amarono molto la doppia espansione, anche se fu usata in molte macchine (es. Gr.470, 477, 680, 746…).
Nasce poi un altra questione: il motore compound ha un pistone ad alta ed uno a bassa pressione, il che implica una asimmetria costruttiva della macchina, che sulla destra avrà il pistone di un tipo e a sinistra quello dell’altro, con evidenti complicazioni di taratura (ed anche di avvio della motrice). A meno che…
A meno che non si mantenga la simmetria, tenendo i due cilindri da entrambi i lati! Già, ma che ne facciamo di un doppio cilindro su un lato? Come attacchiamo i pistoni al biellismo? Il trucco è: uno all’esterno, ed uno all’interno! Già, bella idea, ma all’interno la biella non si impiccia con l’asse delle ruote? come si fa? Semplice: le bielle interne non sono incernierate sulla ruota, ma agiscono direttamente sull’asse, che per questo è fatto a collo d’oca (ecco un’altra similarità col motore delle automobili, anche se nelle auto è l’albero motore ad avere il collo d’oca, e non l’asse delle ruote).
Ecco quindi che abbiamo due bielle esterne (una per lato) che raccordano i pistoni esterni con le ruote motrici, e due interne che connettono i pistoni interni con un asse motore: la macchina è a 4 cilindri.
Non è necessario che, se la macchina è a 4 cilindri, sia una compound. Vi sono motrici a 4 cilindri tutti ad espansione semplice. E a questo punto si può generalizzare, e allora abbiamo anche macchine ad espansione semplice.a 3 cilindri, come la tedesca Br 44.
E’ anche evidente che possiamo avere vaporiere solo con cilindri interni, e quindi senza i biellismi esterni che siamo abituati a vedere! Esternamente deve comunque restare la traversa di accoppiamento tra le ruote che serve a renderle tutte motrici, al fine di evitare slittamenti.
In effetti, vari casi li abbiamo anche in casa FS: ad esempio le Gr. 625, 630 e 640. Qui accenniamo ad un gruppo poco noto, il Gr.380 di fabbricazione inglese (ex class MR 700), comprendente 50 esemplari acquistati (usati) da Midway Railway nel 1906.
Erano macchine vecchie, concepite nel 1860, note anche come “Kirtley curved outside framed locomotive”. Prodotte in 316 esemplari, vissero una seconda gioventù in Italia, dove alcune restarono in esercizio fino al 1929.
Si trattava di mezzi estremamente semplici robusti, studiati per ogni tipo d’impiego e in particolare per servizio merci. Erano costruite con telaio esterno alle ruote e biella motrice d’accoppiamento esterna; l’asse anteriore traslava trasversalmente di 25 mm per consentire una migliore inscrivibilità in curva. Pesavano 39,9 t in assetto di servizio e potevano raggiungere i 65 Km/h.
Tre furono distrutte in incidenti: la 3805, 3810 e 3826.
In Italia, dove erano adibite prevalentemente al servizio merci, erano soprannominate le “Inglesine”.
Tra quelle rimaste in UK, alcune furono usate in Francia durante la prima guerra mondiale, e tornate in patria entrarono nel parco LMS. In Inghilterra, alcune restarono in servizio fino al 1951! Per questo se ne trova un certo numero di immagini.
La costruzione di un modello della class 700 è riportata su steverabone.com.
Ma chiudiamo la parentesi sul gruppo 380, e torniamo ai cilindri: gli schemi possibili sono dunque vari, come mostrato nella prossima immagine: due cilindri esterni, due cilindri interni, tre cilindri, quattro cilindri.
Nel caso delle macchine a doppia espansione, abbiamo le seguenti combinazioni: a 2 cilindri asimmetrici, a 3 cilindri asimmetrici, a 4 cilindri asimmetrici, e la più comune a 4 cilindri simmetrici.
La seguente immagine mostra una Br 18.4-5 (ex Bayerische S 6/3) nella quale si vedono benissimo i due cilindri interni subito sopra il pancone.
Si arrivò fino a sei cilindri, come ne caso della francese 160 A 1, che ne aveva due ad alta pressione interni, due a bassa pressione anch’essi interni, e due a bassa pressione esterni.
Nella specifica del rodiggio delle locomotive tedesche vi è anche l’indicazione del numero di cilindri, oltre ad altre informazioni. Per esempio, la locomotiva della foto è una 2’C1′ h4v. 2’C1′ indica che la macchina ha un carrello anteriore articolato a 2 assi seguito da 3 ruote motrici (C) e da un bissel (articolato ad 1 asse). h4v contiene l’indicazione del numero di cilindri, per l’appunto 4. h e v dicono che tipo di vapore venga usato, ma di questo parliamo di un’altra nota sparsa.
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