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Archive for the ‘I Maestri’ Category

Pubblicato il 28 agosto 2021

Siamo stati di recente bonariamente “rimproverati” per non aver mai dedicato un articolo a Claudio Cestaro. Imperdonabile, vero, ma il problema è che è assi difficile trovare materiale in proposito. Comunque, con qualche aiutino, ce l’abbiamo fatta, ed ecco qui il (poco) che siamo in grado di raccontare.

Si tratta del primo artigiano della scala N italiana: un vero pioniere, che ha aperto la strada. Dimostrando che era possibile creare dei modelli a mano, ha ispirato chi è venuto dopo di lui, e quindi probabilmente l’intera comunità della scala N italiana gli deve molto. I produttori industriali, infatti, hanno sempre un po’ snobbato il mercato italiano, asfittico se confrontato con quello di oltralpe. Certo, Lima e Rivarossi avevano realizzato dei modelli italiani, ma poca cosa: E.424, E.444 (sia prototipo, Lima, che di serie, Rivarossi), e la D.341 (incomprensibilmente fatta da entrambi!). Poi le E.626 e Gr.835 di Tibidabo, qualche carrozza (accorciate le Lima), e qualche carro merci. Gli N-isti più audaci ritagliavano due E.424 per ottenere una articolata, ma ci volevano fegato e passione (ne aveva sicuramente Giovanni Muzio, al quale abbiamo dedicato una nota). ma se qualcuno avesse voluto comperarsi una articolata, così caratteristica delle ferrovie italiane? Beh, negli anni ’70, qualcosina si trovava: Riviermodel, Comfer. Ne abbiamo già accennato parlando dei pionieri della scala N italiana. Però si trattava di cose di non facile reperibilità, e soprattutto, senza facebook &C, non era neppure facile sapere che esistevano!. Ma ecco poi che, esattamente 40 anni fa, sul numero di Aprile 1981 de “i Treni” (ancora non erano nati TuttoTreno e Mondo Ferroviario) appare per la prima volta una pubblicità che deve aver fatto saltare sulla sedia gli ennisti.

Annuncio pubblicitario sul numero di Aprile 1981 de “I Treni”

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Pubblicato il 23 gennaio 2021

Nel 2015, parlando del Model Expo di Verona, scrivemmo:  “sul modulare ASN transitavano convogli davvero pregevoli: la ROLA e il THELLO di Maurizio Chivella, che ci pare stia seriamente studiando da Maestro Modellista.

Siamo stati facili profeti: a sei anni di distanza l’apprendista si è laureato: Maurizio da Trieste è stato nominato Maestro Modellista: se non sbagliamo i conti è il quinto della diNastia, dopo Marco Carugati, Giorgio Donzello, Mario Malinverno e Carlo Mercuri, e tra questi il terzo ad avere le iniziali M e C (in vario ordine).

La sua splendida “carriera” è ampiamente documentata sul forum ASN, in modo però piuttosto dispersivo, tra una thread e l’altra. La ripercorriamo allora qui per sommi capi, cercando di ricapitolare le varie tappe senza pretesa di esaustività. I link portano alla thread in cui i modelli sono presentati, o a nostri post nei quali il suo lavoro era menzionato.

La prima cosa di cui abbiamo trovato notizia è la realizzazione del 216 in lastrina di Marco Camatarri, del 2010.

216 (Lastrina di Camatarri) realizzato da Maurizio Chivella

Già si nota l’estrema pulizia del lavoro e la finezza delle decals: caratteristiche che ritroveremo negli altri lavori di Maurizio. Ricordiamo che siamo in scala N, e questo “aggeggino” misura circa 3 cm sul lato più lungo!

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Pubblicato il 23 maggio 2020

Immaginate un bambino svizzero che a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 vada per diverse estati in vacanza in Liguria. In quegli anni ci si sposta prevalentemente in treno – la motorizzazione di massa è alle porte, ma non è ancora giunta. La famiglia parte dai pressi di Zurigo, salendo su un convoglio che in composizione ha carrozze provenienti da Scandinavia, Germania, Olanda e Francia, ma anche le vetture castano/isabella del paese verso cui il treno si dirige.

Treno internazionale a destinazione Italia sulla ferrovia del Gottardo (Wassen 1955, 11419 SBB Ae 6/6, Foto Brian Stephenson da railpictures.net)

Il viaggio sarà lungo e occuperà la giornata intera, ma il bimbo non si annoia. Il suo nasino è incollato al finestrino mentre il treno attraversa il meraviglioso scenario del Gottardo: i monte e i boschi sono belli, ma la cosa che più lo diverte è cercare di scorgere un altro convoglio giù in valle, sui binari su cui il suo treno è passato poco prima nel suo lento e sinuoso arrampicarsi. Intravvedere per un attimo un altrettanto sinuoso Coccodrillo prima che l’oscurità delle viscere della montagna spenga il panorama gli dà un sussulto.

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Pubblicato il 2 dicembre 2017

Fare un giro virtuale a casa di Luigi Voltan è ripercorrere buona parte della storia delle ferrovie. In note precedenti abbiamo visto macchine a vapore e diesel. Oggi torniamo metaforicamente a prendere un caffè da lui, e diamo un’occhiata alle macchine a trazione elettrica.

La prima macchina elettrica a corrente continua delle FS è la  E.626, e dunque da questa dobbiamo iniziare. Quando Gigi se ne è occupato c’erano solo le Tibidabo o (per chi sa saldare, ed il nostro non si ritene appartenente a questo “club”) le lastrine Malinverno. La Tibidabo è una pietra miliare nella storia della N italiana, ma ha certo tantissimi limiti sia estetici che dinamici.

Porvi rimedio è stato un lavoro impegnativo. L’operazione effettuata è descritta in dettaglio sul forum di NParty (occorre iscriversi per poter leggere questa sezione) con dovizia di dettagli e di immagini catturate nel corso dei lavori. Qui ci limitiamo a riassumere dicendo che è stato cambiato… beh, tutto!

La cassa é stata lisciata, i finestrini chiusi e riaperti in posizione e dimensione corretta. Per inciso, è interessante la tecnica usata per chiuderli: si mette del nastro adesivo esternamente alla cassa, sul finestrino da tappare; da dentro si versa un goccio di cianoacrilato e si attende la sua asciugatura, poi si rimuove il nastro: il finestrino già  tappato e stuccato alla perfezione!.  Sono state applicate nuove visiere ai finestrini frontali, rifatte porte di accesso, portelli lato AT e prese d’aria. Sono stati modificati i portelloni degli avancorpi per rifletterne la diversa organizzazione sulle terze serie. Il telaio è stato rifatto ex-novo, e vi è stata posto un carrello motorizzato con motore G Lima. I carrelli sono stati corretti, e le prese di corrente rifatte. Lo avevamo detto: è stato cambiato tutto…

E’ quindi stata verniciata a pennello con colori puravest (tre mani), e sono state applicate decals di Danifer-Borzellino-Di Fabio.

E.626 terza serie di Gigi Voltan, derivata dalla Tibidabo

Vista dei due lati della E.626 di Gigi Voltan

Oggi avere un bel modello di E.626 è assai più semplice, visto che Locomodels propone una bella seconda serie. Anche la terza serie esiste, prodotta da Safer, ma averla è un’impresa, come ben sanno molti che l’hanno ordinata da anni e ancora devono riceverla.
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Pubblicato il 7 ottobre 2017

Del plastico che riproduce Stoccarda (la stazione principale e i suoi dintorni, ed alcune stazioni secondarie) abbiamo parlato per la prima volta nel lontano 2009, alle origini di questo blog. Segnalammo l’esistenza di un incredibile, gigantesco plastico che si trovava in uno scantinato di Stoccarda, opera di una singola persona. L’avevamo scoperto per caso nel magico mondo di Internet.

Scalo di Stoccarda in scala N, con un impressionante il numero di binari e di convogli. Immagine da http://www.stellwerk-s.de/

Aveva iniziato a costruirlo nel 1978, e vi aveva lavorato per tutta la vita. Essendo un plastico privato, era difficilissimo poter visitare quest’opera che rasentava la follia.

Aggiornammo la nota nel 2015, quando casualmente venimmo a sapere che l’autore e proprietario di questo megaimpianto, Wolfgang Frey, era prematuramente scomparso nel 2012: contestualmente avevamo trovato altre immagini, ed anche dei filmati. La nota è raggiungibile qui.

Ci chiedemmo che ne sarebbe stato del plastico e del parco rotabili: lo immaginavamo smontato e venduto a lotti su ebay. Invece…
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Pubblicato il 22 aprile 2017

Qualche anno fa Mario Malinverno (noto Maestro Modellista e della cui produzione abbiamo già avuto modo di parlare in un’altra nota) decise di disfare il suo plastico “storico” di Alturago e Pinerate (ovviamente per mettere in cantiere un plastico nuovo!).

Scorcio a tema inconfondibilmente italiano, con la stazione di Pinerate in primo piano e di Alturago sullo sfondo. Il fondale dipinto dà una realistica profondità all’insieme.

Gli chiedemmo delle immagini ed una descrizione, che lui cortesemente ci inviò. Il tutto però rimase nella nostra mail. Finalmente lo pubblichiamo: studiare i plastici degli altri è sempre stimolante e interessante per generare nuove idee, copiarne i pregi ed evitare i problemi che vi possono essere (quello che Mario in chiusura definisce “il senno di poi”). La parte in italico, nella descrizione che segue, è sua, come ovviamente le foto. Ricordiamo che naturalmente stiamo parlando di un plastico in scala N (1:160).
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Pubblicato il 20 agosto 2016

Se non ci avesse lasciato 17 anni fa, oggi, 20 agosto 2016, Giovanni Muzio compirebbe 85 anni. Giovanni, celebrato dalla ASN con il premio che porta il suo nome, fu un antesignano per la scala N dell’autocostruzione di modelli funzionanti. Ne abbiamo parlato in una nota dedicata, nella quale abbiamo accennato ai vari esemplari costruiti, e che sostanzialmente coprivano l’intero parco di quella favolosa era delle ferrovie a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 nella quale moltissime vaporiere, assieme alle ultime trifase, affiancavano sui binari gli albori dell’alta velocità incarnata da Tartarughe e ALe.601.

Oggi celebriamo il genetliaco di Giovanni pubblicando una serie di immagini delle locomotive a vapore da lui create, gentilmente fotografate su nostra richiesta dal figlio Pino che desideriamo nuovamente ringraziare. Le presentiamo ricordando che sono modelli di un epoca lontana, quando era possibile farsi in casa le decals, non c’era il dremel, le basi su cui lavorare erano i primi modelli industriali in scala N, e nessuno immaginava che un giorno ci sarebbe stata la stampa 3D o il lasercut. Per esempio, la caldaia veniva realizzata con un rocchetto di filo. Dunque non possono presentare l’elevato grado di raffinatezza che nei casi migliori possiamo incontrare oggi, con alcuni modelli che “reggono” l’ingrandimento e che, fotografati, sembrano in H0.

Prima di mostrare le immagini, ricordiamo che la peggior ingiustizia che si possa fare ad un modello in N è fotografarlo in macro: esemplari che sul plastico sono bellissimi, e che si ammirano con piacere in vetrina, possono rivelare difetti piccolissimi che, ingranditi, possono farle sembrare degli sgorbi. Del resto lo raccontava già nel ‘700 Jonathan Swift nei viaggi di Gulliver. Quest’ultimo, nel suo secondo viaggio, quello a Brobdignag (terra dei giganti) era disgustato dalle pur belle “gigantesse” perché viste da vicino, con il suo occhio di essere minuscolo rispetto a loro, ne vedeva tutti i pori e da questi ultimi percepiva  mefitiche esalazioni…

Ricordiamo che tutti i modelli che vedremo sono dinamici, ovvero giravano sul plastico, e che lo fanno tuttora.

Iniziamo con “la Regina”, la Gr.685.

FS Gr.685

FS Gr.685

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Pubblicato il 5 marzo 2016, ultima modifica 8 marzo 2016

I segnali ferroviari luminosi vanno di norma collocati alla sinistra del binario a cui si riferiscono. In tal caso il loro aspetto è “a vela tonda”:  un disco nero con bordo bianco, ed al centro la zona luminosa. In genere sono posti su un palo (detto anche “stante”). Talvolta però non c’è lo spazio per collocare lo stante: in tal caso si può porre lo stesso sulla destra del binario, ed il segnale assume la “vela quadra”, con la zona luminosa al centro di un quadrato nero con bordo bianco.

Vla tonda e vela quadra

Vla tonda e vela quadra

Segnali a detra e sinistra dei binari, da www.segnalifs.it

Segnali a detra e sinistra dei binari, da http://www.segnalifs.it

Quando possibile, si preferisce però non far ricorso alle vele quadre. Per poter porre il segnale a sinistra  anche quando non c’è lo spazio sufficiente per uno stante, si ricorre dunque all’ancoraggio del segnale dall’alto invece che dal basso tramite il  “portale a sbalzo”. Un esempio è all’uscita della piccola  stazione di Lomello, sulla Pavia-Alessandria. (Giorgio Stagni ne discute degli aspetti economici sul suo interessantissimo sito Stagniweb).

Segnali a Lomello -Foto © Giorgio Stagno da Stagniweb

Segnali a Lomello -Foto © Giorgio Stagno da Stagniweb

Per inciso, notiamo come in foto il segnale più a sinistra soprasti un triangolo bianco su sfondo nero, indicatore di velocità di percorrenza limitata a 30 Km/h poiché la linea è deviata.
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Pubblicato il 5 dicembre 2015, ultima modifica 6 dicembre 2015

La Gr.685 é una delle principali motrici a vapore delle FS.

LA Gr.585.393, Foto FS da marklinfan.net

La Gr.685.393, Foto FS da marklinfan.net

Tra gli N-isti é abbastanza noto che già nel 1966 Tibidabo aveva presentato alla Fiera di Norimberga il master pre-serie in ottone di una Gr. 685, al quale putroppo non fece mai seguito una produzione di serie. Sarebbe stata la prima locomotiva a vapore FS in N (a parte il locotender Gr.835 sempre di Tibidabo), ed é un modello cha ancora manca.

Il master in ottone della Gr.685 di Tibdabo, dal sito ASN

Il master in ottone della Gr.685 di Tibdabo, dal sito ASN

In realtà un seguito vi fu: furono rese disponibili alcune stampate in plastica che riproducevano alcuni “pezzi” della motrice, che alcuni fortunati riuscirono ad ottenere.

Le stampate Tibidabo della Gr. 685

Le stampate Tibidabo della Gr. 685

Il modello era probabilmente ispirato a quello che Rivarossi realizzava in Ho. Come quest’ultimo, si basava infatti alle ex-680 che presentavano il duomo presa vapore centrato sul secondo asse motore, e la sabbiera tra camino e duomo leggermente arretrata verso quest’ultimo.

Gr.685 Caprotti Rivarossi in H0

Gr. S 685 Caprotti Rivarossi in H0

Vari modellisti si sono cimentati con la costruzione della motrice a partire da queste prove di stampate, reperite in qualche modo. Un paio di anni fa Achille Carminati (ACAR Models), che aveva rilevato il magazzino Tibidabo, aveva reso nuovamente disponibili alcuni kit, comprendenti:

n. 1 telaio in metallo
n. 1 caldaia
n. 1 cabina
n. 1 sportello camera fumo
n. 1 gruppo cilindri/pancone
n. 1 cassa tender
n. 4 fari tipo FS
n. 4 respingenti

Il Kit Tibidabo

Il Kit Tibidabo

Gli stampi Tibidabo permetterebbero di realizzare senza grosse modifiche il gruppo delle S 685 serie 500, con i 2 duomi, i cilindri per la distribuzione a valvole Caprotti, il pancone lungo, anche se la sabbiera (la scatola tra duomo e camino) non è in posizione proprio corretta –  andrebbe arretrato un pò verso il vero duomo. Vanno aggiunti sui praticabili la pompa Nielebock del preriscaldatore ed il grosso corpo cilindrico orizzontale che è il preriscaldatore stesso, a destra o a sinistra a seconda dell’esemplare (alcune avevano guida a destra, altre a sinistra). Si possono però fare anche altre varianti: si può ricavare la Gr.680 (con tender a tre assi), o uno degli altri gruppi di Gr.685 (ad esempio la terza serie,  modificando duomo e sabbiera), oppure ancora una delle varianti intermedie (Gr.681 o 682). La storia dell’evoluzione da Gr.680 a 685 é lunga e molto articolata: il Cornolò nel suo libro “Locomotive a vapore” presenta addirittura una “genealogia”. Non intendiamo ripercorrerla qui, non ora almeno. Ci limitiamo a presentare brevemente alcune delle realizzazioni opera di hobbisty particolarmente appassionati ed abili, per poi passare alla “cronaca” di una realizzazione di Salvatori Spinelli, ben noto a molti e del quale avevamo parlato quando si “nascondeva” dietro lo preudonimo Spisa, e nuovamente citando le sue collaborazioni con TriNacria, anche in occasione di Verona 2013.

Giovanni Seregni ha documentato la parte iniziale del suo bel lavoro sul forum ASN. Era partito da un telaio Atlas-Rivarossi. L’obiettivo è di riprodurre una S 685 serie 500 con distribuzione Caprotti. Si tratta di una scelta complessa, perchè ad esempio volendo usare come base per fare la versione S.685 Caprotti si deve eliminare tutta la parte del biellismo che parte dal cilindro a bassa pressione.Ad un certo punto i lavori sono hanno subito un rallentamento, ma sono tuttora “in progress”. Rimandiamo al forum per futuri aggiornamenti.

La Gr.685 di Giovanni Seregni in lavorazione

La Gr.685 di Giovanni Seregni in lavorazione

Due realizzazioni completate sono quelle di Gigi Voltan e di Salvatore Spinelli per Paolo Angioy, entrambe basate su un telaio Fleischmann 7126 (DB Br 023) che ha il rodiggio giusto. Ha il pregio di non avere il motore in cabina: infatti la parte motorizzata é il tender, che però è troppo alto rispetto a quello italiano, per montare il quale occorre sostituire il motore elettrico con uno meno ingombrante.

DB Br 023, Fleischmann art.7126

DB Br 023, Fleischmann art.7126

La scelta di Voltan é stata di modificare lo stampo Tibidabo per riprodurre la 685 terza serie nella quale duomo e sabbiera sono in un unica cupola. Il complesso processo di realizzazione é ben descritto da Gigi su vari forum sui quali sono riportati dettagli della costruzione del modello: ASN, GasTT, mentre diverse immagini del modello finito si trovano (con una piccola e divertente “fotostoria”) su  Nparty.

La Gr.685 realizzata da Luigi Voltan.

La Gr.685 realizzata da Luigi Voltan.

La realizzazione di Salvatore per Paolo mantiene invece il doppio duomo, ma arricchisce lo stampo Tibidabo di vari particolari. Riproduce la Gr.680, ed ha il tender a tre assi.

La Gr.685 di Paolo Angioy, opera di Salvatore Spinell

La Gr.680 di Paolo Angioy, opera di Salvatore Spinelli

Abbiamo avuto la fortuna di poter chiedere a Salvatore la costruzione di un altro esemplare: si tratta di una versione intermedia che mantiene inalterati duomo e sabbiera come si presentano nelle stampate Tibidabo, non ha il preriscaldatore ed ha un tender a quattro assi. E’ ispirata alla Gr.682, una evoluzione della 680 che ha preceduto la 685. Foto non se ne trovano, ed il lavoro è basato su un figurino reperibile sul Cornolò.A posteriori abbiamo scoperto che un figurino assai dettagliato della 682 si trovava sul numero 50 di gennaio 1993 di tuttotreno, in scala 1:30!

Figurino dell 682 a quattro pagine su tuttotreno n.50

Figurino della 682 a quattro pagine su tuttotreno n.50

Gigi Voltan ha recentemente scovato che sul libro di Erminio Mascherpa e Gian Guido Turchi “La regina delle locomotive – Storia del GR. 685”  edito nel 1984 (seconda edizione 1986) da Editrice Trasporti su Rotaie, Salò vi sono un paio di rare immagini della 682.

Vista frontale della Gr.682 010 a Riccione tra il 1924 e 1927, dettaglio da foto di autore ignoto, dal libro di Mascherpa-Turchi

Vista frontale della Gr.682 010 a Riccione tra il 1924 e 1927, dettaglio da foto di autore ignoto, dal libro di Mascherpa-Turchi

Gr.682.035 ad Alessandria nel 1955. usata come generatore di vapore, poi demolita, ultima del suo gruppo, nel 1957 – Foto © Sartori

Gr.682.035 ad Alessandria nel 1955, senza fanali, usata come generatore di vapore, poi demolita, ultima del suo gruppo, nel 1957 – Foto © Sartori

La 682 è stata al Deposito di Verona, e magari ha fatto allora qualche capatina in Val d’Adige, mentre la 685 non dovrebbe esserci venuta (la ferrovia del Brennero è quella che più mi interessa).

Riportiamo qui l’evoluzione della costruzione del modello, passo passo.

Le operazioni prevedevano la modifica telaio della loco Fleischmann per alloggiare la nuova cassa,  con accorciamento del bissel posteriore. La giunzione (troppo grossa) della cabina Tibidabo andava modificata. Dovevano essere assemblati caldaia, zavorra, pancone, lanterne, mancorrenti e tienti bene. I respingenti andavano fatti in ottone (il kit non era di quelli disponibili da Carminati con anche i respingenti). La cassa del tender sarebbe stata rifatta in ottone, con una lieve modifica sulla parte superiore della carbonaia per alloggiare un nuovo motore. La meccanica andava modificata sostituendo la vite senza fine ed il troppo ingombrante motore Fleischmann con un motore con alimentazione  a 10 Volt.

Il primo passo é stata la realizzazione in microfusione del tender

IL tender appena arrivato dalla fonderia

IL tender appena arrivato dalla fonderia

E’ stata poi tolta la gigantesca guarnitura sulla cabina per poterla alzare, e fatta la zavorra.

Cabina dopo la riduzione della giuntura. In primo piano parte della zavorra.

Cabina dopo la riduzione della giuntura. In primo piano parte della zavorra.

E’ quindi stato modificato fumaiolo,e sono stati fatti i perni su cui successivamente verranno saldati i mancorrenti.

La caldaia con fumaiolo aumentato e i perni per i mancorrenti.

La caldaia con fumaiolo aumentato e i perni per i mancorrenti.

In seguito sono stati realizzati vari piccoli dettagli che poi andranno montati: valvole del forno, valvola del duomo(!), leva inversione condotte ai cilindri, copristeli stantuffi , tientibene,  pancone…

Alcuni degli elementi menzionati saldati sulla caldaia

Alcuni degli elementi menzionati saldati sulla caldaia

E’ poi fatto uno di quelli che Salvatore chiama i “lavori invisibili”: la trafilatura di un tondino ottone da 1mm a 0,35mm per ricavarne i vari mancorrenti e tienti bene

Il tondino di ottone prima e dopo la trafilatura

Il tondino di ottone prima e dopo la trafilatura

A questo punto sono stati saldati i 4 pezzi della valvola duomo, sono state costruite le condotte ai cilindri e la leva inversione marcia.

Particolare della valvola del duomo

Particolare della valvola del duomo

La caldaia dopo l'aggiunta della valvola del duomo

La caldaia dopo l’aggiunta della valvola del duomo e la leva di inversione marcia

particolare del rovescio di una condotta ai cilindri. Ricavata dal pieno 5x3x1,5 mm :

particolare del rovescio di una condotta ai cilindri. Ricavata dal pieno, 5 x 3 x 1,5 mm

Si passa quindi a modifiche al telaio Fleischmann, e a prove di assemblaggio. E’ stato accorciato al massimo  il passo del bissel posteriore; oltre interferirebbe in curva con i ceppi dei freni della ruota motrice.
Confronto tra la BR023 di origine ed il risultato dopo l'accorciamento del bissel

Confronto tra la BR023 di origine (in alto)  ed il risultato dopo l’accorciamento del bissel. (Purtroppo ruota posteriore non poggiata sul binario al momento della foto)

Prima prova di assemblaggio

Prima prova di assemblaggio

Sono stati torniti i foderi degli stantuffi (in foto ancora con il tondino di partenza)
Foderi

Foderi degli stantuffi, con ancora il tondino di partenza.

E’ quindi stato realizzato il piano calpestio del pancone. Sono stati predisposti i fori le per lanterne. C’é il carter dei cilindri ed è stata realizzata la sella di sostegno della caldaia.
Il piano calpestio del pancone ed altri dettagli

Il piano calpestio del pancone ed altri dettagli

Sono state quindi clonate le fiancate dei carrelli, che poi vengono dipinte e incollate.
Fiancata di un carrello

Fiancata di un carrello

Fiancate dei carrelli del tender dipinte

Fiancate dei carrelli del tender dipinte

E’ ora di passare alla meccanica. E’ stata sostituita la vite senza fine, di diametro troppo grande per l’altezza disponibile, con una più piccola costruita in poliossimetilene.
Il poliossimetilene è una resina acetalica  formata da un polimero cristallino  che fornisce una materia plastica di alta resistenza e a costo relativamente basso. Tali resine acetaliche sono molto rigide e possiedono inoltre buona resistenza meccanica e durezza, nonché stabilità dimensionale in quanto assorbono poca umidità. Sono quindi particolarmente adatte a prendere il posto di parti metalliche di precisione (ingranaggi per orologi), leve, cuscinetti, viti, raccorderie per tubi, cerniere. Tra gli svantaggi vi è la facile combustione, con la produzione di fumi tossici. Il poliossimetilene è noto  con i nomi commerciali di Zellamid 900, Delrin, Tecaform, Kepital, Kematal, Ertacetal e Berlin.

Salvatore ottiene le viti senza fine partendo da delle verghe di Delrin che porta al diametro necessario. Poi, in base al modulo degli ingranaggi presenti nel modello, sempre con il tornio costruisce la vite. Infine esegue il foro del diametro adatto per inserirla nell’albero del motore da usare. In questo modo riesce a realizzare le viti con il materiale, il modulo, il diametro, la lunghezza, il passo destro o sinistro, ed il foro che gli occorrono al momento.

Costruzione della vite senza fine in Delrin

Costruzione della vite senza fine in Delrin

Il motore poggia su una base triangolare in ottone e questa a sua volta sul telaio del tender. Il tutto è incollato con colla epossidica bicomponente.
Il nuovo motore montato nel tender.

Il nuovo motore montato nel tender.

Si può quindi di provare la dinamica! Il modello anche senza alcuna zavorra si muove senza slittamenti e il biellismo non ha problemi.

Si passa al montaggio del tender, che viene prima fresato e poi montato. Occorre ricavare una nicchia sulla carbonaia al limite dello spessore  per alloggiare  la parte superiore del motore  e la libera rotazione della vite senza fine.

Tender fresato...

Tender fresato…

... e montato

… e montato

Purtroppo all’interno non c’e’ spazio per il decoder. Volendolo montare successivamente, si potranno far uscire i fili del motore e delle prese di corrente dal foro praticato sulla carbonaia per lo sfogo del rivestimento della fusione.Il decoder potrà essere alloggiato nella carbonaia, alzando i bordi di quest’ultima con striscia di plasticard verniciata color legno. Un foglio di plasticard di 10×15 mm con sopra incollato del carbone farebbe poi da coperchio.
Si può ora provare il funzionamento con il tender installato

A 3V cammina piu’ lentamente

Sul pancone sono quindi stati montati i fari

Fari montati sul pancone

Fari montati sul pancone

Dopo due uscite male, sono finalmente giunte le fusioni delle scalette di accesso alla cabina. Sono state saldate al pavimento cabina, operazione difficile perché a rischio di deformazione delle parti in plastica.
Scaletta saldata al corpo

Scaletta saldata al corpo

Altra vista delle scalette. Si intravvede anche la zavorra all'interno della caldaia

Altra vista delle scalette. Si intravvede anche la zavorra all’interno della caldaia

Delle viste di insieme del corpo caldaia-cabina da varie prospettive permettono di osservare i vari elementi di metallo che sono andati a completare la base Tibidado.

Visione d'insieme - 1

Visione d’insieme – 1

Visione d'insieme - 2

Visione d’insieme – 2

Visione d'insieme - 3

Visione d’insieme – 3

Dopo aver aggiunto altri elementi (ad esempio la pompa Knorr) il corpo caldaia-cabina viene poggiato provvisoriamente sul telaio.

Carrozzeria montata sul telaio - vista 1

Carrozzeria montata sul telaio – vista 1

Carrozzeria montata sul telaio - vista 2

Carrozzeria montata sul telaio – vista 2

Vengono aggiunti ancora il fischio ed il tubo della sabbiera

Fischio e tubo sabbiera -1

Fischio e tubo sabbiera -1

Fischio e tubo sabbiera -2

Fischio e tubo sabbiera -2

Arriva il momento della verniciatura. Alcuni particolari sono stati mascherati per lasciarli in ottone.

Carrozzeria verniciata - lato sinistro

Carrozzeria verniciata – lato sinistro

Carrozzeria verniciata - lato destro

Carrozzeria verniciata – lato destro

Sul tender, nella carbonaia, si può accedere ai fili per eventuale futuro montaggio di decoder.
Tender da sopra. Si vedono i fili per un eventuale futuro montaggio di un decoder

Tender da sopra. Si vedono i fili per un eventuale futuro montaggio di un decoder

Resta poco al termine: montaggio del gancio traino tender, piatti dei respingenti, ritocco di vernice ai fianchi carrelli tender e infine forare i cilindri per inserire i foderi stantuffi. Quest’ultima operazione è delicata, forando troppo si bloccherebbe tutto il biellismo, ma occorre metterli comunque perché danno un tocco di classe… Fortunatamente tutto va bene, così  finalmente si può rimontare la caldaia.

Ed eccola in marcia!

e ancora:

Ed ecco quindi il prodotto finito, visto da vari angoli
La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N - vista 1

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N – vista 1

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N - vista 2

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N – vista 2

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N - dettagli

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N – dettagli

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N - frontale

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N – frontale

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N - vista dall'alto

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N – vista dall’alto

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N - vista dall'alto dall'altro lato

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N – vista dall’alto dall’altro lato

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N - Vista laterale con tre diverse illuminazioni

La Gr. 682 di Salvatore Spinelli in Scala N – Vista laterale con tre diverse illuminazioni per evidenziare i diversi particolari

La Gr. 682 in servizio

La Gr. 682 in servizio

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Pubblicato il 13 dicembre 2014

Fino agli anni ’80 la scala N italiana non offriva certo la ricchezza di modelli di buona qualità disponibili oggi: c’era pochissimo di industriale, e qualcosina di artigianale – non noto o non raggiungibile ai più. La produzione industriale si riduceva a tre motrici Lima (di cui una sbagliata, una con uno sproprzionato sottocassa ed una un po’ fuori scala, e tutte con motorizzazioni approssimative, ma con il pregio di essere poco costose e facili da reperire: si trovavano anche all’UPIM! ) e due Rivarossi (ma un modello, la D.341, era fatto da entrambi i produttori), le UIC-X Rivarossi, due carrozze accorciate di Lima (un postale e una UIC-Y) e qualche merci…

In questo panorama si inserisce la figura di Giovanni Muzio, classe 1931, modellista/plasticista che di necessità fece virtù, e data la scarsezza di materiale disponibile diede spazio ad estro e fantasia, ed usando materiali poveri e basi di modelli stranieri riuscì a crearsi un ricco panorama ferroviario italiano. Fu tra i pionieri della scala N, e già negli anni ’60 aveva realizzato il suo primo plastico – nel magazzino della ditta milanese in cui lavorava.

Giovanni Muzio tra i suoi treni, foto di Antonio Rampini

Giovanni Muzio tra i suoi treni, foto di Antonio Rampini

Talvolta ricorreva anche ad incollare fotografie delle fiancate su carri merci e/o passeggeri: insomma qualunque mezzo era lecito pur di riuscire a riprodurre sul plastico modelli non disponibili altrimenti. Il modellismo é insieme un’arte e un gioco, e ciascuno deve essere libero di scatenare la propria creatività per esprimersi e per raggiungere i risultati che vuole. C’è chi ama contare i chiodi, chi fa correre treni della Santa Fe accanto a ICE tedeschi, chi tenta di riprodurre la varietà di una ferrovia reale (che in quegli anni era tanta davvero!) accettando qualche compromesso. Giovanni doveva avere la passione per l’eterogeneità del reale, probabilmente unita a un’attenzione filologica, e non si spaventava davanti a soluzioni che oggi potremmo considerare approssimate, se queste portavano ricchezza. Il meglio é nemico del bene: quindi accettare qualche inevitabile compromesso gli permise di realizzare un dei plastici magistrali, sui quali correvano un po’ tutti i rotabili FS dell’epoca. Nelle foto che li mostrano, sorprende la ricchezza e l’eterogeneità dei mezzi presenti, non raggiunta neppure oggi: la ricchezza di locomotive a vapore e la presenza di trifase sono ad esempio elementi oggi difficilmente visibili nelle collezioni e nei plastici degli eNnisti odierni (di vapore italiano c’é pochissimo, e le trifase sono prodotti di gioellieria o autocostuzioni).

Tre diverse trifase e varie vaporiere sul plastico milanese di Giovanni. Foto Giuseppe Muzio

Tre diverse trifase e varie vaporiere sul plastico milanese di Giovanni. Foto Giuseppe Muzio

L’inventiva di Giovanni emerge da ogni dettaglio: come modo semplice per realizzare la massicciata sul plastico usò della carta vetrata!

Il plastico

Aveva realizzato a Milano un plastico ragguardevole. Dopo il trasferimento ad Arese ne realizzò un secondo, più grande. Fortunatamente questo fu descritto sul numero 6 di Fermodel News (novembre-dicembre 1981), così é rimasta traccia del grande tracciato ad U.

Tracciato del plastico di Garbagbate (?), da Fermodel News

Tracciato del plastico di Giovanni ad Arese, da Fermodel News

Il disegno (fatto apposta per la pubblicazione) pare essere piuttosto schematico e approssimativo: difficile far coincidere le foto disponibili con il tracciato disegnato, ma comunque rende l’idea. Un doppio binario correva perimetralmente ed attraversava una stazione ed un grande scalo che permetteva di esporre la ricca collezione di rotabili. Ampio spazio era lasciato, sui lati più lontani dall’osservatore, ad una linea di parata sulla quale guardare i treni che corrono. Un secondo percorso, centrale, era completamente separato dal primo, presentava un falso doppio binario ed aveva un piccolo scalo. I fondali alpini della Faller, anche se più bavaresi che cisalpini, aggiungevano una nota di realismo. I circuiti erano gestiti con due trasformatori, ed i deviatoi sulle linee di corsa erano ridotti al minimo, per evitare deragliamenti, vista la qualità degli scambi disponibili all’epoca!

Foto di Giuseppe Muzio

Foto di Giuseppe Muzio, figlio di Giovanni

Foto di Giuseppe Muzio

Foto di Giuseppe Muzio

Foto del plastico da Fermodel news

Foto del plastico da Fermodel news. Si vede il grande scalo.

Affollatissimo deposito lcocomotoe a vapore sul plastico di Giovanni Muzio - Foto Carlo Maldifassi

Affollatissimo deposito lcocomotive a vapore sul plastico di Giovanni Muzio – Foto Carlo Maldifassi

Era quindi possibile far circolare treni lunghissimi, come quelli che si possono osservare nel filmato ‘anni 80 pubblicato su youtube

Altri filmati interessanti sono disponibili sul canale youtube di Pino Muzio (figlio di Giovanni).

Le vaporiere

Giovanni doveva avere una vera passione per il vapore. Aveva realizzato vari tipi di locomotive diverse, coprendo probabilmente il grosso dei tipi di motrici superstiti negli anni del boom economico. Il totale delle vaporiere realizzate era di circa trenta.

Alcune foto di Antonio Rampini mostrano dettagli della zona “deposito locomotive”. Le foto sono vecchie e la macchina aveva avuto qualche problema all’esposimetro, ma danno un’idea della varietà di locomotive che Giovanni era riuscito a realizzare.

Deposito Locomotive - Foto A.Rampini

Deposito Locomotive – Foto A.Rampini

Deposito Locomotive - Foto A.Rampini

Deposito Locomotive – Foto A.Rampini

Deposito Locomotive - Foto A.Rampini

Deposito Locomotive – Foto A.Rampini

Le motrici non se ne stavano statiche in deposito, ma correvano sul plastico.

Una locomotiva in testa ad un espresso durante la sua corsa. Foto Giuseppe Muzio

Una locomotiva in testa ad un espresso durante la sua corsa. Foto Giuseppe Muzio

La 743 in attesa sul plastico, in testa ad un merci.

La 743 in attesa sul plastico, in testa ad un merci.

A tanti anni dalla scomparsa di Giovanni, che ci ha lasciato nel 1999 all’età di 68 anni, le sue opere sono ancora vive: vediamo qui le sue locomotive trasferite in un altro deposito: quello sul plastico del figlio Pino (Giuseppe), che dal padre ha ereditato la passione.

Le vaporiere di Giovanni sul plastico del figlio Giuseppe in una sua foto

Le vaporiere di Giovanni sul plastico del figlio Giuseppe in una sua foto

Altra vista del deposito locomotive di Giuseppe

Altra vista del deposito locomotive di Giuseppe

due vaporiere di profilo nel deposito. Foto Giuseppe Muzio

Due vaporiere di profilo nel deposito. Foto Giuseppe Muzio

Le trifase

Come abbiamo già detto, anche le trifase furono oggetto di studio e attenzione da parte di Giovanni, che ne realizzò diverse. Quando la motorizzazione era complicata, lasciava la motrice folle ed usava un carro motorizzato per animare il convoglio.

Una trifase in transito sul primo plastico di Giovanni

Una trifase in transito sul primo plastico di Giovanni

Ancora una volta, le vecchie foto di Rampini, seppure con colori falsati, danno la possibilità di esaminare in modo più ravvicinati alcuni modelli di Giovanni.

... l'altra metà, ed una terza trifase

.Una trifase e mezza…

Una trifase e mezza...

… l’altra metà, ed una terza trifase

Altre macchine

Anche il resto del parco FS era ben rappresentato nell’interessante collezione autocostruita di Giovanni Muzio. Una collezione, però dinamica, con i due aspetti del modellismo (collezionismo e cura del dettaglio sui singoli rotabili) e plasticismo (riproduzione dell’ambiente, ma con lo scopo primario di far correre i treni) che si sposano in un’unione perfetta: il sogno di ogni ferromodellista!

Ecco dunque che nella collezione troviamo le macchine a corrente continua (articolate e non), automotrici ed elettromotrici. Alcuni diesel da manovra (D.245, Truman) sono visibili in un angolo del deposito locomotive a vapore visto sopra.

Sul primo plastico (quello anni '70) già circolava una vairetà di motrici elettriche. Qui si vedono una doppia trazione di E.626, una E.428, e delle motrici commerciali Lima e Rivarossi

Sul primo plastico (quello anni ’70) già circolava una varietà di motrici elettriche CC.  Qui si vedono una doppia trazione di E.626, una E.428, e delle motrici commerciali Lima e Rivarossi. Si notano anche i deviatoi Lima dell’epoca…

Non mancavano nemmeno le articolate: qui E.636 ed e.646 assieme ad una E.428 prima serie

Non mancavano nemmeno le articolate: qui E.636 ed e.646 assieme ad una E.636 e ad una E.428 prima serie

La E.636 visibile nella foto sopra era realizzata con due semicasse ottenute dagli E.424 Lima, con un falso carrello centrale. Il mantice di interconnessione tra le semicasse era realizzato con stoffa elastica nera.

Ecco le automotrici... (Foto Antonio Rampini)

Ecco le automotrici… (Foto Antonio Rampini)

... e le elettromotrici nello scalo: so vedono le ALe 840 e le ALe 880

… e le elettromotrici nello scalo: si vedono le ALe 840 e le ALe 880

Vi si trovavano pure i tram!

Sul plastico c'erano perfino i tram!

I tram sul plastico

Interessante una precisazione fatta da Pino: Giovanni aveva l’abitudine di modificare e/o migliorare nel tempo un modello, sostituendone parti piccole o grosse, oppure distruggendolo per cannibalizzare le parti necessarie alla costruzione di uno nuovo. Dunque un modello è, almeno potenzialmente,  in evoluzione permanente: così come per il plastico, non finiscono mai le modifiche e/o migliorie da apportare.

Il premio Muzio

Negli anni successivi alla scomparsa di Giovanni (avenuta nel 1999 a 68 anni), la sua figura assunse un valore simbolico di guida per altri che ne seguirono la filosofia operativa, che in molti avrebbero poi chiamato il “Metodo Muzio“.  Il suo lavoro é riconosciuto e celebrato in ambito ASN, che sin dal 2000 propone, con cadenza biennale, un premio ai migliori modellisti autocostruttori intitolato proprio alla memoria di Giovanni.

Ma dove sono i modelli di Giovanni oggi? Come abbiamo già avuto modo di dire, il figlio Pino ha realizzato un suo plastico: proprio su di esso possono ancora sgranchirsi le ruote le trifase di Giovanni, correndo a fianco dei più moderni mezzi che Pino ha collezionato e/o realizzato.

Una doppia trazione di trifase di Giovanni sul plastico di Giuseppe. Le motrici non hanno motore, e la trazione é fornita da un carro spinta motorizzato.

Una doppia trazione di trifase di Giovanni sul plastico di Giuseppe. Le motrici non hanno motore, e la trazione é fornita da un carro spinta motorizzato.

Il plastico di Giuseppe ospita anche scorci più contemporanei. A Giovanni sarebbe certamente piaciuto moltissimo!

Il plastico di Giuseppe ospita anche scorci più contemporanei. A Giovanni sarebbe certamente piaciuto moltissimo!

Ulteriori immagini dei frutti del lavoro di Giovanni Muzio sono reperibili in un thread sul forum ASN dal quale le foto presenti qui sono tratte.

Ringrazio Pino Muzio per avermi fornito informazioni di prima mano, ad integrazione di quanto avevo trovato sul forum citato. Un grazie anche agli autori delle varie foto pubblicate sul forum ASN e qui riprodotte.

 

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