Pubblicato il 16 dicembre 2017
Mio padre (classe ’24, autore del Plastico di Querceto e Pian Ginestra) mi raccontava della “stazione in galleria”. Era nella “Grande Galleria dell’Appennino” tra Bologna e Firenze, inaugurata quando lui aveva più o meno la mia età di allora: dieci anni. Così quando passavo nel lunghissimo tunnel tra Bologna e Firenze stavo per lunghi minuti incollato al finestrino, con gli occhi fissi nel buio, ipnotizzato dallo zig-zag delle strisce bianche che salgono e scendono sulla fiancata della galleria, attendendo il breve attimo in cui il tunnel si sarebbe illuminato, mostrando i marciapiedi della “Stazione in Galleria”. Poi si ripiombava nel buio, ma io, la mitica stazione, l’avevo vista!
E’ posta al Km.46+848. L’ingresso sud è al km.37+234, dunque il posto di blocco della stazione si trova a 9.614 metri dall’ingresso.
Essendo la Galleria lunga 18.507,38 m, l’uscita Nord é distante 8.893 m. Considerando che la stazione si estende per 450 metri in ciascuna delle due direzioni, il centro del tunnel cade proprio nella stazione (per la precisione nella sua sezione a nord, 90 m prima dalla fine della stessa).
La stazione nacque per mantenere la cadenza dei posti di blocco lungo la linea. Dato che la galleria era troppo lunga, occorreva avere un posto di blocco (il n. 12) al suo interno. In corrispondenza del posto di blocco, si previde di poter far cambiare binario ai convogli (così in caso di incidente o di lavori di manutenzione sulla linea, si poteva comunque usare il doppio binario per metà galleria, limitando la tratta a binario singolo all’altra metà. Inoltre, vista la lunghezza della tratta, si ritenne opportuno avere la possibilità di far fermare un treno lento (ad esempio un merci o un locale) per far passare un convoglio veloce (un direttissimo o un rapido): quello che in gergo tecnico di chiama una “precedenza”. In corrispondenza di questo posto di blocco fu costruito uno slargo del tunnel, chiamato “camerone”. Doveva ospitare il personale, gli apparati di controllo, i marciapiedi e l’imbocco dei due tunnel secondari a forma di banana che ospitavano i binari di precedenza.
Dunque ne nacque una vera e propria stazione, dotata di otto deviatoi semplici, due scambi inglesi, quattro tronchini di protezione e due binari di ricovero per i treni che cedevano il passo.
Occorreva dare un nome a questa stazione, che però non era legata ad una località geografica. Come chiamarla? Essendo nelle viscere della terra, si sarebbe forse potuto scegliere tra “Casa del Diavolo”, “Nero profondo” o “Anticamera dell’Inferno”… Più prosaicamente, ci si rifece alla funzione per cui era stata concepita, e così venne chiamata “Stazione delle precedenze”.
In realtà, un collegamento con un luogo fisico posto in superficie lo aveva. Precedenze era la stazione di Ca’ di Landino, un piccolo borgo, anzi, una frazione ormai disabitata o quasi a mezza strada tra Baragazza e Castiglione de’ Pepoli, e nel comune di quest’ultima località.
Cà di Landino nacque proprio per le esigenze di costruzione del tunnel. Lo scavo fu infatti fatto dall’ingresso nord verso sud, da quello sud verso nord e simultaneamente dal centro verso entrambe le direzioni. Trovo sempre incredibilmente sorprendente la precisione con cui si sapevano scavare tunnel lunghi anche in epoche in cui non c’era il supporto tecnologico di oggi. Ad esempio, sull’isola di Samos si scavò (e senza esplosivi!) un tunnel rettilineo di oltre un chilometro, e lo si fece perfettamente inclinato di pochi gradi, visto che serviva come acquedotto: il tunnel di Eupalino. Era il sesto secolo avanti Cristo. Va bene che come geometra loro avevano un certo Pitagora… Comunque, a proposito di precisione: la Grande Galleria dell’Appennino è un rettilineo di 18 km perfettamente diritto, forse il più lungo rettifilo ferroviario italiano fuori dalla Padania. E se dall’ingresso non si vede la luce di uscita, è solo perché, per ragioni tecniche, il tunnel é leggermente a schiena d’asino.
A Cà di Landino vennero scavati dei pozzi inclinati di accesso che giunsero fino al centro della futura galleria, quindi proprio in quella che sarebbe poi divenuta la futura Stazione delle Precedenze. In corrispondenza dell’uscita dei pozzi inclinati sulla superficie nacque un paese, che divenne il luogo ove per anni vissero buona parte dei minatori e delle loro famiglie. Considerando che all’opera lavorarono circa 4000 minatori divisi in squadre che ruotavano con turni di 8 ore, e che probabilmente circa la metà era impiegata a Cà di Landino, il paese deve aver avuto una bella consistenza, visto che molti dei minatori avevano con sé anche le famiglie, e che inoltre vi erano persone che lavoravano alla logistica. Il paese aveva poi refettori, scuola, chiesa, infermeria, barbiere…
Cà di Landino era raggiunto da una teleferica per il trasporto di materiale che partiva dall’imbocco nord del tunnel.
Dal paese, lungo uno dei pozzi inclinati, scendeva entro il tunnel una funicolare per il trasporto di uomini e materiale. L’altro pozzo serviva per l’aerazione, e forse per il pompaggio dell’acqua (che fu uno dei maggiori problemi nello scavo).
A monte, due edifici sormontavano lo sbocco dei pozzi inclinati, e ospitavano i necessari macchinari.
La cerimonia di inaugurazione
Quando avvenne l’inaugurazione? La data ufficiale di apertura della Direttissima Bologna-Firenze è il 22 Aprile 1934. Il primo treno (n. 38) percorse la tratta Prato-Bologna nella notte tra il 22 e il 23 aprile con a bordo il Re d’Italia: partito alle 10:30, è transitò a Vernio a mezzanotte. La stampa dell’epoca ricordò che l’opera, durata 30 anni (inclusa la lunga progettazione), ebbe un costo di 1 miliardo e 122 milioni, contro i 150 milioni previsti prima della grande guerra (ma certo, il valore del denaro non era lo stesso prima e dopo la guerra).
Tuttavia la data di inaugurazione della Grande Galleria dell’Appennno è di molto precedente: si tenne infatti il 5 dicembre 1929, come riportato dalle Cronache del Senato. Era appena caduto l’ultimo diaframma tra le semigallerie scavate: naturalmente ancora molti erano i lavori da fare prima di poter mettere in esercizio il tunnel e l’intera linea.
Fu organizzato un convoglio su dei vagoncini scoperti a panche di legno, che era quello di cui si servivano quotidianamente gli operai di turno allo scavo, sul quale presero posto le autorità, tra cui Araldo di Crollalanza che nel febbraio successivo sarebbe diventato Ministro dei Lavori Pubblici del governo Mussolini.
La cerimonia si tenne proprio nel camerone che sarebbe poi divenuto la Stazione delle precedenze, e fu officiata dall’Arcivescovo di Bologna, Monsignor Nasalli Rocca di Corneliano.
Epilogo della stazione di Precedenze
Con il termine dei lavori, finì la raison d’être del paese di Cà di Landino. Alcune famiglie che si erano radicate lì rimasero ancora, magari a coltivare la terra, ma il grosso delle persone se ne andarono.
I pozzi furono riutilizzati: vi si costruì una scala, e fu così la Stazione delle Precedenze divenne anche la stazione di Cà di Landino. Arrivare al paese non era agevole: si contavano ben 1863 scalini, per percorrere i quali ci voleva un’ora. Eppure venivano usati.
La stazione restò in esercizio a lungo, fino a metà degli anno ’60 circa. Era presenziata, vi si fermava qualche locale (all’epoca si chiamavano “accelerati”) e vi si effettuavano i “sorpassi”.
Progressivamente Cà di Landino si spopolò, destino comune alla maggioranza dei paesi appenninici in quegli anni, in cui i poveri contadini di montagna si trasformarono in operai nelle fabbriche del Nord. Gli accelerati smisero di fermare, e Precedenze venne soppresa, e comandata remotamente. Gli scambi furono modificati eliminando gli scambi inglesi e sostituendoli con coppie di deviatoi semplici, ancor oggi usabili in caso di lavori o di emergenza. I binari dedicati alle precedenze ormai scollegati dalla linea di corsa rimangono abbandonati nelle due gallerie ausiliarie.
Oggi a Cà di Landino vi è una sottostazione elettrica che rifornisce di energia la linea – ma anche questa è telecontrollata e non abbisogna di personale in situ. I cavi di alimentazione scendono lungo i pozzi inclinati.
Nella stazione ormai dismessa le luci rimangono ancora accese, ed il Leopolder suona ancora, per avvisare eventuale personale in servizio di manutenzione straordinaria dell’approssimarsi del treno.
Anticamera dell’Inferno
Abbiamo detto che un nome candidato per la stazione avrebbe potuto essere “Anticamera dell’Inferno”. Purtroppo lo fu di fatto, e ripetutamente. In primo luogo per gli operai caduti o invalidati durante i lavori, dal grisou, gli scoppi di mine, incidenti e incendi. Un incendio, in particolare, scoppiato il 3 agosto 1928 fra Ca’ di Landino e Lagaro, bloccò i lavori a lungo, a causa della profondità della sacca del gas. Non fu possibile domarlo e durò per quasi 5 mesi. Per poter continuare i lavori nell’attesa che il gas si esaurisse, fu scavato un cunicolo parallelo, e si riprese la perforazione bypassando la zona incendiata. Se non era l’inferno quello, ci somigliava parecchio.
In totale, nei lavori dell’intera Direttissima, vi furono 99 morti e un numero imprecisato di ammalati di silicosi. Tra i morti, ben 65 caddero durante la costruzione della galleria. Una fontana dedicata agli operai caduti, progettata da Giulio C. Arata e Gian Luigi Giordani, fu posta nel piazzale davanti alla stazione di Bologna ed inaugurata il giorno stesso dell’apertura della nuova linea. Era costruita con il porfido sanguigno della Val Camonica e la diorite dell’Adamello ed aveva una portata di 40 litri al secondo. Ai lati della vasca centrale si innalzavano due altorilievi: “Assistenza al ferito” di Ercole Drei e “Lavoro di scavo in galleria” di Bruno Boari. La fontana fu distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Di nuovo, Precedenze fu regno di Lucifero il 4 agosto 1974: pochi minuti dopo che l’Espresso 1486 “Italicus” diretto a Monaco via Brennero vi era transitato, esplose una bomba a bordo. Per fortuna il convoglio era appena uscito dalla galleria. Ci furono 12 morti e 48 feriti, ma nessun colpevole fu individuato dalla (in)giustizia italiana.
Poi, di nuovo,alle 19:08 del 23 dicembre 1984, quando un altro attentato fece esplodere una bomba mentre il Rapido Napoli-Milano numero 904 percorreva il sesto chilometro del tunnel. Vi furono 16 morti e 267 feriti.
Ricordiamo i nomi dei responsabili individuati e condannati con giudizio definitivo: Giuseppe Calò, Guido Cercola, Franco Di Agostino (membri di cosa nostra) e Friedrich Schaudinn (artificiere tedesco). Wikiradio ha un ricordo della strage del Rapido 904.
Risorse per approfondire
La storia della costruzione della linea, e della galleria, è narrata in un piacevole e interessante monologo teatrale pubblicato su gruppo_lettura.blog.tiscali.it “Pan di legno e vin di nuvoli”: [Parte 1],[Parte 2],[Parte 3],[Parte 4]. L’ultima parte è quella che parla di Precedenze.
Un libro, edito da artestampaedizioni, è dedicato alla costruzione della galleria.
Giovani Rossi, modellista, ha avuto la fortuna di poter visitare Precedenze di recente, e lo racconta sul suo sito, che contiene anche una serie di fotografie montate in forma di video.
Un documentario sulla galleria è presente su youtube.
Il 5 e 6 aprile 2014, in occasione dell’ottantesimo “compleanno” della galleria, un treno storico l’ha percorsa, passando a Pecedenze a passo d’uomo, ma senza fermarsi. L’evento, “Picco e Pala”, è raccontato sul sito di Bianconiglio e Gegeniglia.
Chiudiamo con una piccola chicca ferroviaria: l’immagine di una delle dodici Gr. R440 Mallet a scartamento ridotto prodotte, usata durante i lavori di costruzione della Direttissima. Le macchine poi prestarono servizio sulla linea Palermo – Corleone, ed entro il 1939 tutte le unità furono trasferite in sulle linee ferroviarie della “colonia” Eritrea.
Ma quanti caduti…..comunque non ci sono parole….grazie….!!!
Grazie della citazione !!!
Grazie a te per aver pubblicato il report sulla giornata!
Molto interessante!
Grazie!
[…] Stazioni in galleria: Precedenze (Italian language) […]
Il sito di Giovanni Rossi http://www.rossimodelli.it non è più accesssibile. Cosa è successo?
Chi lo sa? Nella migliore delle ipotesi può essere un problema temporaneo, ma temo che più probabilmente sia l’ennesimo caso di digital oblivion
è possibile trovare la pagina su archive.org a questo indirizzo:
https://web.archive.org/web/20170815233440/http://www.rossimodelli.it/precedenze.html
e ovviamente anche il sito:
https://web.archive.org/web/20180105171425/http://www.rossimodelli.it/
il tutto riferito al giorno 5/01/2018
Grazie Enrico. Digital Oblivion (https://scalaenne.wordpress.com/2015/01/03/digital-oblivion/) ha colpito ancora. Per fortuna che c’e’ archive…
grazie, forse nell’ archivio, esiste la foto di Calzolari Flaminio(detto.. Vittorio), per poter vederlo da… giovane ; era del… 1904 !