Pubblicato il 26 novembre 2016, ultimo aggiornamento 23 novembre 2020
Non è chiaro perché a inizio ‘900 le FS, che avevano linee con armamento piuttosto leggero (peso massimo ammesso per asse sulla maggior parte delle linee pari a 15 tonnellate) abbiano deciso di dotarsi di imponenti motrici Pacific (rodiggio 2-C-1). Fatto sta che all’Esposizione Internazionale di Torino del 1911 venne presentata la prima Gr.690, le cui ruote motrici superavano i due metri di diametro, ed il cui carico assiale eccedeva le 18 tonnellate, anche se grazie a un sistema di molle che scaricavano parte del peso sugli assi portanti era stato possibile ridurlo poco sopra le 17.
Forse fu perché in quegli anni francesi e tedeschi, che però erano dotati di ben altre linee, avevano le loro punte di diamante proprio nelle potenti e veloci Pacific, e l’Italia non poteva essere da meno.
In quello stesso anno Breda costruì 6 unità di questa nuova macchina, ed altre 3 furono realizzate dalle Officine Meccaniche. Le 9 macchine originali avevano la guida a destra, e la pompa Westinghouse del freno sul fianco sinistro.
A partire dalla n. 10, la guida vene spostata a sinistra, e la pompa a destra.
La prima assegnazione fu al deposito locomotive di Firenze che le utilizzò sulle uniche linee che ne consentivano l’esercizio: quella tortuosa lungo l’Arno, per Chiusi, e la montuosa Porrettana. Su quest’ultima dimostrarono di poter trainare direttissimi da 360 tonnellate senza dover ricorrere a doppia trazione.
Proprio sulla Porrettana si ebbe, il 14 Novembre 1915, un terribile incidente: il Direttissmo notturno N.31 Milano – Roma, deragliò, e la 690-29 ed il suo tender volarono giù dal salvamento a Piteccio. Morì Riccardo Maini, fuochista del Direttissimo, mentre il macchinista Anselmo Longo ebbe salva la vita. Se non si fossero strappati gli organi d’aggancio tutto il treno sarebbe precipitato nella valle sottostante. L’evento fece molta impressione, però i giornali ne parlarono solo per un paio di giorni, perché la guerra occupava quasi tutto lo spazio. Incredibilmente, la motrice fu recuperata!
Nel frattempo alcune linee, tra cui la Milano-Bologna, venivano rinforzate in vista del futuro aumento delle masse, anche se spesso il problema principale restavano i ponti ottocenteschi: ad esempio nei pressi di Piacenza il superamento del Po doveva essere effettuato a non più di 20 Km/h, e la doppia trazione non era ammessa: così sarebbe stato fino al 1931, quando il vecchio ponte venne sostituito.
Vennero ordinati altri 24 esemplari delle Gr.690 (14 da Breda e 10 da Ansaldo) che entrarono in servizio nel 1914 e furono assegnati parte a Bologna (14 macchine) e le restanti a Firenze, il cui parco raggiunse quindi le 19 unità.
La macchina si comportava assai bene, ma proprio la pianeggiante e rettilinea ferrovia lungo la via Emilia ne evidenziò i limiti.
Non raggiungeva gli obiettivi per i quali era stata progettata, visto che faticava a superare i 100 Km/h invece che poter viaggiare a 130 Km/h. La causa era la carenza di potenza data dalle relativamente piccole dimensioni della griglia del forno, la cui struttura era vincolata dal disegno stesso della motrice, in quanto questo era stato fatto cercando di limitare le dimensioni per contenere il peso. Non potendo bruciare tanto carbone quanto ne sarebbe servito, si potevano generare solo 1400 CV.
Gr.695: una locomotiva mai nata
Per risolvere il problema alla radice, nei primi mesi del 1926 fu progettata una nuova locomotiva denominata Gr.695, lunga 23.850 mm. (era 22.275 per la 690).
Avrebbe dovuto avere un motore a 3 cilindri gemelli a semplice espansione, di prima applicazione in Italia. Il peso della macchina risultava di 105 ton. (87.2 ton. per la 690), con il carico massimo per asse di ben 21 ton. Avrebbe dovuto avere un grande tender 2’2’T32 da 32 mc d’acqua. Ma se già 17 tonnellate erano tante, figurarsi 21! Si procedette dunque a riprogettarla, diminuendone un po’ le dimensioni, ma senza riuscire a calare di molto il peso assiale. Inoltre, il completamento dell’opera avrebbe richiesto ingenti investimenti che non si giustificavano nella prospettiva di una futura elettrificazione (ricordiamo che le prime prove della E.626 sono del settembre del 1927). Si decise pertanto di seguire una strada più conservativa e meno costosa, riqualificando le 690 per aumentarne la potenza.
Gr.691
Per la ragioni suddette, la 690.016 ricevette nell’Officina Grandi Riparazioni di Firenze Porta al Prato la caldaia delle locomotive del gruppo 746 (rodiggio 1-4-1 Mikado) di recente realizzazione. Questo richiese un allungamento del telaio, cosicché la lunghezza della macchina raggiunse la misura di 22.590 mm, intermedia tra quella della 690 e quella prevista per la 695.
Contestualmente venne sensibilmente allungato il Bissel posteriore, sostituendo quello corto di cui erano dotate le 690. Vennero installati anche un preriscaldatore tipo Knorr e altri dispositivi già sperimentati, atti ad aumentare la produzione di vapore in caldaia (p.e. iniettori a vapore di scarico e sifoni termici).
Anche il tender venne ingrandito rispetto a quello della 690, passando dal 2’2’T22 ad un 2’2’T29 (ricordiamo che le ultime due cifre ne indicano la capacità di acqua in metri cubi) e divenendo lungo 8660 mm. Le tonnellate di carbone scendevano da 7 a 5,5 ton.
Non era una scelta economica in assoluto (la ristrutturazione costava circa quanto mezza locomotiva nuova), ma comunque permetteva un investimento sensibilmente minore.
La macchina ottenuta, ribattezzata 691.016, aveva massa complessiva di 97,2 ton., di cui 60 di peso aderente. Il tender a 4 assi ne pesava altre 56. La 691 conservava invariato l’intero l’apparato motore della 690, e quindi anche la sua distribuzione Walschaerts. La velocità massima prevista era di 130 km/h, e le prove sulla Milano-Bologna confermarono la bontà dell’intuizione, anche se l’aumento del peso per asse, salito a 20 ton., ne limitava il campo d’impiego alle linee che da Milano si dipartono per Chiasso, Venezia, Bologna e Voghera (ma non quella per Torino), e alla Roma–Napoli (via Formia).
Si procedette quindi ad una prima serie di trasformazioni, che coinvolse 11 unità, che divenute 691 vennero assegnate al Deposito locomotive di Milano.
Come detto la 691 è un po’ più lunga della 690, ma quello che esteriormente permette di distinguere la 691 sono soprattutto tre particolari:
- il bissel è allungato, e quindi la posizione dell’asse posteriore è arretrata;
- vi è la presenza sul lato sinistro del preriscaldatore Knorr (che si presenta come un cilindro orizzontale), inizialmente in posizione aaretrata (si veda l’immagine precedente);
- sul lato destro la pompa Westinghouse (che sulla 690 era assente in origine, ed poi era posta centralmente) viene spostata in posizione frontale, e nella posizione prima occupata da questa vengono montate le pompe del preriscaldatore.
Nelle trasformazioni successive alla prima, il preriscaldatore e relative pompe che nella 016 erano posti circa a metà macchina, vennero spostati in posizione più avanzata.
Una seconda serie di trasformazioni (effettuate ancora presso le officine di Firenze, ma anche presso Ansaldo) si concluse nel 1934, ed andò ad estinguere il gruppo 690, poiché tutte le motrici divennero 691. In questa seconda serie invece che adottare la caldaia delle 746 si seguì la strada intrapresa con il gruppo S685, legata al surriscaldamento del vapore, e relativo aumento della pressione in caldaia da 14 a 16 atmosfere. Si poté così portare la potenza generata a 1750 CV al cerchione alla velocità di 90 km/h. Dall’esterno, non si distingueva se la macchina fosse di “prima serie” o di “seconda”.
L’impiego primario fu sulla Milano-Bologna: anche se la prosecuzione sulla Porrettana e poi fino a Chiusi non avrebbe dato problemi, nemmeno presentava vantaggi rispetto ad altre locomotive. Era dunque meglio concentrare le 691 dove potevano fare la differenza, trainando convogli pesanti a 120 Km/h. Venivano usate quindi prevalentemente (ma non solo) alla testa dei treni rapidi, che coprivano i 219 Km ad una velocità media e commerciale di 87 km/h., con reintegro delle scorte idriche a Parma. Nel 1934 18 macchine erano assegnate al DL di Milano e 15 al DL di Bologna. Nel 1937 vennero tutte concentrate a Milano.
Una particolarità è che le 691 (assieme alle 690 con le quali era iniziata la sperimentazione) furono le sole macchine a vapore dotate dell’apparecchiatura di ripetizione segnali (sistema Minucciani), utilizzata sulla Milano-Bologna. Si trattava di un sistema basato su forti campi magnetici che era in grado di muovere una barretta sul quadro comandi del macchinista, posizionandola in modo da indicare se la via era libera o meno, meccanismo assai utile in caso di nebbia e cattive condizioni di visibilità.
Tra i vari esperimenti che caratterizzarono la vita del gruppo, vale la pena di ricordarne due: la palpebra della 004 e la carenatura della 026.
La 004 fu equipaggiata con una sorta di palpebra al fumaiolo, allo scopo sperimentale di abbattere la ricaduta di fumi in cabina di guida durante la corsa.
Evidentemente i risultati non furono positivi, giacché la palpebra fu rimossa. Il problema dell’abbattimento dei fumi era in realtà già stato risolto negli anni ’20 dal tedesco Wagner, con i classici ampi parafumo laterali.
La 026 fu dotata nel 1939 di una carenatura aerodinamica presso le Officine FS di Firenze. La marcatura sottolineò questo fatto, e la macchina divenne A.691.026, dove la A sta per aerodinamica. In realtà alle velocità di esercizio delle Gr.691 il miglioramento aerodinamico non apportava alcun apprezzabile giovamento, e così nel 1943 la carena fu rimossa. (Approfondiremo la questione in una futura nota sulle carenate italiane).
Le 691 restarono in servizio sull’importante direttrice che collega Lombardia ed Emilia fino all’elettrificazione della stessa (1938). A quel punto vennero spostate sulla Milano-Venezia, e in misura minore sulla Milano-Domodossola. Nel 1941 prestarono servizio quest’ultima direttrice le 008, 010, 018,021 e 024 e saltuariamente anche la A 691.026. La brevità della linea (125 km) avrebbe consentito alle 691 di compiere l’intero percorso senza rifornimento, ma le locomotive effettuavano invece sempre una fermata per rifornimento idrico ad Arona o in alternativa a Verbania. Può essere che, come sostengono alcuni, la ragione fosse che la giratura della locomotiva al capolina di Domodossola era lenta, visto che la piccola piattaforma obbligava a girare separatamente locomotiva e tender, e quindi non c’era il tempo per il rifornimento di acqua.
Nel 1939 una locomotiva (la 015) fu coinvolta in una collisione presso Milano con un ETR 200: ebbe la peggio e fu demolita. Durante la guerra due (la 008 e la 029) furono fatte deragliare dai partigiani in val d’Ossola, ed andarono perdute.
Nel dopoguerra, le macchine restanti operarono sulla trasversale Padana tra Milano e Venezia, ancora non elettrificata, alla testa dei migliori treni come i rapidi R92 o R95. Su questa linea la 011 toccò tra Verona e Vicenza i 150 km/h in prova, stabilendo il record italiano di velocità per una locomotiva a vapore (mai più battuto).
I 267 km erano percorsi alla media di 90 km/h (esclusi i minuti di sosta a Verona, dove avveniva il reintegro dell’acqua, che a volte era spostato a Desenzano), ed il peso rimorchiato andava tipicamente da 175 a 230 tonnellate.
Una macchina veniva impiegata alla testa di un treno locale tra Milano e Brescia, dove sostava la notte: lo si faceva per avere una riserva a metà strada per sopperire ad eventuali imprevisti. Quando nel 1957 anche la Milano-Venezia fu elettrificata, le 691 furono in parte accantonate, e in parte trasferite a Venezia, da dove trainavano convoglio verso Udine (fino all’autunno del 1960) e Cervignano (fino al maggio 1959): in quest’ultima località i treni diretti a Trieste ricevevano il cambio dalle E 626.
All’inizio del 1960 erano ancora in attività le Gr.691.004, 009, 024, 028 e 033, ed anche dopo l’elettrificazione della linea per Udine qualche 691 rimase precauzionalmente atta al servizio, anche non venne mai riutilizzata.
Dunque tra il ’60 e il ’61, dopo il completamento dell’elettrificazione tra Venezia e Trieste, le 691 terminarono la loro gloriosa carriera, finendo accantonate in attesa di demolizione tra Voghera, Mestre e Treviso. Tra il ’62 ed il ’63 vennero demolite.
E’ sopravvissuta solo la 022, che restaurata con alcune parti della 010, è esposta presso il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, quale testimonianza di questo bellissimo ed imponente gruppo di locomotive.
Un bellissimo filmato pubblicato su facebook da Arnaldo Vescovo mostra la 691 in azione, e offre interessanti viste (anche da sotto!).
Per approfondimenti, rimandiamo alla ricca bibliografia in proposito:
- Nascita, evoluzione e fine delle locomotive “Pacific” F.S., utimo dei vari libri di Claudio Pedrazzini sul tema, ed. Aldebaran, 2013. con moltissime immagini
- Articolo di Claudio Pedrazzini su Mondo Ferroviario del 1996 (n. 122)
- Articoli si Erminio Mascherpa su i Treni Oggi del 1997 (n. 186, 187, 188)
In chiusura, segnaliamo un racconto sulla storia di un fuochista della 691. (Il racconto è bello, ma si veda in proposito la nota scritta qui sotto da Luigi Verzelletti)
In un prossimo articolo tratteremo dei modelli delle Gr.690 e 691 in scala N.
Sto riordinando la collezione, come forse sai. Di Pacific italiane ne ho ben quattro, una su base atlas rivarossi trovata a Novegro nel 1992 e revisionata da Cantarella, una proprio di Cantarella, una su base Del prado fatta da Spinelli e la A691 026 su base Arnold, parzialmente rielaborata da me….
Il racconto sulla storia di un fuochista della 691é la pedissequa e ignobile copiatura de “Un fuochista”, scritto del generale Angelo Gatti pubblicatao per la prima volta sull’antologia “Tempi nuovi” edita da Mondadori nel 1941 e ristampato molte volte, per esempio dall’antologia di Lodolini “Il ferroviere realtà e mito” e dal giornale “Mondo Ferroviario” (Claudio Pedrazzini – Gli scritti di Angelo Gatti – M.F – n.340, febbraio 2016 pagg. 20 ÷ 29). Sicuramente Vi é sfuggito l’ignobile plagio il nome del cui autore é FALSO; si tratta di persona che sovente scrive anche qui atteggiandosi a grande esperto e conoscitore di ferrovie private e da riaprire…..
Ringrazio per la comunicazione e per le informazioni. La segnalazione andrebbe più propriamente fatta al sito “http://www.trenieferrovie.it/” che noi ci siamo limitati a linkare. La persona menzionata non è a noi nota, e non scrive su questo sito.