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Posts Tagged ‘Kato’

Pubblicato il 6 marzo 2023

Eccoci ancora un volta a raccontare l’ultima edizione dello HobbyModel di Verona per quanto riguardo la parte ferroviaria.

Verona 2023

Dovessimo definire questa edizione, la chiameremmo “Figlia della crisi”. Gente ce ne era, anche se le attrazioni principali erano altrove (soprattutto nel padiglione del Lego), ma di segni negativi ve ne erano molti. Innanzitutto il padiglione che ci interessa, quello del fermodellismo, ci è parso molto meno “denso” del solito. Meno espositori e meno plastici.

Stazione di Pavia sul modulare ASN – si possono notare ampi spazi sullo sfondo, a testimonianza di una più “bassa densità” rispetto al passato del padiglione del fermodellismo.

Iniziamo dai plastici: nonostante la forte presenza di ASN, che si trova trovava in posizione centrale nel padiglione, agli ennisti non poteva non saltare all’occhio, con un certo dispiacere, l’assenza di NParty, che fino alla scorsa edizione aveva il pregio di attirare tanti bambini con la possibilità di pilotare i treni con il proprio smartphone (beh, diciamo quello del papà). ASN, oltre a giocare il suo solito ruolo, è riuscita a farne un po’ le veci, perché commutando ad un certo punto il proprio modulare da analogico a digitale permetteva di fare lo stesso tipo di operazione grazie ai telecomandi wireless predisposti da Roberto Bravin.

Un momento della “sessione DCC in corso” sul modulare ASN

Certo, NParty aveva più esperienza nel pubblicizzare la cosa con i passanti, così da avere una coda di attesa per avere il proprio turno da macchiNista. In ogni caso, l’assenza del modulare “fratello e rivale” di quello di ASN si è notata.

Anche nella scala maggiore ci è parso che diversi gruppi che in passato avevano una presenza individuale e marcata, quest’anno si siano accorpati con altri. Comunque entrando del padiglione la prima cosa che ci salta all’occhio è un bellissimo convoglio in H0 interamente composto di vetture Tipo 1921. Sarà che di questi tempi siamo particolarmente sensibili al tema, anche se la scala ci sembra sbagliata…

Due viste del convoglio di Tipo 1921 in H0

Molto evidenti, e forse cresciute, le scale davvero “grandi”  (G) che esibivano in stand diversi, delle splendide Big Boy e altre locomotive con sound e fumo, davvero notevoli.

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Pubblicato il 5 marzo 2022

La complicata orografia elvetica richiede spesso, per congiungere i diversi cantoni, di scavalcare montagne, cosa che d’inverno può divenire molto complicata. Tenere aperti i passi tra bufere di neve richiede un sacco di lavoro non facile e non privo di pericoli. Spesso invece per la costruzione di ferrovie non vi è stata altra scelta che scavare lunghi tunnel che hanno fatto la storia delle ferrovie: Gottardo, Lötschberg, Sempione… A questo punto, una possibilità era quella di far usare questi tunnel anche alle auto – ovviamente imbarcandole sui treni: nasce così il concetto dei cosiddetti “treno navetta per auto”.

Autozug della Matterhorn–Gotthard-Bahn (MGB) a Oberalp, trainato dalla Deh 4/4 22 “St. Niklaus”. I passeggeri viaggiano nella carrozza passeggeri B 2282. Foto Kecko da wikimedia

La Svizzera è ovviamente la regina del settore, ma esempi in Europa ne abbiamo anche altrove.

In Austria l’Autoschleuse Tauernbahn ha recentemente festeggiato i 101 anni di esercizio, correndo tra Böckstein (Salisburgo) e Obervellach (Carinzia) attraverso il Tunnel dei Tauri.

In Slovenia  attraverso la galleria di Piedicolle (Bohinjski predor) vengono congiunte Santa Lucia d’Isonzo (Most na Soči) e Bohinjska Bistrica. Famosissimo è ovviamente l’Eurotunnel della Manica dove oltre ai passeggeri anche le loro auto possono essere “traghettate” tra Francia e Gran Bretagna. In Germania lo Sylt Shuttle (DB) e l’Autozug Sylt (RDC Deutschland) trasportano auto non in in tunnel, ma sulla Hindenburgdamm tra Niebüll e Westerland sull’isola di Sylt.

Un servizio di navetta di questo genere era attivo anche tra Italia e Francia, sul Frejus, e Italia e Svizzera via Sempione.

Treno navetta per trasporto auto sul Frejus nel 1979, al traino della E.626.272 – Foto Luigi Iorio da tranzitaliafoto

Nella nostra penisola ne avevamo, negli anni ’60, un esempio analogo con la navetta tra Pontremoli e Borgotaro per evitare di passare dal Passo della Cisa, fortunatamente visibile in un video.

La navetta della Cisa (clicca sull’immagine per vedere il filmato)

Anche il vicino Passo del Bracco era evitabile con soluzione analoga, con navette tra La Spezia e Riva Trigoso (almeno per un periodo, direttamente tra Genova e La Spezia).

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Pubblicato il 21 agosto 2021

Abbiamo di recente riepilogato la storia dei TEE sui binari italiani e ci eravamo ripromessi di fare una simile riassunto per quel che riguarda i loro modelli in scala N: di questo ci occupiamo questa volta. Tutti i TEE che hanno corso in Italia sono ora possibili in questa scala.

La recente uscita dei francesi RGP-1 ad opera di Mikadotrain ha  infatti completato il panorama dei TEE che hanno circolato sui binari italiani. Ripercorriamo quindi nuovamente a storia dei TEE in Italia elencandone i modelli, ed iniziamo proprio dall’automotrice francese.

RGP-1

Il modello francese che riproduce il TEE che aprì la storia dei Trans Europe Express nella Penisola è stato recentemente prodotto in piccole quantità, e con un po’ di fortuna lo si può ancora (al momento) trovare (scontato per fine serie) presso qualche negozio on-line tedesco: è forse l’ultima occasione per non lasciarselo scappare, a meno di ripensamenti del produttore. In una nota ad-hoc abbiamo visto in dettaglio le varie versioni di RGP1 di REE Models/Mikadotrain. Qui riepiloghiamo quel che riguarda la versione TEE.

Il modello comprende due elementi, motrice e rimorchiata. Realizzato in plastica, la prima impressione che dà non è di particolare solidità, ma poi, messo sui binari, il modello, ben dettagliato, si comporta bene.

NW-131 visto dai sue lati, da http://www.referencement-n.com/

NW-131 rimorchiarta vista dai due lati, da http://www.referencement-n.com/

Interessante il gancio magnetico conduttivo tra le due unità.

Dettaglio dei ganci dei modelli di REE di RGP 1 – Foto © piston93 da https://le-forum-du-n.1fr1.net/

L’idea pare buona e interessante, ma non ci è chiarissima l’utilità. Comunque a bordo della rimorchiata occorre mettere un decoder, se di vogliono avere le luci in digitale, e allora perché non prendere direttamente l’alimentazione dalle rotaie? Diverso sarebbe il discorso se almeno questo servisse ad evitare di aggiungere il decoder in rimorchiata. Tanto più che, contrariamente a quanto riportato su vari forum francesi,  nella nostra esperienza  la conduzione del gancio magnetico non è perfetta: già su curve di raggio R3U (ovvero nella fascia 240-260 mm) il contatto si interrompe occasionalmente per poi riprendere a fine curva.

La versione più corretta per il servizio TEE in Italia è il modello NW-162, il livrea TEE e senza il faro centrale che fu aggiunto solo in un secondo tempo: tutti i filmati e le immagini che abbiamo reperito mostrano infatti i TEE RPG-1 senza faro centrale. E’ possibile che poco prima della sostituzione  con il Binato Breda, l’ultimo periodo abbia visto arrivare a Milano degli RPG-1 modificati con il terzo faro, nel quel caso andrebbero bene anche i modelli NW-130 e NW-131.

Il prezzo di listino era di 250 Euro, quello di saldo a fine disponibilità fatto da DM-Toys era di 200 Euro.

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Pubblicato il 21 Novembre 2020

Sui plastici, specie se domestici, uno dei problemi principali è la composizione dei convogli: un treno passeggeri minimamente realistico, con 6 carrozze, in scala N supera il metro di lunghezza. Difficile farlo correre in uno spazio di un metro e mezzo, due al massimo…

Occorre allora accontentarsi: spesso già con tre carrozze più il locomotore, con una lunghezza di 60 cm, si è al limite della capacità della stazione. Ma tre carrozze sono davvero troppo poco… o no? Diamo un’occhiata alla realtà per trovare qualche pezza d’appoggio. Di sicuro, se guardiamo a qualche locale (pardon, accelerato…) di diversi anni fa troviamo degli esempi.

Due belle immagini di Bernhard Studer mostrano la E.326.001 in testa ad un accelerato nel 1975. Foto © Studer, tratte da leferrovie.it e da marklinfan.com. originali provenienti da photorail.com

Ma se volessimo avere dei treni “più nobili”, ad esempio dei TEE a materiale ordinario (ovvero con carrozze, e e non automotrici), ne possiamo trovare? Si certo, magari all’estero, perché vi furono dei TEE corti, anzi cortissimi, come il Bavaria e il Merkur. Questa volta diamo un’occhiata al primo dei due…

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Pubblicato il 18 luglio 2020

Proseguiamo la rassegna sulle geometrie degli armamenti disponibili in scala N: dopo i tedeschi (Fleischmann senza massicciata (ex Roco) e con massicciata, Arnold e Minitrix) passiamo ai giapponesi, iniziando con Kato.

Il sistema Kato, chiamato Unitrack, presenta varie peculiarità, che discuteremo via via. In primo luogo, i binari sono dotati di una massicciata “importante” che ricorda un poco i binari C di Märklin.

Profilo del binario Kato

E’ molto più voluminosa di quella minimale Fleischmann e di quella intermedia Tomix. La massicciata di  Fleischmann ha una larghezza di circa 16mm, quella di Tomix raggiunge i 18mm, mentre Kato presenta ben 25mm.

Confronto tra binari Fleischmann Profi (sx), Tomix (centro) e Kato (dx), da http://quinntopia.blogspot.com

Quale dovrebbe essere il valore “giusto”? Stando a una dispensa dell’Università di Reggio Calabria (di autore ignoto, manca l’attribuzione sulla dispensa stessa!) la larghezza minima dovrebbe essere di 490 cm per binario singolo (pari a 30 mm in scala N) mentre per un doppio binario è di 864 cm (pari a 54 mm in scala N). Dunque la scelta di Kato è ragionevole. Per gli altri binari la massicciata presente dovrebbe essere complementata da ulteriore massicciata posta sul plastico.

In stazione però la distanza tra binario e marciapiede è prevista essere 73 cm, mentre nel caso del binario Kato la distanza tra binario e bordo della massicciata è di 8 mm, che al vero sarebbero 128 cm: una misura dunque abbondante rispetto al vero, ma coerente con la norma NEM 102, che prevede proprio uno spazio minimo di 25 mm per il letto del binario.

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Pubblicato il 1 febbraio 2020

Abbiamo di recente discusso degli incroci (intersezioni), ed abbiamo sostenuto che nelle ferrovie reali la loro presenza sia piuttosto limita. Abbiamo visto che c’è pero una configurazione nella quale l’incrocio è immancabile: il cosiddetto “scissors crossover” (incrocio a forbice, detto anche “scissors crossing“, “double crossover” o “overlapping crossover with diamond crossing“).

Scissor crossover alla stazione di Madrid Atocha

Si tratta di una conformazione di binari che, date due linee parallele, permette di passare dall’una all’altra e viceversa.

Anmazione che mostra uno scissors crossing, tratta da https://dccwiki.com/

 

Scissor crossover in costruzione in Austria nel 1926 – da http://www.voestalpine.com/

Spesso al posto di uno o più scambi semplici si trovano degli scambi inglesi: questi possono anche diventare parte di una “forbice”. La seguente immagine mostra una interessante configurazione dove si contano ben nove scissors crossings (tutti con scambi inglesi), ed un singolo incrocio non riconducibile a tale configurazione (in altro a destra). Vista la presenza di un TGV supponiamo che sia in Francia, anche se quei convogli viaggiano un po’ in tutta l’Europa occidentale.

Sequenza di scambi inglesi e scissors crossovers – da Pinterest.

La stessa funzionalità della “forbice”si può ottenere con il “cappello del prete”(cosi chiamato per la forma che l’insieme dei quattro scambi assume, che richiama appunto i copricapi usati dai sacerdoti nel secolo scorso – ricordate don Camillo ad esempio?), ma la configurazione a forbice riesce ad offrirla riducendo lo spazio necessario di circa il 50%.

Cappello del prete (in alto) confrontato con lo scissors crossing.

Don Camillo con il "cappello del prete", da wikimedia

Don Camillo con il “cappello del prete”, da wikimedia

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Pubblicato il 28 settembre 2019, ultima modifica 11 dicembre 2019

Fleischmann fu, se non andiamo errati, il primo produttore a introdurre la commercializzazione di “Scambi pensanti” (denkende Weichen in tedesco). Si tratta di una tecnica intesa a semplificare il cablaggio elettrico di un plastico, nata nell’epoca del comando analogico.

Ne parliamo qui, dopo una breve introduzione per ricordare la terminologia in uso per identificare le parti dei deviatoi (volgarmente noti come scambi).

Nomenclatura delle parti dello scambio

Lo scambio è una biforcazione di percorso, con una linea denominata “Corretto tracciato” e l’altra detta “Deviata“.  Il punto di intersezione dove le due rotaie interne dei due cammini si incontrano è denominata “cuore” (ma in inglese si chiama invece “frog“, ovvero “rana“, per via della forma triangolare).

Cuore o rana? Elaborazione di una foto tratta dal blog Ago e Contrago

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Natale 2017

Pubblicato il 23 dicembre 2017

Ecco che arriva un altro Natale. Dickens aveva parlato dello “Spirito del Natale” nella sua bellissima “Christmas Carol”, realizzata poi al cinema in varie versioni tra cui quella di Disney con i suoi paperi – e di fatto in inglese zio Paperone si chiama proprio “Uncle Scroodge”, che è il nome del protagonista del racconto di Dickens.

Lo Spirito del Natale, che rende tutti buoni.: in suo nome c’è chi ha pensato di far passare un giorno speciale alle famiglie con bambini affetti da malattie serie o incurabili, ed ha fondato l'”Operation North Pole” – perché si sa che Babbo Natale, a.k.a. Santa Claus, vive al Polo Nord.

Vabbè, che c’entra questo con i treni? C’entra, c’entra. Fidatevi…

Il treno di Operation North Pole

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Pubblicato il 25 novembre 2017

Questa volta ci occupiamo di un rotabile davvero curioso. Era immatricolato presso le DB come carro Sgmss 700 (ex Sggoorrss 700), ed il suo aspetto è davvero singolare.

Cargo Sprinter DB Sgmss 700 nel 1997. Foto © Hans Ulrich Diener, da http://dybas.de/

Cargo Sprinter DB Sgmss 700 nel 1998
. Foto © Hans Ulrich Diener, da http://dybas.de/ Foto: 7.11.2003, Anselm F. Daniel

Cargo Sprinter DB Sgmss 700 nel 1997. Foto © Hans Ulrich Diener, da http://dybas.de/

Lo si direbbe un carro merci… semipilota! Vediamo di scoprirne qualcosa in più.
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Pubblicato il 17 giugno 2017

Le ferrovie svizzere sono, in genere, amate dai modellisti, forse anche perché i plastici hanno sempre gallerie e montagne per nasconderne le irrealistiche geometrie elementari, e quindi ben si adattano ai treni alpini. In particolare, la Ferrovia del Gottardo è una eccellente ispirazione, e di questa abbiamo di recente esaminato la storia delle principali motrici. Ne vediamo qui le realizzazioni modellistiche in scala N.

Sebbene i principali produttori di fermodelli siano stati storicamente tedeschi (anche se oggi la produzione industriale è in buona parte ad appannaggio di una multinazionale britannica), modelli svizzeri sono stati ampiamente riprodotti, prevalentemente per quanto riguarda le motrici elettriche. I modelli a vapore invece sono in buona parte locomotive tedesche, e quindi iniziando le ricerche per questa rassegna non eravamo certi che l’epoca degli albori del Gottardo fosse coperta.

Abbiamo invece trovato che, a parte le C 3/3 e le D 4/4, tutte le altre vaporiere sono presenti in scala N. Certo, si tratta di modelli dai prezzi accessibili sono ad amatori piuttosto agiati, essendo prodotti da Fulgurex, Wabu e Lemaco/Lematec, tutte note come esperte nel modellismo svizzero, ed anche per i prezzi non esattamente popolari (siamo attorno al migliaio di euro a modello…).

Iniziamo con la A 3/5, riprodotta da Fulgurex in ben 4 versioni corrispondenti a diverse epoche.

A 3/5 realizzata da Fulgurex (macchina 915)

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