Pubblicato il 6 novembre 2021, ultima modifica 8 ottobre 2023
La locomotiva D.145, denominata InLoc (acronimo per Inverter Locomotive) è una locomotiva diesel a trasmissione elettrica per servizio di manovra pesante e per treni merci in uso a Trenitalia. Fu soprannominata “Aragosta” per la livrea arancione di origine che la caratterizzava: fu la prima motrice ad adottarla, ed una delle poche ad averla.
E’ storicamente importante, poiché fu la prima motrice FS “moderna”, dotata di inverter e motori trifase asincroni.
Venne prodotta in due diverse sottoserie, sensibilmente diverse anche se accomunate da caratteristiche simili: la serie 1000 (Fiat Ferroviaria Savigliano) e la 2000 (Tecnomasio Italiano-Brown-Boveri).
D145.1011 a Roncafort (Trento) nel 2009 – Foto Marvin345 da flickr
FS D145 2046 (RFI) a Bari Lamasinata nel 2017, Foto Giorgio Iannelli da trainspo.com/
Si tratta di locomotive che hanno come scopo primario la manovre pesante, ma, essendo in grado di raggiungere una velocità massima di 100 km/h, sono atte anche all’effettuazione di treni (principalmente merci), come peraltro le altre macchine dei vari gruppi 14x. In manovra la loro velocità massima viene limitata a 30 km/h.
Pubblicato il 23 settembre 2017, ultima modifica 1 maggio 2021
“Le Capitole” é uno dei treni che hanno un posto nella storia delle ferrovie, e che di conseguenza è piuttosto famoso. L’appellativo era attribuito ad un treno rapido delle SNCF che a partire dagli anni ’60 collegò le stazioni di Parigi Austerlitz e Tolosa Matabiau effettuando servizio di sola prima classe.
Le Capitole in corsa, da una cartolina
Lo abbiamo citato parlando delle UIC-Y francesi: qui ne approfondiamo storia e dettagli.
Pubblicato il 7 febbraio 2015, ultima modifica 3 novembre 2016
Il gruppo delle E.626 a quattro motori non fu l’unico gruppo mancato che coinvolgeva le E.626. Le FS progettarono una macchina “monstre” derivata dalla E.626, che avrebbe dovuto essere realizzata accoppiando in modo articolato ma permanente due macchine derivate dalle E.626. Nel 1939 si pensò di realizzare una motrice articolata che avrebbe erogato 4000 KW. Sul Cornolò c’è il figurino di progetto, che però non abbiamo reperito in rete, e quindi ci limitiamo a mostrarne l’interpretazione pittorica proposta da Claudio Vianini, che rende l’idea di come sarebbe stata la macchina.
Un tentativo di rendere l’idea é stato fatto anche da Alessio85 sul forum.duegieditrice.it, a partire da una immagine di una E.636 di Paolo Carnietti:
La E.12.2.12 sarebbe stata più o meno così… (alessio85 da forum.duegieditrice.it)
Se fosse stata realizzata sarebbe stata più o meno l’equivalente italiano della svizzera Ae 8/14 , della quale proprio negli anno ’30 furono realizzati tre esemplari realizzati accoppiando stabilmente due macchine derivate dalle Ae 4/7 (da queste però differiscono per rodiggio e carrozzeria).
Probabilmente il progetto della E.12-2-12 non aveva altra ragione che quella di primeggiare, come Italia, nello scenario internazionale, così da poter fare dei poster come quello svizzero:
Poster svizzero che vanta la macchina più potente del mondo.
Altrimenti, lo stesso scopo si poteva raggiungere con una doppia trazione (nella quale però anche la seconda macchina avrebbe dovuto essere presidiata.
Ma, visto che la E.12-2-12 non abbandonò mai lo stato di bozzetto su carta, parliamo un po’ della sua ispiratrice: la Ae 8/14. Avremo così l’occasione di accennare a diverse macchine che erano in servizio sul Gottardo e che giungevano fino in Italia, a Chiasso.
All’epoca, la Ae 8/14 fu la macchina più potente del mondo: i tre prototipi variavano tra i 5500 Kw del primo prototipo agli 8170 del terzo. Come detto, il primo prototipo era nato accoppiando stabilmente due macchine derivate dalle Ae 4/7, che a loro volta erano state una evoluzione della Ae 3/6. Queste ultime erano macchine concepite negli anni ’10 e realizzate nel decennio successivo, ed esistevano in varie versioni (I con trasmissione Büchli, II con trasmissione a bielle e III con trasmissione a ingranaggi) e livree (marrone e verde). Curiosamente mantenevano il rodiggio asimmetrico delle macchine a vapore, con due bissel diversi.
La trasmissione Büchli era costituita da un insieme di bielle e di settori dentati che ruotavano con l’asse motore ed erano azionati da una grande ruota dentata solidale con il telaio. Curiosamente la ruota dentata era esterna alla ruota della motrice (che è coperta da una corazza protettiva), e si trova su un solo lato della locomotiva. .
Trasmissione Büchli, foto da wikimedia
Sul solo lato della trasmissione, dove si trova il corridoio interno, sono presenti i finestrini. L’altro lato è interamente occupato dai motori e gli apparati elettrici: le due fiancate sono quindi di aspetto radicalmente differenti.
Per quanto le prestazioni delle Ae 3/6 fossero buone, sulla linea del Gottardo serviva maggiore potenza: fu quindi progettata una variante della macchina che aggiungeva un ulteriore asse motore: nasceva così la Ae 4/7, che non ebbe mai livrea marrone ma solo verde.
Le Ae 4/7 furono macchine di grande successo, tanto che prestarono servizio per ben 69 anni, fino al 1996, anche se progressivamente spostate su servizi via via meno nobili: dagli anni ’50 le Ae 6/6 le sostituirono sui servizi internazionali, e a partire dagli anni ’70 furono impiegate principalmente per il traffico merci leggero nella Svizzera interna e per il traffico passeggeri regionale.
Nonostante il loro successo, non avevano però risolto il problema del traffico pesante sul Gottardo, dove la velocità garantita da coppie di coccodrilli (Ce 6/8) trainanti convogli da 750 tonnellate era troppo bassa (40 Km/h) .
Nel 1931 si decise di sperimentare una soluzione costruendo il mostruoso prototipo della Ae 8/14, realizzato accoppiando permanentemente due Ae 4/7 modificate: una motrice lunga 34 metri , caratterizzata da una alternanza di ruote motrici e portanti, per un insolito rodiggio. Delle Ae 4/7 ereditava i motori, la trasmissione Büchli, e l’aspetto del frontale. La sequenza degli assi invece ricorda quello della più vecchie Be 4/7 del 1921: 6 macchine anch’esse in uso sul Gottardo. Non c’è però parentela con queste ultime: nonostante la somiglianza, il rodiggio è differente. Le Be 4/7 erano poggiate su due diversi carrelli (1’Bo1’)(Bo1’). La Ae 8/14 aveva invece per ogni semitelaio un corpo centrale fisso e due carrelli, realizzando un singolare (1A)A1A(A1)+(1A)A1A(A1).
Be 4/7 – Foto da swisslok.bplaced.net
Grazie a un dispositivo pneumatico (Adhäsionsvermehrern) le ruote portanti delle Ae 8/14 potevano appoggiarsi con carico variabile sulle rotaie e appesantire più o meno gli assi motori. La motrice era dotata di 8 motori che sviluppavano una potenza effettiva pari a 5408 KW.
Un secondo prototipo con 12 motori (3 ogni 2 assi), che sviluppavano 6070 KW effettivi, venne costruito nello stesso periodo. La macchina aveva aspetto simile al primo prototipo, ma abbandonava la trasmissione Büchli in favore della “Trasmissione Universale SLM”.
Nel 1961, a seguito di un incidente, fu ricostruita ricevendo nuove cabine di guida e frontali dalla Ae 6/6 allora in produzione, un po’ come sarebbe poi avvenuto in Italia con la Camilla.
Nel 1940 fu messo in servizio un terzo prototipo (11852) con 16 motori capaci di fornire 12.000 CV e basato sulla stessa trasmissione della 11851. La Ae 8/14 11852 fu presentata in occasione dell’Esposizione Nazionale di Zurigo del ’39 e soprannominata “Landi-Lok” in riferimento al nome della manifestazione: Landi 39, Schweizerische Landesausstellung Zürich.
Era la più potente locomotiva mai costruita al mondo e nell’aspetto presentava linee aerodinamiche molto innovative. Sarebbe rimasta la motrice più potente della storia per ben 44 anni, fino a quando nel 1983 la russa VL85 l’avrebbe spodestata, cedendo poi a sua volta lo scettro alla svedese IORE costruita a partire dal 2000 da Adtranz-Bombardier per la compagnia mineraria svedese LKAB.
La russa VL85: Bo’Bo’Bo’+Bo’Bo’Bo’ da 288 ton, lunga 45 m, con potenza continuativa di 9,360 kW (12,550 Hp), potenza di picco 10,020 kW /13,437 Hp)- Foto Vivan755 da wikipedia
I motori della Ae 8/14 però si surriscaldavano con facilità, e così si decise di ridurre la potenza effettiva pubblicizzata sul manifesto visto sopra a 11100 CV, ovvero 8170 KW effettivi. Con questa potenza la locomotiva riusciva a trainare treni di 770 t a 70 km/h sulle rampe del Gottardo, con pendenze del 26 per mille. In piano poteva trainare 2000 t a 60 km/h, e treni passeggeri di oltre 1000 t a 110 km/h. I macchinisti però lamentavano un rumore assordante in cabina, accompagnato da fortissime vibrazioni. Inoltre, la potenza era tale da rischiare di spezzare i ganci di accoppiamento.
Per inciso, la Landi-Lok ha trainato anche carrozze italiane: la foto seguente mostra lo Holland Italien Express a Lugano nel 1959, e la seconda vettura è in evidente livrea castano (clicca sulla foto per ingrandire).
La livrea fu inizialmente un verde chiaro, adottato poi in via sperimentale anche su altre macchine come le Ae 6/6. Negli anni ’60 ricevette la livrea verde scuro. La sua carriera terminò prematuramente, poiché a seguito dei gravi danni subiti nel corso di un incendio (1972) fu accantonata. Restaurata esteticamente nel 1984, fu riverniciata nella livrea originale ed esposta al Museo dei Trasporti di Lucerna.
Dalla Ae 8/14 discese la Ae 4/6, che era essenzialmente equivalente ad una semicassa della 8/14 con ruota centrale rimossa. Costruita in soli 12 esemplari, operò sul Gottardo. Non ne rimane nessuna, ma una NS 1000 olandese (che è sostanzialmente la stessa macchina) è preservata al Museo Ferroviario di Utrecht.
I progressi sui sistemi di comando multiplo delle motrici però posero fine agli esperimenti di mostri monolitici di potenza, e per risolvere i problemi di potenza si riprese ad utilizzare macchine più tradizionali in doppia o triple trazione.
Ae 4/7 in tripla trazione sul Gottardo – Foto SBB Historic
Tuttavia, ancora negli anni ’60 vi fu un esperimento di accoppiamento stabile di motrici, che questa volta non interessava il Gottardo ma il Lötschberg: BLS accoppiò permanentemente delle coppie di Ae 4/4 (le progenitrici delle Re 4/4) per ottenere le Ae 8/8 da 6475 kW. Queste, realizzate tra il 1959 al 1966 in cinque esemplari, restarono in servizio a lungo. Una fu recentemente utilizzata nei lavori di costruzione del nuovo tunnel del Lötschberg, ed un’altra è incorporata nel parco storico svizzero.
Sempre nel parco SBB Historic é conservata (e movimentata almeno una volta al mese) la più vecchia delle Ae 8/14, la 11801. Varie belle foto la documentano, tra cui quelle su www.rrpicturearchives.net.
Rimandiamo a delle interessanti pagine su marklinfan per dettagli ulteriori su:
Diamo ora un’occhiata ai modelli in scala N delle “doppie” e delle altre macchine di cui abbiamo parlato. Come vedremo, in questa produzione di nicchia la fanno da padrone Fulgurex e Lemaco, i cui modelli in metallo sono molto curati e piuttosto cari.
La Ae 3/6 era stata messa a catalogo Hobbytrain in versione I con il numero 11361, ma pare non sia mai giunta in produzione, mentre invece stata realizzata sia da Lemaco (N.023) che da Fulgurex (nel 2003, cat. 1148), e più di recente (2014) da Piko in verde, modello destinato solo al mercato svizzero (art. 94001), e, per tutti i mercati, anche in versione marrone (art. 40320).
La Ae 4/7 è stata prodotta da Hag (nel ’96, art.800 e poi nuovamente a partire dal 2005 in 4 versioni: cat. 800, 802, 804, 806) e da Fulgurex (cat. 4202, tre versioni). La Ae 4/7 non vestì mai livrea marrone. Una versione a un pantografo è realizzata anche da Wabu (art. 009.002).
Ae 4/7, HAG n.800
Ae 4/7, Fulgurex n.4202-1
La Be 4/7 è a catalogo Lemaco, in 4 diverse versioni e in livree verde e marrone
La Ae 8/14 11801 è stata prodotta da Fulgurex (art. 4207), da Minitrix (con vari numeri di catalogo: 12426 e 12713 – versione “fine Art” in metallo).
Ae 8-14 SBB Fulgurex 4207, dalla Collezione Peruzzi
Minitrix 12426 – Ae 8/14 11801
Minitrix 12426 – Ae 8/14 11801 – dettaglio del rodiggio
Minitrix 12426 – Ae 8/14 11801 – dettaglio di una semimotrice
Minitrix 12426 – Ae 8/14 11801 – dettaglio della seconda semimotrice
La Ae 8/14 11851 è stata realizzata da Hackh sia in versione originale pre-incidente (art. Tf.7) che in versione post-ricostruzione, quest’ultima in livrea verde chiaro (art. Tf5) e verde scuro (art. Tf6).
Pubblicato il 5 ottobre 2013, ultima modifica il 6 ottobre 2013
Un tempo le fiere erano in momento dei grandi annunci di novità, perché erano il momento primario di comunicazione. La stampa specializzata incontrava i produttori, e dava poi eco e rilievo nelle pubblicazioni specialistiche agli annunci. Tra le tante cose, Internet ha un po’ alla volta cambiato anche questo. E’ molto più facile ora per i produttori comunicare direttamente con i potenziali acquirenti, e i siti specializzati (forum e simili) giocano il ruolo che una volta era riservata alla stampa specialistica, dando in più anche voce ai consumatori. E’ pertanto ormai assai raro che ad una fiera vi siano grandi sorprese.
Pare che Novegro Hobby Model Expo 2013 non abbia fatto eccezione. Qualche novità c’era, certo, ma in sostanza, come già era avvenuto a quest’anno Verona, la sensazione è di “deja vu”. Io non c’ero, ma dai vari forum mi sono fatto un’idea di quel che si è visto per quanto riguarda la scala N. Lo riassumo qui (ma solo per i modelli che riguardano i binari italiani). E probabile che vi siano omissioni ed errori: me ne scuso in anticipo e sarò ben felice di integrare o correggere a valle di eventuali segnalazioni.
Si è potuto vedere il GTW 6/2 in livrea Val Venosta di Piko – e fa piacere che anche questa casa tedesca offra un modello italiano interessante anche se di una ferrovia per molti marginale. Per quel che si può giudicare dalle foto e dai video (si veda quello di Gianni Monesi, a partire dal min 3:22), il modello è davvero bello,e la marcia è precisa e molto silenziosa. In Italia è distribuito da Corel. Il prezzo a listino in Italia è di 249 € (a quanto mi dice Susanna Warger, mentre sul sito Piko.de risulta di 240 €). Su Internet si trova a prezzi più un po’ inferiori (per esempio Tecnomodel lo vende a 229 € con consegna gratuita). Su siti tedeschi si possono spuntare prezzi un tantino più bassi (vedi commenti al post), bisogna poi vedere le spese di spedizione.
Il GTW 6-2 della Val Venosta prodotto da Piko in scala N – disponibile da ottobre 2013
Il GTW 2/6 Venostano “in carne e ossa” – Foto @ Massimo Tironi dal forum Nparty
Rocky Rail ha presentato la sua serie di carri Sggmrss T a sei assi caricati con due rimorchi di autosnodati delle versioni particolarmente interessanti per l’Italia: Ambrogio, Fercam, Arcese e LKW Walter (gli ultimi due frequentissimi sulla linea del Brennero: vi transitano treni interi monocolore, specie di LKW Walter). Un po’ cari in verità: 50€ a carro. Ricordiamo che Rocky Rail aveva già i Sggmrss 90 e i Sggrss 80 caricati con containers: anche tra questi ve ne erano alcuni “italiani”: Ambrogio e Fercam tra i 90 e Italia tra gli 80.
Pi.r.a.t.a. ha iniziato la commercializzazione delle carrozze Mistral 69 che in Italia circolavano nel Cisalpin di cui abbiamo parlato di recente. Ha mostrato anche le GC XMPR (già viste a Verona) finalmente davvero disponibili… e già esaurite! Varie foto delle vetrine di Pirata sono visibili sulla loro pagina facebook.
Euromodell FP ha presentato un Frecciarossa di 9 elementi elaborato a partire da una base Newray + DelPrado. Come sempre per i modelli di Bodo, non è per tutte le tasche…
Frecciarossa di Euromodell FP – foto Christian Cicognani dal forum ASN
Nino Rizzo ha portato a termine il progetto del carro Vfaccs: le relative lastrine (disponibili all’Ennegozio) sono andate esaurite già nel primo giorno di fiera. Sono andati in cantiere altri due progetti: un primo tentativo di realizzare l’Ale 724 e il carro trasporto auto Pay: non il più recente DDM già realizzato da Nino, ma quello che aveva fatto, coi suoi limiti, la Lima negli anni ’60.
Produzione di Nino Rizzo Borrello: dal fondo in avanti l’Ale.724, il Pay, il Vfaccs.(in primo piano, ma non è una novità, il 668 1200 di Maldifassi) – Foto Paolo Pacini dal forum ASN
Peccato che chi ha messo l’Ale.724 in vetrina gli abbia appoggiato sopra il tetto incompleto: si sarebbero altrimenti visti gli interni completi con i sedili e le reticelle porta bagagli sopra, oltre al vano cabina AT e cabina di guida. Sull’imperiale vi sono, uno ad uno, i reostati di frenatura con relativa protezione .
Carro Pay di Nino Rizzo Borrello – Foto Paolo Pacini dal forum ASN
Il prototipo del Pay è già dotato di decals,ma deve ancora risolvere il problema dello snodo centrale. Nino, che ringrazio per le notizie di prima mano, mi dice che probabilmente per arrivare ad un modello funzionale e non da vetrina bisognerà accettare qualche compromesso estetico.
Carro Pay di Nino Rizzo Borrello – Foto Paolo Pacini dal forum ASN
Come sempre, Claudio “Pinturicchio” Bertoli mostrava le sue elaborate livree applicate prevalentemente a modelli commerciali.
Alcune realizzazioni di Claudio Bertoli nell vetrina ASN- foto Christian Cicognani.
L’Ennegozio ha iniziato a distribuire le decals di Maurizio Chivella, che permettono di trasformare le vecchie UIC-X Rivarossi grigio-ardesia in versioni più recenti (ci torneremo presto con un post dedicato).
UIC-X “revampizzata” DTR con le decals di Maurizio Chivella – foto sua
UIC-X “revampizzata” con le decals di Maurizio Chivella – foto sua
Dario Morciano ha presentato una D.146. Il costo dovrebbe aggirarsi attorno ai 400€
La D.146 di Morciano – Foto Antonio Rampini
Se il prezzo di questa vi spaventa, meglio non guardare nemmeno la prossima: una nuova creatura della premiata gioelleria Euromodell FP. Una sbirciatina però… nientemeno che la Gr.743 con i suoi tipici preriscaldatori su entrambe le fiancate e i fumaioli sopra di essi!
La bellissima Gr.743 di Euromodell FP – foto di Antonio Rampini
Ci sono state alcune preview: una era la Camilla di N-Kit, ne abbiamo parlato di recente.
La Camilla di N-Kit, quasi definitiva – Foto Paolo Pacini dal forum ASN
L’altra è la chiacchieratissima e attesissima E.626 di Safer, della quale non si sa ancora con certezza la data di produzione. Non è ancora giunta la versione definitiva, che pare verrà commercializzata da un nuovo consorzio (N-Next) fatto da Uteca, Safer e Mondotreni e che presto dovrebbe avere un sito web. Nello stand Uteca c’era un cartello che ne dichiarava la consegna prevista “Primavera 2014”. A Verona dunque? Nelle intenzioni poi, N-Next dovrebbe, dopo la E.626, proseguire con il convoglio completo delle ALe 601. Ma non facciamo illazioni: di concreto c’era il prototipo, visibile e tangibile, e quello mostriamo. Era ancora senza decals, senza finestre, e con dei bei pantografi “giusti”, anche se ancora senza striscianti e solo appoggiati sull’imperiale.
Imperiale della E.626 Safer. Si possono notare i pantografi Tipo 32 FS. Foto Massimo Tironi
E.626 Safer, prototipo quasi finale. Vista delle due fiancate. Foto Massimo Tironi
E.626 Safer, prototipo quasi finale. Foto Massimo Tironi
Come sempre poi la fiera è stata l’occasione di socializzazione sociali inter- e intra-associativa. I forum documentano quasi più le mangiate che i treni, o almeno la competizione è forte! E’ poi anche occasione per mostrare e giocare con i modulari – sempre più ricchi e belli. Servono anche come propaganda della scala N, perché attirano molto la curiosità del pubblico. Pare che su questo fronte entrambe le associazioni abbiano fatto centro. Alle leve più giovani è poi piaciuto moltissimo vedere, sul modulare digitale di N-Party, i treni pilotati dai telefonini e dai tablet: forse proprio da questa combinazione tecnologica potrebbe favorire la nascita qualche nuova passione tra i “nativi digitali”. Vedremo.
Molto successo ha avuto anche l’iniziativa “ASN Clinics”: workshop e seminari di modellismo svolti sabato e domenica in una sala costruita a fianco dello stand ASN, e rivolti ai modellisti di tutte le età, in primis ai neofiti.
Un ringraziamento speciale a tutti coloro (Massimo Tironi, Paolo Pacini, Fabio Mazzucchelli, Christian Cicognani, Gianni Monesi, Maurizio Chivella, Antonio Rampini) che, postando delle foto sul forum NParty o su quello ASN, hanno reso possibile questo post.
Il GTW 6-2 della Val Venosta prodotto da Piko in scala N – disponibile da ottobre 2013
Il GTW 6-2 Piko è presentato in una review su digitalworldtrain (anche se nella livrea Veolia), che ne parla molto bene: è interamente in metallo, ha una doppia motorizzazione. Ne critica solo il connettore Plux-12 per la digitalizzazione, che però rende possibile di pilotare separatamente illuminazione interna e fari. Non è la prima realizzazione in scala N del treno di Malles. Lo aveva realizzzato artigianalmente in 20 esemplari numerati Helmuth Schwinghammer diFine Scale München, e in due diverse livree, ma a un prezzo decisamente superiore ai 240€ del listino Piko per la versione analogica (a dicembre 2013 lo si trovava su ebay al prezzo d’asta base di 550 Euro).
Il GTW 2-6 venostano in scala N in due livree, da Fine Scale München
Il GTW di Helmuth Schwinghammer con certificato numerato.
La realizzazione di Piko ha un alto valore simbolico: una casa rinata dalle sue ceneri produce il modello di una ferrovia anch’essa resuscitata dalla morte, e ci dà lo spunto per parlare proprio della singolare storia di questa emblematica ferrovia: la Malles-Merano (ma il GTW 2-6 estende alcune delle sue corse fino alla stazione di Bolzano).
La storia della Ferrovia della Val Venosta: K.K.st.B. e FFSS
Quando, nel 1991 le linea Merano-Malles, considerata “ramo secco” da parte delle FS, venne chiusa, pochi rimpiansero il treno, sostituito da servizi stradali. Le tratta era stata inaugurata il 1 luglio 1906 come prosecuzione della Bolzano Merano, e nella prospettiva di connessione con Landeck (progetto che avrebbe richiesto un percorso a cremagliera e tornanti oltre il passo Resia) per completare un percorso Basilea-Coira-Venezia. La tratta oltre Malles non venne però mai realizzata.
Inaugurazione della Merano Malles – 1 luglio 1906 – una 178 imbandierata apre la ferrovia – dalla tesi di Fabio Lamanna – in origine da Danieli, Ezio, Seconda Classe, Bolzano 1978
A inizio secolo i quattro treni giornalieri che percorrevano la valle ci mettevano quattro ore a percorrere i 60 Km, trainati dalle locotender K.K.st.B. classe 294 e 178 (rodiggio rispettivamente C e D) e poi dalle più potenti classe 199, 180 e 170 (rodiggio 1C, E e 1E). Pochi anni dopo l’inaugurazione, scoppiò la Grande Guerra, e la ferrovia divenne un utile e importante strumento per le armate imperiali. Al termine del conflitto la Val Venosta divenne terra italiana, e le macchine furono incorporate dalle FS, inquadrate rispettivamente nei gruppi 899, 893, 877, 477 e 729. Ne parliamo più estesamente altrove. Tra queste furono relativamente longeve le 877, che resistettero almeno fino al 1934 – anno di elettrificazione (in trifase) della Bolzano-Merano. Nel 1938 risultavano comunque già radiate. Le 893 vissero ancora più a lungo – l’ultima fu radiata nel 1958. Un paio di 899 ebbero vita perfino più lunga, ma lontano dalla terra venostana. Tutte le altre a partire da metà degli anni ’20 vennero progressivamente sostituite dalla nuove Gr.740 assegnate ai depositi di Merano e Bolzano.
Gr.740.038 con 4 centoporte + bagagliaio a Bolzano per i 125 anni della Ferrovia Bolzano-Merano (15.10.2006) . Foto Mauro da modelleisenbahn.blogspot.it
Quando nel 1934 si procedette alla elettrificazione si scelse di limitare la stessa ai primi 30 Km (Bolzano-Merano) e non alla successiva tratta, di lunghezza doppia, fino a Malles. anche se il traffico era un po’ aumentato, e oltre alla movimentazione passeggeri (essenzialmente locale) due coppie di merci presero a circolare quotidianamente, integrati quando necessario da treni speciale e composizioni miste.
Il traffico merci aumentò ulteriormente nel dopoguerra, fino alla circolazione di circa 200 cari giornalieri per soddisfare le necessità legate alla costruzione di nuovi impianti idroelettrici, il cui traffico si aggiungeva al classico trasporto di ortofrutta, legname, bestiame e dei marmi di Lasa. Venivano effettuati anche convogli per trasporti militari, per le esercitazioni che si svolgevano nella valle.
Sul finire degli anni ’50, con la fine dei lavori di costruzione delle centrali, il traffico merci prese a calare progressivamente, ed il poco traffico merci residuo fu affidato a macchine Diesel, prevalentemente della D.345.
Anche i convogli passeggeri abbandonarono la trazione a vapore a fine anni ’50. Il traffico limitato poteva esssere soddisfatto da delle ALn 56 e 556 Breda, che avevano anche il vantaggio di non dover girare il convoglio a termine corsa. I molti Alpini in servizio di leva a Malles e la usavano per andare e tornare dalle licenze la chiamavano “la bionda”.
Fin dal 1961 si erano fatte le prime ipotesi di chiusura della linea. Le FS non dovevano credere troppo nelle possibilità di tenerla in vita, e ridussero progressivamente gli interventi manutentivi al minimo indispensabile. Questo comportò nel tempo un drastico peggioramento delle condizioni della linea: in quasi tutte le stazioni la velocità massima sugli scambi fu limitata a 30 Km/h sul tracciato corretto, e 10 km/h in deviata! Considerando che c’era in media una stazione ogni tre Km circa, si faceva prima a cavallo… Il ciclo a feedback negativo si avvitò su se stesso: peggiore efficienza – meno passeggeri e merci – meno introiti – meno investimenti – peggioramento ulteriore dell’efficienza… Il 9 giugno ’90 la ferrovia venne dismessa, nonostante le proteste di un gruppo di residenti.
La storia della Ferrovia della Val Venosta sembrava identica a quella di tutti i rami secchi italiani e non. Solo dieci anni dopo l’Unione Europea averbbe solennemente proclamato “Risulta necessario che le misure specifiche tengano in maggiore considerazione le realtà regionali, in particolare le ferrovie secondarie, esposte in molti paesi al rischio di sparire in quanto non competitive. Dette linee devono essere valorizzate tenendo conto di una possibile utilizzazione di tipo turistico e per sfruttare le possibilità esistenti” (Direttiva 91/440/CEE, emendamento 21 del 8/6/2000, presentato da Camilo Nogueira Roman). Stalla chiusa a buoi scappati: Val di Fiemme, Val Gardena, Alta Anaunia, Lana-Postal. Transatesina, Brunico-Campo Tures, Dobbiaco-Cortina, Rovereto-Arco-Riva e Val Venosta nel solo Trentino-Alto Adige…
Così come in certi film, quando tutto sembra ormai perduto, arrivano “i nostri”, nel caso della Venosta avvenne un caso davvero raro: 14 anni dopo, nella data simbolica 5/5/5, la linea venne riaperta ad opera della Provincia Autonoma di Bolzano. Non che vi fosse un coro di approvazione… molti pensarono ad un azzardo. e che gli albergatori temevano, pare, che i clienti potessero essere disturbati dallo sferragliare dei convogli!
La Provincia però era convinta e decisa, ed era andata andò dritta per la sua strada, scommettendo sul fatto che una ferrovia efficiente in un ambiente caratterizzato da un bel paesaggio con una interessante presenza di castelli, piacevoli paesini sul fondovalle e dotato di una bella ciclabile avrebbe supportato le esigenze dei turisti, e sarebbe esse stessa divenuta una attrazione turistica.
Val Venosta: Treni e Castelli
Il rifacimento, progettato e curato dalla STA spa di Bolzano, è stato caratterizzato da una particolare attenzione culturale e ambientalistica. Italo Cremasco, nel suo interessantissimo scritto “Modello di riferimento per il ripristino dell ferrovia Mantova-Peschiera“, mostra ad esempio come si sia arrivati a posizionare a destra un segnale per evitare di abbattere un bel noce che, cresciuto sulla sinistra del binario, avrebbe impedito la visibilità di un segnale posizionato in modo standard. La cura posta nell’operazione di recupero si nota anche nei fabbricati viaggiatori, ristrutturati nel rispetto dello stile originale ad opera dei comuni, sotto la guida della Ripartizione dei Beni Culturali della Provincia, ed arredati con mobilio in stile tirolese.
L’operazione di ripristino della ferrovia ha comportato:
Interventi infrastrutturali:
il rifacimento e l’innalzamento di tutti i marciapiedi di stazioni e fermati, portati a quota 55 sul piano del ferro, e l’installazione di pensiline prefabbricate; successivamente (2010) si è provveduto alla installazione di pannelli solari sulle pensiline e dei tetti delle stazioni ferroviarie;
la realizzazione di parcheggi di interscambio nelle vecchie aree merci dele stazioni, e del già citato piazzale di interscambio a Malles;
la ristrutturazione di Rimessa locomotive e Deposito di Malles;
il risanamento o rifacimento dei ponti, ed il risanamento di tre gallerie;
piccole rettifche di tracciato ove questo consentiva un innalzamento di velocità;
soppressione della maggior parte dei passaggi a livello (54 degli 85 precedentemente esistenti), ed in particolare di tutti quelli in consegna agli utenti)
rifacimento dell’armamento, con l’introduzione di traverse in acciaio a Y nelle curve con raggio inferiore ai 300 m.
Acquisizione di nuovi rotabili (ne parliamo sotto)
Traversine metalliche a Y usate nelle curve a raggio stretto
Interventi logistico-organizzativi:
rimodulazione dei servizi di trasporto su gomma, con abolizione del servizio longitudinale Merano-Malles e razionalizzazione del trasporto locale, secondo un modello a pettine (bus in coincidenza con i treni effettuano servizio su direttive perpendicolari alla ferrovia, per esempio servendo le valli laterali o i paesi vicini ad ciascuna stazione – ovviamente in un modello tariffario integrato);
riconversione del personale dei bus, abilitandoli anche al servizio ferroviario così da poter scambiare i ruoli secondo necessità;
creazione di punti-noleggio biciclette per cicloturisti che possono prelevare le bici in una stazione e riconsegnarle in un altra.
Bus e Treno si incontrano alla stazione di Coldrano per un collegamento a pettine. Foto da wikimedia
Interventi di automazione della linea, e di centralizzazione del suo controllo:
creazione di una sede di controllo centralizzata posta a Merano, ove il Dirigente Centrale Operativo gestisce l’intero traffico grazie ad un Apparato Centrale Computerizzato realizzato da Ansaldo Segnalamento Ferroviario e che comanda blocco automatico, gestione dei passaggi a livello, impianto di telecomando/telecontrollo.
predisposizione dell’apparato di bordo del treno che verifica, istante per istante, che lo stesso non superi la velocità consentita dalla linea, ed in caso contrario interviene frenando automaticamente. Il macchinista ha a bordo tutte le informazioni necessarie alla guida, tanto che il tradizionale sistema di segnalazione sarebbe superfluo: viene però mantenuto per permettere la circolazione di rotabili di altre aziende, come ad esempio i treni storici.
L’operazione, fondata sull’uso di tecnologie di avanguardia, risultò un successo. La “nuova Venosta” ricalca fedelmente il tracciato della vecchia lungo il percorso di 60 Km a binario unico di rango C (con velocità massima di 100 e di 70 Km/h – a parte un unico breve tratto con limitazione ai 60). La ferrovia, con una pendenza massima del 28 per mille risale la prima parte della valle percorsa dal fiume Adige (la cui valle cambia nome più volte: Val Venosta fino a Merano, Val d’Adige da Merano all’altezza di Castel Beseno, poco a sud di Trento e quindi Vallagarina fino a Verona). Passa di 260 m.s.l.m. di Merano ai 1050 di Malles. Ha varie curve con raggio di 275 m (inferiori ai 300 m minimi previsti in Italia, e derivanti dall’origine austriaca del tracciato). Lungo il percorso vi sono 8 stazioni ove possono avvenire gli incroci e 11 fermate.
Tracciato della Ferrovia della Val Venosta – autore Friedrichstrasse da wikimedia
Due delle stazioni (Tel e Senales) sono adibite solo ad incroci ma non al servizio passeggeri. I due binari di circolazione delle stazioni sono atti all’ingresso simultaneo di due treni in direzione opposta, essendo dotate di tronchini di salvamento in entrambe le direzioni: in caso di sconfinamento di un convoglio oltre il segnale di partenza con via impedita, il treno viene indirizzato sul tronchino evitando così la collisione frontale con uno proveniente in senso opposto. Lo schema delle stazioni intermedie è standard, con la sola eccezione di Silandro che presenta tre binari di circolazione, e sembra una classica stazione da plastico ferromodellistico.
Schema di una tipica stazione della ferrovia della Val Venosta, da Italo Cremasco, op.cit.
La possibilità che due treni entrino in stazione simultaneamente richiede anche la presenza di un sottopasso pedonale, o in sua assenza di un sistema di protezione: in sostanza un passaggio a livello pedonale a barriere, la cui presenza può essere notata nello schema mostrato. Tale dispositivo è in effetti presente nelle stazioni di Marlengo, Lasa e Spondigna (Laces e Silandro hanno invece dei sottopassi pedonali).
Passaggio a livello pedonale alla stazione di Marlengo, foto da clubtrenibrianza
Malles è la stazione terminale del percorso, ed è quindi di testa. E’ l’unica stazione dotata di segnalamento di manovra, pilotabile in locale o dal posto di controllo centrale, ed è ancora dotata di una bellissima stella di inversione per le locomotive a vapore, tuttora utilizzata nel caso di treni storici. Vi è un piazzale di interscambio Treno-Bus, con collegamenti biorari che passano il confine svizzero attraverso la meravigliosa Val Monastero (ove si trova un convento dei Benedettini, sito del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO) e scavalcando il Pass dal Fuorn permettono di raggiungere la stazione di Zernez ove passa la Ferrovia Retica (Rhätische Bahn).
Il seguente video permette di percorrere parte della valle nella cabina di guida.
Come da direttiva europea, infrastruttura e agente di trasporto sono separati: concessionario per l’esercizio dell’infrastruttura è la SBA , e quello per il trasporto è la SAD ( Società Autobus Alto Adige SpA – Südtiroler Autobus Dienst AG, ex Società Autolinee Dolomitiche) che a dispetto del nome gestisce treni su tutto il territorio provinciale (inclusa la storica Ferrovia del Renon, la Funicolare della Mendola e due funivie).
Il parco rotabili è costituito di 12 automotrici Diesel Stadler GTW 2-6 di produzione svizzera. Originariamente erano previsti 8 convogli, ma il successo riscontrato ha richiesto un aumento del parco. Una automotrice è però andata distrutta nell’incredibile incidente del 12/4/10: la rottura di un condotto di irrigazione agricola fradiciò il terreno fino a provocare una frana che avvenne proprio mentre passava il treno. Fosse avvenuta pochi istanti dopo, il convoglio sarebbe passato indenne, mentre se fosse capitata solo poco prima i sistemi di monitoraggio l’avrebbero rilevata bloccando il traffico. Il grave bilancio parla di 9 morti e 28 feriti.
A parte questo tragico e sfortunato caso, ed un incidente minore dovuto ad un surriscaldamento con uscita di fumo che portò al fermo del convoglio senza però danni alle persone, l’esperienza venostana è ampiamente positiva. I GTW sono stati successivamente acquisiti anche da altre compagnie ferroviarie italiane, e ne parleremo prima o poi in un altro articolo.
Una questione riguardante questi convogli è la limitata capacità di trasporto di biciclette (nei periodi di punta largamente inferiore alla richiesta!). La soluzione basata su carri appositi trainati fu scartata a causa dei tempi per le manovre di riposizionamento degli stessi a capolinea, incompatibili con il cadenzamento stretto delle corse. La soluzione fu quella già citata, ovvero dare la possibilità di noleggiare le bici senza vincolo di restituzione nel luogo di origine (e recentemente esteso anche a bici elettriche).
GTW 6-2 della SAD. Foto dal sito della Stadler.
Dalla ristrutturazione in poi il traffico merci non viene più effettuato, nonostante la Val Venosta sia percorsa da un considerevole numero di mezzi pesanti. Nelle ore diurne sarebbe incompatibile con l’esercizio viaggiatori, che usa intensivamente le tracce disponibili. Nella fascia notturna sarebbe teoricamente possibile, purché il traffico giustifichi il presenziamento notturno del Posto di Controllo Centrale. Le potenzialità potrebbero forse esserci, così come c’erano un tempo: i consorzi agrari producono grandi quantità di mele, e la cava di marmo di Lasa, posta in quota, porta i blocchi di marmo fino alla stazione di Lasa tramite una funicolare e due tratti ferroviari (Ferrovia Marmifera di Lasa): una volta i blocchi di marmo venivano poi caricati sui treni, ma dalla dismissione della linea da parte delle FS furono caricati su camion.
Le prospettive
Quando i GTW furono scelti per la Venosta, vi furono polemiche legate al loro prezzo – superiore a quello di possibili concorrenti. In realtà, ancora una volta, la Provincia Autonoma aveva mostrato lungimiranza. L’immediata elettrificazione della linea avrebbe comportato un aumento di costi che rendeva la scommessa fatta ancor più rischiosa, ma non si vollero escludere possibili evoluzioni future in quella direzione. Tra i vincoli nelle specifiche per i rotabili fu quindi aggiunta la clausola che prevedeva la possibilità di una possibile conversione futura degli stessi. I GTW soddisfacevano questa richiesta: il motore è alloggiato nel piccolo modulo centrale, chiamato “Power Pack”. La sostituzione dello stesso permette la conversione delle unità da diesel a elettriche.
Nel 2010, a successo dell’operazione ampiamente consolidato, fu ipotizzata l’elettrificazione della linea, in parte per ragioni economiche (il prezzo dei carburanti fossili si era impennato) e in parte per ragioni ecologiche (riduzione delle emissioni, utilizzando energia elettrica “pulita” prodotta localmente). La discussione non durò moltissimo, e a maggio 2013 il Consiglio Provinciale ha deliberato l’elettrificazione della Merano-Malles. Nel 2015 dalle parole si é passati ai fatti: buona parte dei lavori preparatori è già stata completata, e dalla primavera 2016 inizieranno una serie di lavori che riguarderanno, oltre all’installazione della linea aerea, la realizzazione di sottopassi pedo-ciclabili in alcune stazioni e l’allungamento dei marciapiedi. Quest’ultimo si rende necessario per ospitare i nuovi convogli che verranno acquistati: dei FLIRT come quelli già in possesso della SAD per il traffico verso la Val Pusteria. I nuovi FLIRT saranno tritensione, in grado di circolare sulle linee austriache e italiane convenzionali, ma anche a 25 KV, 50 Hz che sarò la tensione di esercizio per la Venosta. I convogli saranno anche dotati del sistema di segnalazione e protezione del treno ETCS.
Un FLIRT SAD 170, già oggi bitensione, impegnato in una corsa di prova in terra austriaca (come si può notare dalla linea aerea). Immagine Ufficio stampa Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige – febbraio 2014
La complessità dei lavori richiederà per due volte un’interruzione di alcune settimane del traffico ferroviario, presumibilmente nel 2017 e 2019. Dal 2020 dunque dovrebbe essere possibile avere un orario cadenzato sulla base di 30 minuti, con interconnessioni dirette tra Malles e Bolzano.
Contemporaneamente, é rinato l’interesse per la prosecuzione della Ferrovia della Val Venosta fino all’Austria, dove a Landeck si congiungerebbe con la Arlbergbahn (Innsbruck-Bludenz-Zurigo). Si tratta di una riesumazione del vecchio progetto della Reschen Scheideck Bahn (Ferrovia di Resia) del 1891, riprogettato tra il 1907 ed il 1909 e i cui lavori, effettivamente iniziati nella primavera del 1918, furono bruscamente interrotti nell’autunno con la capitolazione dell’Impero Austro-Ungarico (su www.bahnarchiv.net se ne vedono alcune immagini d’epoca).
Il vecchio progetto della ferrovia del Resia: parte nord
Il vecchio progetto della ferrovia del Resia: parte centrale
Il vecchio progetto della ferrovia del Resia: parte sud
Insomma, la storia della Venosta è una storia ferroviaria interessante e a lieto fine. Grazie a Piko, presto gli appassionati di scala N potranno riviverne dei momenti sui loro plastici.
Approfondimenti sulla ferrovia della Val Venosta sono disponibili in rete con:
Pubblicato il 20 ottobre 2012, ultima modifica 10 aprile 2019
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Da un paio di anni Fleischmann ha rimesso in produzione la Gr.460, versione italianizzata della Br.55 in scala N. Recentemente ne è stato venduto un lotto su eBay a prezzi davvero ragionevoli (molto meno dei 209 Euro del prezzo di catalogo all’uscita…), e molti modellisti hanno approfittato per acquistarne una. E’ quindi il caso che ne riassumiamo qui un poco la storia.
Le locomotive a vapore del gruppo 460 sono locomotive con tender per servizio merci pesante, a 2 cilindri a semplice espansione e a vapore surriscaldato, a 4 assi motori accoppiati di costruzione tedesca. Si tratta di G8¹ Prussiane, progettate negli anni ’10 in Germania e realizzate in oltre 5.000 unità (un numero impressionante!) consegnate tra il 1913 e il 1921. Queste derivavano dalla precedente G8, che aveva lo stesso rodiggio (0-4-0), lo stesso tipo di caldaia e seguiva lo schema tipico delle locomotive di scuola prussiana dalla costruzione massiccia e di elevato peso assiale, di grandi prestazioni ed eccellente affidabilità. In Germania assunsero la marcatura Br.55.25-57.
Schema della BR55 (da trainzitaliafoto)
Come sempre avviene, in serie così numerose si trovano diverse varianti. Ad esempio, la posizione ed il numero di duomi e sabbiere può cambiare. Su Trainzitaliafoto c’è una ricca rassegna di immagini della locomotiva tedesca, da cui ne selezioniamo alcune che mostrano diverse soluzioni per questi particolari così evidenti e caratteristici nelle loco a vapore. Anche il preriscaldatore Knorr (quella specie di serbatoio sulla fiancata, sopra il praticabile) si trova in diverse posizioni.
Br 55.2912 – configurazione di duomo e sabbiere analoga a quella delle Gr.460
Br55.5802 – sabbiera anteriore in posizione avanzata
Br55.3312 – configurazione con due duomi
Tra il 1934 e il 1941 691 macchine furono dotate di un ulteriore asse portante anteriore (ovviamente non accoppiato) con il risultato di diminuire sensibilmente il peso assiale e di poter elevare la velocità fino a 70 Km/h (dai 55 della versione originale). queste macchine furono riclassificate Br 56.1-8.
Br 56.2603, una delle Br55 modificate aggiungendo un asse anteriore
Notiamo inoltre che la Baureihe 55 comprende macchine di varia origine: oltre alle G8¹classificate come 55.25-58, vi sono le G7¹ (55. 001-660), le G72 (55 702–1412), le G8 (55.16–22) e varie macchine minori. Anche queste giunsero in Italia in conto riparazione danni bellici: le G7¹ e G72 furono classificate nel gruppo 421, mentre le G8 andarono a costituire il gruppo 422. Ne parliamo altrove in maggior dettaglio.
Ma torniamo alle versioni italiane della G8¹. A seguito del Trattato di Versailles al termine della prima guerra mondiale, 45 motrici pervennero in Italia, in conto riparazioni di guerra. Il gruppo di G8¹ in Italia fu denominato Gr.460. Le motrici furono immatricolate da 460.001 a 460.045. L’assenza di carrelli portanti anteriore e posteriore faceva sì che il loro peso assiale fosse elevato (17 tonnellate per asse), il che ne limitò fortemente l’utilizzazione sulle linee ferroviarie delle FS. Furono impiegate soprattutto nel Nord-Est (abbiamo trovato notizia dell’assegnazione ai depositi di Bologna e Venezia Mestre, non sappiamo se furono usate altrove).
Il motore era a due cilindri, a vapore surriscaldato e ad espansione semplice. La caldaia a 14 bar di pressione sviluppava la potenza di 1180 CV e montava un preriscaldatore d’acqua tipo Knorr. Le loro prestazioni erano elevate e vicine a quelle delle locomotive italiane dell’epoca a 5 assi accoppiati tipo Gruppo 471. A partire dal 1927 la caldaia venne sostituita con un tipo unificato FS per ragione di approvvigionamento e razionalizzazione.
Sul forum Marklinfan si trovano varie immagini storiche delle macchine italiane, e le riportiamo qui. Particolarmente ricca la documentazione della 025.
La Gr.460.025 ripresa nel deposito locomotive di Mestre nel giugno del 1957, nel suo ultimo periodo di servizio, foto FS tratta da Marklinfan.
Vista frontale della 025 a Borgo San Donnino (oggi Fidenza), nell’agosto del 1925, foto dall’Ing. Bruno Bonazzelli tratta da Marklinfan
Muso della 025, foto dall’Ing. Bruno Bonazzelli tratta da Marklinfan
Dettaglio della cabina della 025, foto dall’Ing. Bruno Bonazzelli tratta da Marklinfan
Tender della 025, foto dall’Ing. Bruno Bonazzelli tratta da Marklinfan
Oltre alla 025, in rete si trova anche una foto della 010, dall’Archivio Alinari
La 010 dall’Archivio Alinari, foto tratta da Marklinfan
Br 55 e Gr.460 nel modellismo.
Come varie macchine tedesche, la Br55.25-58 è stata realizzata in un ampia varietà di scale, che vanno dalla 1 alla Z. Le versioni italiane ci sono in H0 e in N. In H0 vi sono la 017 (Trix, art. TX22322.1 del 2019), la 025 (Piko e Trix), la 037 (Märklin e Trix, art. 22546) e la 043 (Märklin e Trix, art 22322). Vi sono varie versioni: ruote nere o rosse, con e senza bordino bianco, con numerazione sulla cabina tramite scritta bianca o targa rossa, invecchiata o meno. Alcune immagini sono su Marklinfan.
In N Fleischmann ha avuto a catalogo (n, 7153) per lungo tempo (1995-2007) una versione “internazionale” della Br55. La versione internazionale si distingueva per le ruote nere anzichè rosse, e per le decals che permettevano di trasformare la motrice in austriaca, francese, belga, italiana, turca…
Fleischmann 7153, versione internazionale con decals francesi applicate
Nel 2010 è stata messa a catalogo con il numero 715502 una versione FS con ruote rosse e scritte FS sulla cabina, come da foto del 1925 di Bonazzelli. Nella foto del 1957 invece si può notare come la scritta sulla cabina sia stata sostituita dalla classica targa. Il catalogo “novità” promette sempre più di quanto poi il catalogo effettivo non mantenga, e così Fleischmann aveva annunciato la Gr460 con questo disegno:
Disegno di come Fleischmann aveva promesso la realizzazione. Si notino le cerchiature bianche, la targhetta sotto il finestrino e le scritte sul tender. (Foto da 1zu160.de)
Peccato poi che la realizzazione non abbia mantenuto le promesse:
Che si tratti di una ennesima riedizione di un vecchio progetto lo si deduce anche dal fatto che non ha la slot NEM per il decoder, se si vuole digitalizzarla bisogna arrangiarsi a mano. Per fortuna su mtbk.de ci sono le istruzioni per digitalizzare la sorella Br55.25-58.
Ricordiamo che Maurizio Casini Ropa aveva realizzato una italianizzazione della Br55. Si notino i particolari dorati, le ruote con cerchio bianco (anche sul tender) e la targa sulla fiancata della cabina.
Gr.460 realizzata da MCR partendo da una Br55.25-58 Fleischmann