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Posts Tagged ‘Rivarossi’

Pubblicato il 13 aprile 2024

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Sabato 19 dicembre 1953 effettuò la sua prima corsa il direttissimo TS-ST, ovvero il convoglio che univa, in un percorso di 25 ore, Torino con Siracusa e viceversa. Quelle iniziali però evocarono un altro nome: Treno del Sole. Avrebbe corso per 57 anni, fino al dicembre 2011.

Nelle estati del 1996 e 1997 un nome quasi uguale (solo declinato al plurale) fu usato per un altro servizio: “I Treni del Sole”. Si trattava di un servizio charter organizzato dalla Regione Calabria che offriva il viaggio gratuito a mille turisti a settimana che avessero scelto di trascorrere almeno sette giorni in una struttura alberghiera della regione. Il convoglio partiva nelle mattine di sabato tra  giugno e settembre dal Nord Italia  per giungere a destinazione nella prima serata e ripartire per il viaggio inverso poi il giorno successivo.

Sul frontale del convoglio, di colore giallo, era impresso il logo “I Treni del Sole”. Una nota di blu sulla parte inferiore del frontale offriva una nota di contrasto.

ETR.500Y in livrea “I Treni del Sole” a Milano nel luglio 1997 – foto Giuseppe Sparacio da ilportaledeitreni

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Pubblicato il 30 marzo 2024

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Nel 1997 fece il suo esordio una versione Diesel del Pendolino Fiat: era l’ATR 410. I suoi primi passi li mosse in Piemonte, giungendo fino ad Aosta: la ferrovia da Chivasso al capoluogo Valdostano, non elettrificata, avrebbe potuto essere una delle tratte su cui impiegare il nuovo rotabile.

ATR 410 nel settembre 1998 ad Aosta – Foto Arturo Castellani da ilportaledeitreni.it

Questo però non andò oltre la fase di sperimentazione, ed in Italia di Pendolino Diesel non si parlò più, ma l’iniziativa ebbe un seguito, dato che nel 1992 un Pendolino Diesel (diverso da questo) fu adottato dalle tedesche DB: era il Br 610, di cui parleremo un’altra volta.

Ma vediamo ora la storia dell’ATR 410.

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Pubblicato il 3 febbraio 2023

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Qualche tempo fa discutemmo del rodiggio delle locomotive a vapore, con particolare riferimento alla classificazione delle locomotive italiane. Accennammo anche al fatto che negli USA, ma per estensione anche altrove, i diversi rodiggi fossero associati a dei nomi: per esempio anche da noi si parla delle 690 e 691 come delle “Pacific” italiane. I ferrovieri statunitensi usavano proprio tali nomi per distinguere le varie tipologie di locomotive. Elencammo i nomi più diffusi, abbastanza familiari anche ai modellisti italiani dato che i cataloghi Rivarossi li citavano.

Catalogo Rivarossi 1972/73, modelli in scala N: si presentano una “Pacific” e una “Mikado”

Riprendiamo il discorso, per listare in modo più esaustivo i vari nomi, e soprattutto per indagare sull’origine degli stessi.

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Pubblicato il 7 ottobre 2023, ultima modifica 7 maggio 2024

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Sul finire degli anni ’50 si poneva la questione della sostituzione delle motrici a vapore, che ormai avevano fatto il loro tempo. Per i convogli viaggiatori sulle linee elettrificate ormai si era imposta l’alimentazione in corrente continua a 3 kW, e vi erano state orami varie generazioni di motrici, dalle E.626 degli anni ’20 agli ultimi locomotori in arrivo, E.645 e E.646. Sulle linee non elettrificate iniziavano le sperimentazioni comparative tra macchine a trasmissione elettrica (D.341) ed idraulica (D.342).  Per le manovre negli scali restavano in servizio molte vaporiere, affiancate per quelle pesanti dalle motrici rimaste dalla guerra (le americane Ne.120 e le inglesi Ne.700). Le risorse per ordinare nuove motrici non erano molte, e quindi si pensò di provare  ad arrangiarsi. Un progetto sviluppato “in casa” (Ufficio Studi Locomotive elettriche del Servizio Materiale e Trazione delle FS) prevedeva di sfruttare telaio, sale, bielle di accoppiamento, boccole esterne e parte della timoniera del freno delle Gr.835 per generare delle motrici da manovra elettriche: era una soluzione che permetteva di contenere costi e tempi  acquisendo sul mercato le componenti elettriche (che furono commissionate a Tecnomasio Italiano Brown Boveri  – TIBB) da montare autonomamente, mentre la carrozzeria veniva realizzata in casa. Fu così che nelle Officine Grandi Riparazioni di Verona Porta Vescovo vennero costruite un buon numero di motrici da manovra elettriche: le E.321. Tra il 1960 e il 1964 ne fecero 40, numerate da 001 a 020 e da 101 a 120. A quelle di serie 100 poteva essere accoppiata rispettivamente una unità gemella, ma priva di cabine di guida. Queste ultime, costruite in numero di 20, furono immatricolate E.322 da 101 a 120.

E.321.101 + E.322.101 – Corsa di Prova a Verona – foto di autore sconosciuto

Questo permetteva di raddoppiare la potenza disponibile: ogni singola unità metteva a disposizione 190 kW di potenza continuativa, e una coppia di serie 100 offriva quindi 380 kW con trazione su sei assi.

E.321.117+E.322.117 presso il DL-Milano S.- nell’ottobre 1990 – Foto Giuliano Niccolai da ilportaledeitreni

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Pubblicato l’11 giugno 2022, ultima modifica 20 agosto 2022

Tra le motrici giunte in Italia con le truppe Alleate a partire dal 1943 e incorporate nel parco FS al termine del conflitto, alcune, come le Whitcomb 65DE14 (divenute Ne.120, poi D.143, note come “Truman”) ebbero vita lunga e restarono in servizio anche nel nuovo millennio (ne abbiamo parlato in una nota dedicata). Altre, come le Ne.700 ebbero vita più breve ma giunsero comunque a vivere gli anni ’80. Ovviamente più breve fu quella delle macchine a vapore, dato che l’intera categoria fu dismessa nel decennio precedente. Le 736, probabilmente le vaporiere più note e diffuse tra quelle lasciate dagli americani nella penisola, durarono fino ai primi anni ’60. Più effimere furono invece quelle inquadrate nel gruppo 831, anche se il record negativo resta ad appannaggio delle obsolete inglesine che costituirono il gruppo 293 (del quale parleremo un’altra volta – grazie a Orlando Rei per la puntualizzazione).

Una 831 accantonata a Livorno

Ma vediamo la storia delle 831.

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Pubblicato il 28 agosto 2021

Siamo stati di recente bonariamente “rimproverati” per non aver mai dedicato un articolo a Claudio Cestaro. Imperdonabile, vero, ma il problema è che è assi difficile trovare materiale in proposito. Comunque, con qualche aiutino, ce l’abbiamo fatta, ed ecco qui il (poco) che siamo in grado di raccontare.

Si tratta del primo artigiano della scala N italiana: un vero pioniere, che ha aperto la strada. Dimostrando che era possibile creare dei modelli a mano, ha ispirato chi è venuto dopo di lui, e quindi probabilmente l’intera comunità della scala N italiana gli deve molto. I produttori industriali, infatti, hanno sempre un po’ snobbato il mercato italiano, asfittico se confrontato con quello di oltralpe. Certo, Lima e Rivarossi avevano realizzato dei modelli italiani, ma poca cosa: E.424, E.444 (sia prototipo, Lima, che di serie, Rivarossi), e la D.341 (incomprensibilmente fatta da entrambi!). Poi le E.626 e Gr.835 di Tibidabo, qualche carrozza (accorciate le Lima), e qualche carro merci. Gli N-isti più audaci ritagliavano due E.424 per ottenere una articolata, ma ci volevano fegato e passione (ne aveva sicuramente Giovanni Muzio, al quale abbiamo dedicato una nota). ma se qualcuno avesse voluto comperarsi una articolata, così caratteristica delle ferrovie italiane? Beh, negli anni ’70, qualcosina si trovava: Riviermodel, Comfer. Ne abbiamo già accennato parlando dei pionieri della scala N italiana. Però si trattava di cose di non facile reperibilità, e soprattutto, senza facebook &C, non era neppure facile sapere che esistevano!. Ma ecco poi che, esattamente 40 anni fa, sul numero di Aprile 1981 de “i Treni” (ancora non erano nati TuttoTreno e Mondo Ferroviario) appare per la prima volta una pubblicità che deve aver fatto saltare sulla sedia gli ennisti.

Annuncio pubblicitario sul numero di Aprile 1981 de “I Treni”

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Pubblicato il 21 agosto 2021

Abbiamo di recente riepilogato la storia dei TEE sui binari italiani e ci eravamo ripromessi di fare una simile riassunto per quel che riguarda i loro modelli in scala N: di questo ci occupiamo questa volta. Tutti i TEE che hanno corso in Italia sono ora possibili in questa scala.

La recente uscita dei francesi RGP-1 ad opera di Mikadotrain ha  infatti completato il panorama dei TEE che hanno circolato sui binari italiani. Ripercorriamo quindi nuovamente a storia dei TEE in Italia elencandone i modelli, ed iniziamo proprio dall’automotrice francese.

RGP-1

Il modello francese che riproduce il TEE che aprì la storia dei Trans Europe Express nella Penisola è stato recentemente prodotto in piccole quantità, e con un po’ di fortuna lo si può ancora (al momento) trovare (scontato per fine serie) presso qualche negozio on-line tedesco: è forse l’ultima occasione per non lasciarselo scappare, a meno di ripensamenti del produttore. In una nota ad-hoc abbiamo visto in dettaglio le varie versioni di RGP1 di REE Models/Mikadotrain. Qui riepiloghiamo quel che riguarda la versione TEE.

Il modello comprende due elementi, motrice e rimorchiata. Realizzato in plastica, la prima impressione che dà non è di particolare solidità, ma poi, messo sui binari, il modello, ben dettagliato, si comporta bene.

NW-131 visto dai sue lati, da http://www.referencement-n.com/

NW-131 rimorchiarta vista dai due lati, da http://www.referencement-n.com/

Interessante il gancio magnetico conduttivo tra le due unità.

Dettaglio dei ganci dei modelli di REE di RGP 1 – Foto © piston93 da https://le-forum-du-n.1fr1.net/

L’idea pare buona e interessante, ma non ci è chiarissima l’utilità. Comunque a bordo della rimorchiata occorre mettere un decoder, se di vogliono avere le luci in digitale, e allora perché non prendere direttamente l’alimentazione dalle rotaie? Diverso sarebbe il discorso se almeno questo servisse ad evitare di aggiungere il decoder in rimorchiata. Tanto più che, contrariamente a quanto riportato su vari forum francesi,  nella nostra esperienza  la conduzione del gancio magnetico non è perfetta: già su curve di raggio R3U (ovvero nella fascia 240-260 mm) il contatto si interrompe occasionalmente per poi riprendere a fine curva.

La versione più corretta per il servizio TEE in Italia è il modello NW-162, il livrea TEE e senza il faro centrale che fu aggiunto solo in un secondo tempo: tutti i filmati e le immagini che abbiamo reperito mostrano infatti i TEE RPG-1 senza faro centrale. E’ possibile che poco prima della sostituzione  con il Binato Breda, l’ultimo periodo abbia visto arrivare a Milano degli RPG-1 modificati con il terzo faro, nel quel caso andrebbero bene anche i modelli NW-130 e NW-131.

Il prezzo di listino era di 250 Euro, quello di saldo a fine disponibilità fatto da DM-Toys era di 200 Euro.

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Pubblicato il 17 aprile 2021

Abbiamo di recente parlato di intersezioni (incroci) ed abbiamo visto come in generale invece che intersezioni semplici si abbiano doppi scambi inglesi, che sono anche detti “scambi intersezione doppi” (in inglese “Double slip crossing“, in tedesco “Doppelkreuzungsweiche“).

Schema di uno Scambio Intersezione Doppio, dagli Appunti del corso di
Progettazione di Sistemi ed Infrastrutture di Trasporto a cura di
Sergio d’Elia. Demetrio Festa, Giuseppe Guido

Come si vede in figura, questi deviatoi hanno 8 aghi la cui posizione determina il percorso.

Con lo scambio inglese è possibile il passaggio da un binario all’altro (è quindi un’intersezione ed anche uno scambio). Ovviamente permette di risparmiare spazio e, quando usati in sequenza, anche di ridurre il numero di “curve” necessarie su un tracciati che si intersecano.

Sequenza di scambi inglesi (e scissors crossovers).

Questa volta entreremo in dettaglio su queste tipologie di deviatoi, e ne vedremo le istanziazioni in scala N, discutendone anche alcuni aspetti elettrici.

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Pubblicato il 6 febbraio 2021

La storia delle E.626 in scala N inizia a metà anni ’60 con il modello Tibidabo di una terza serie del quale abbiamo diffusamente parlato in precedenza. Abbiamo di recente visto come sia poi stato ripreso prima come C.S.M.-Tibidabo,, poi come CDM-Tibidabo, quindi Acar Models e poi nuovamente Tibidabo agli albori del millennio in collaborazione con Mehano.

E626 Tibidabo

Qui vedremo come prosegue la storia delle E.626 in scala N, e daremo in chiusura qualche rapido cenno sulle altre scale.

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Pubblicato l’8 agosto 2020

Lo spettro delle carrozze a corridoio laterale che vanno dal Tipo 1946 al TIpo 1959, con anche le trasformazioni degli anni successivi, è estremamente ampio. I produttori di modelli italiani in H0 avrebbero avuto ampio spazio per non pestarsi i piedi a vicenda, spartendosi il campo. Come vedremo non fu così, data la sovrapposizione nei primi anni 2000 dei modelli di OS.KAR e ACME. Ma andiamo con ordine.

A parte i modelli giocattoleschi della Lima del primo periodo, il primo tentativo serio di riprodurre carrozze di questo gruppo si deve ad Arnaldo Pocher, che aveva realizzato, con i limiti dell’epoca, delle Tipo 1946.

Carrozza ABz Tipo 1946 di Arnoldo Pocher

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