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Benvenuto su “Scalaenne – NOTE SPARSE” che ha per tema treni e ferrovie, specie italiane, e la loro modellazione in Scala N.

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Pubblicato il 18 marzo 2023

Al modellista spesso non interessano gran che gli aspetti ingegneristici dei rotabili, ma piuttosto le evoluzioni estetiche, ovvero ciò che l’occhio può cogliere, al fine di riprodurlo il più fedelmente possibile sul plastico o in vetrina. Esaminiamo qui da questo punto di vista l’evoluzione delle prime articolate FS: le E.636. Lo facciamo avvalendoci dei disegni pubblicati da Gigi Voltan in un post di quasi dieci anni fa sul forum Nparty, dove si possono trovare anche altri suoi illuminanti interventi. Con il suo permesso, riprendiamo qui il suo lavoro (e i suoi preziosi disegni), adattandoli un poco ed integrandoli con varie immagini reperite in rete. Ringraziamo quindi sia Gigi che i vari “fotografi” che hanno reso disponibili le loro opere tramite la Web.
Iniziamo con le motrici di 1^ serie, ovvero dalle motrici 001 – 108 costruite prima della guerra (1940-1942). Ne esaminiamo i cambiamenti di aspetto nel tempo.

E.636.001, Foto FS da leferrovie.it, lato corridoio

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Automotrici Bugatti

Pubblicato l’11 marzo 2023

Ettore Arco Isidoro Bugatti, classe 1881, milanese figlio e nipote di architetti, fratello di artista, con una zia amante di artista (il pittore Giovanni Segantini) scelse di non seguire la tradizione familiare, e di diventare invece ingegnere (anche se non con studi formali culminanti in una laurea).

A 17 anni aveva già costruito un triciclo motorizzato con il quale corse la Verona-Brescia-Mantova-Verona, e a 19 la sua prima automobile con la quale vinse un Gran Premio. Ancora minorenne (la maggior età era a quota 21), per continuare a costruire automobili si trasferì a lavorare da De Dietrich in Alsazia, allora tedesca (Elsaß). Dopo aver lavorato anche per la Deutz di Colonia, tornò in Alsazia dove, a 29 anni, fondò la sua fabbrica di automobili, che furono sempre assai veloci e/o assai lussuose. Ovvio quindi che quando si mise a progettare treni questi fossero caratterizzati, appunto, da velocità e lusso.

Bugatti: dall’automobile al treno

Ma perché un appassionato di auto veloci decise di mettersi a costruire treni?

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Verona 2023

Pubblicato il 6 marzo 2023

Eccoci ancora un volta a raccontare l’ultima edizione dello HobbyModel di Verona per quanto riguardo la parte ferroviaria.

Verona 2023

Dovessimo definire questa edizione, la chiameremmo “Figlia della crisi”. Gente ce ne era, anche se le attrazioni principali erano altrove (soprattutto nel padiglione del Lego), ma di segni negativi ve ne erano molti. Innanzitutto il padiglione che ci interessa, quello del fermodellismo, ci è parso molto meno “denso” del solito. Meno espositori e meno plastici.

Stazione di Pavia sul modulare ASN – si possono notare ampi spazi sullo sfondo, a testimonianza di una più “bassa densità” rispetto al passato del padiglione del fermodellismo.

Iniziamo dai plastici: nonostante la forte presenza di ASN, che si trova trovava in posizione centrale nel padiglione, agli ennisti non poteva non saltare all’occhio, con un certo dispiacere, l’assenza di NParty, che fino alla scorsa edizione aveva il pregio di attirare tanti bambini con la possibilità di pilotare i treni con il proprio smartphone (beh, diciamo quello del papà). ASN, oltre a giocare il suo solito ruolo, è riuscita a farne un po’ le veci, perché commutando ad un certo punto il proprio modulare da analogico a digitale permetteva di fare lo stesso tipo di operazione grazie ai telecomandi wireless predisposti da Roberto Bravin.

Un momento della “sessione DCC in corso” sul modulare ASN

Certo, NParty aveva più esperienza nel pubblicizzare la cosa con i passanti, così da avere una coda di attesa per avere il proprio turno da macchiNista. In ogni caso, l’assenza del modulare “fratello e rivale” di quello di ASN si è notata.

Anche nella scala maggiore ci è parso che diversi gruppi che in passato avevano una presenza individuale e marcata, quest’anno si siano accorpati con altri. Comunque entrando del padiglione la prima cosa che ci salta all’occhio è un bellissimo convoglio in H0 interamente composto di vetture Tipo 1921. Sarà che di questi tempi siamo particolarmente sensibili al tema, anche se la scala ci sembra sbagliata…

Due viste del convoglio di Tipo 1921 in H0

Molto evidenti, e forse cresciute, le scale davvero “grandi”  (G) che esibivano in stand diversi, delle splendide Big Boy e altre locomotive con sound e fumo, davvero notevoli.

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Pubblicato il 24 febbraio 2023

I finestrini delle ritirate delle carrozze italiane anteguerra, con il loro disegno a losanga, sono indimenticabili: le rendevano inconfondibili, pur nelle molte serie (1921, 1933, 1937, e tutte le “minori”) che si somigliavano tutte come stile e disegno, e sono familiari a chiunque abbia vissuto un’epoca FS fino ad almeno gli anni ’70.

Finestrino della ritirata sul nostro modello in scala N, ancora non rifinito e verniciato

Vetture di questo tipo sono state già prodotte in scala N, ma:

  • quelle di Fine Scale München erano in numero limitato e non proprio per tutte le tasche,
  • il montaggio delle bellissime lastrine di Alpenmodell non era da tutti,
  • le famose e abbastanza diffuse Tibidabo sono in realtà una sorta di via di mezzo tra le Tipo 1921 e le Tipo 1937 alle quali si ispiravano (una approssimazione accettabile a suo tempo ma oggi un po’ grossolana)
  • le belle Tipo 1937 realizzate da LoCo (Lorenzo Colli), pur se simili alle 1921, sono storicamente successive di tre lustri.

Questo ci aveva spinto a provare a realizzare in stampa 3D le “FS Tipo 1921“. E poi, c’è carenza di vetture italiane degli anni ’20 in scala N con le quali comporre convogli dell’epoca che non siano solo le “prede di guerra” di Fleischmann. Dunque i motivi per provare ad affrontare la realizzazione di queste vetture erano sufficienti.

Così presso lo stand ASN allo Hobbymodel di Verona del Marzo ’22 avevamo presentato il prototipo di una Az nel quale tutto, eccetto gli assali, era stampato in 3D.

Dalla Vetrina ASN allo Hobbymodel di Verona 2022: la Az 10000 Scalaenne

Il nostro prototipo di Az 10000 presentava però qualche problema da risolvere e varie cosette da affinare.

Cassa del prototipo della Az 10000 “scalaenne” verniciata per prova (il ricasco dell’imperiale dovrebbe essere castano, mancavano ancora i coprigiunti) – clicca sull’immagine per ingrandire.

Inoltre  il tempo trascorso da allora ci ha permesso di estendere il progetto, realizzando tutta la serie di vetture: non solo le Az 10000 ma anche le Bz 20000, ABz 50000, Cz 30000. Le accompagna il postale Uz 1300, e così si può comporre un bel convoglio completo.

La “nostra” Uz 1300 montata e verniciata da Filippo Vigarani, da facebook

Sono realizzazioni non commerciali che abbiamo fatto essenzialmente per noi stessi, ma ci siamo detti: perché non renderle disponibili agli amici che ne vorrebbero delle copia?

Così abbiamo esplorato varie strade, fino a giungere all’ipotesi di un kit da montare (davvero molto semplicemente) e verniciare. Dobbiamo rimarcare che si tratta di produzione hobbystica (ai sensi del D.Lgs. 114/98 effettuata in forma occasionale e non continuativa: “operatori non professionali che vendono, propongono, espongono, o barattano, in modo sporadico ed occasionale, prodotti di modico valore, per lo più opere della propria creatività o del proprio ingegno).

In questa nota presentiamo i vari aspetti di questi modelli e specifichiamo come chi fosse interessato può ottenerle.

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Pubblicato l’11 febbraio 2023

Nella prima parte abbiamo introdotto i timoni di allontanamento. Ora cerchiamo di approfondire, provando a calcolare di quanto occorre allungare il gancio, e per poi giungere a dimensionare un timone. I conti li eseguiamo per la scala N, ma ovviamente tutto questo può essere riportato per le altre scale modellistiche moltiplicando i valori che usiamo per un opportuno fattore dato rapporto tra le scale stesse: per la H0 tale fattore vale 1,84.

Faremo dei semplici calcoli usando della trigonometria elementare. Chi vuole può saltare questa breve trattazione e andare direttamente alle tabelle riassuntive dei risultati riportate al termine di questa nota.

Quanto deve essere l’allungamento del gancio in curva?

Questo dipende da tre fattori: il raggio R della circonferenza percorsa, la lunghezza L del rotabile ed un valore H legato alla sua larghezza.

Nel seguito schematizzeremo un rotabile considerandolo come il rettangolo rosso in figura, ovvero un rettangolo avente lunghezza L pari alla lunghezza fuori respingenti e larghezza H pari alla distanza tra i respingenti (poiché sono questi i punti di contatto tra due rotabili che ne determinano il posizionamento quando sono agganciati).

Schematizzazione di un rotabile ai nostri fini

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Pubblicato il 4 febbraio 2023

Di recente abbiamo parlato di treni leggeri, tipo A e asteriscati ed in un’altra nota di vetture a terrazzini, lasciando in sospeso un punto che intendiamo colmare ora.

Proprio per i treni leggeri (accelerati a composizione limitata) furono concepite nel 1933 delle vetture a terrazzini più lunghe di quelle di fine ‘800 e inizio ‘900. Furono realizzate in due tipi (CT 46.000 e BCDT 66.200), ed in numeri esigui: solo 10 per tipo.

Composizione minima “a terrazzini”con una ABDT 66.200 e due BT 46000 ad Assisi nel 2003 (treno storico). Foto Luca Catasta da ilportaledeitreni.it

Possiamo infatti quasi considerarle uno studio prototipale per le successive Tipo 1936, e probabilmente se non fosse per i terrazzini che le rendono così particolari sarebbero finite nell’oblio.

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Pubblicato il 28 gennaio 2023

Un classico problema nella modellazione di rotabili in scala è come ottenere un agganciamento realistico. Al vero, due rotabili agganciati hanno questo aspetto: i respingenti si toccano.

Agganciamento al vero

Nel modellismo invece, spesso accade questo:

Agganciamento in scala N

Perché succede, e come si può ovviare? E’ questo il tema di questa nota.

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Pubblicato il 14 gennaio 2023

La Ferrovia Retica aveva in uso automotrici sin dalla acquisizione della Ferrovia del Bernina, quando assieme alla ferrovia incorporò le BCe4 di cui abbiamo recentemente parlato, poi divenute ABe 4/4 I. L’uso delle BCe4 era limitato alla linea del Bernina, ed alcune, trasformate in bicorrente, alla Coira-Arosa, anche questa acquisita con i relativi rotabili (tra cui anche delle automotrici). Non era però pensabile di usarle sulla rete originaria della compagnia, la cosiddetta Stammnetz, nè adattarle come si era fatto per la Coira-Arosa. La Stammnetz infatti aveva alimentazione elettrica completamente diversa: non solo differente voltaggio (11.000 V), ma anche corrente alternata (16,7 Hz monofase) invece che continua.

Per la propria Stammnetz, la Ferrovia Retica (RhB) mise in servizio tra il 1939 e il 1940, quattro unità multiple elettriche del tipo BCe 4/4 con le numerazioni da 501 a 504, dall’aspetto decisamente moderno per l’epoca. Anche queste nel 1956 divennero ABe 4/4, ma senza il qualificatore I, II e III usato per le elettromotrici impiegate sulla linea del Bernina: sono invece note come ABe 4/4 serie 500, oppure come ABe 4/4 Stammnetz.

ABe 4/4 501 a Pontresina – Foto Christoph Hurni da flickr

Di esse ci occupiamo nella presente nota.

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Pubblicato il 7 gennaio 2023, ultima modifica 29 gennaio 2023

Di recente abbiamo parlato dell’Archimede, particolare convoglio diagnostico di Rete Ferroviaria Italiana, e ci eravamo ripromessi di esaminarne le riproduzioni modellistiche, cosa di cui ci occupiamo questa volta.

Archimede a Bolzano nel 2013 – Foto Mauro Crepaldi da trainsimsicilia.net

Siamo abituato a pensare che in scala H0 si trovi di tutto. Eppure curiosamente pare che nessun produttore, né industriale né artigianale, abbia prodotto questo particolare convoglio, anche se, specie nella scala maggiormente diffusa, si produce proprio di tutto. Ad esempio ACME si è presa la briga di modellare proprio la E.402.101 che differisce dalle sorelle per la presenza di 13 nervature sulle fiancate invece che 10 (sapevate che ci sono anche i “contanervature”?), ma non ne ha fatto la versione Archimede. Probabilmente hanno fatto i loro conti, e deciso che a fronte del gran numero di piccoli particolare da modificare o aggiungere a vari rotabili non c’era sufficiente mercato.

Chi vuole un Archimede in miniatura non dunque altra scelta che farlo da sé.

Dettaglio di una carrozza dell’Archimede autocostruita da Graziano Cucchi in scala N

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Pubblicato il 28 dicembre 2022 

Dedicato alla memoria di Pietro

Le carrozze a terrazzini hanno un innegabile fascino. Viaggiare all’aperto, guardando il paesaggio è una forma diversa, addirittura opposta al moderno trasporto nella pancia di un missile che si sposta rasoterra, spesso in galleria. Certo, il Frecciarossa o l’Italo che, facendo concorrenza all’aereo collegano in poche ore Roma e Milano e che riescono a rilanciare la ferrovia sono una gran cosa – e in fondo poi il mito della velocità è da sempre incarnato inscindibilmente nel ferro della locomotiva, simbolo di potenza, o in quello dell’ETR.200. Ma chi ama il viaggio, e non la destinazione, preferisce poterlo gustare. E allora nulla pare meglio di una vettura dotata di terrazzini alle estremità, appendici dalle quali assaporare il paesaggio.

Probabilmente le prime carrozze dotate di terrazzino in Italia furono due vetture del treno papale di Pio IX (costruito nel 1858, e che fu usato pochissimo).

Carrozza con cappella consacrata del treno di Pio IX, con bassorilievo in oro zecchino e  terrazzino di accesso – prima carrozza a carrelli in Italia

Pio IX affacciato alla carrozza “La balconata” del treno papale (anche questa con terrazzino di accesso) alla Stazione di Velletri l’11 maggio 1863, (fototipia Museo di Roma, Archivio Fotografico)

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