pubblicato l’11/11/11 alle 11:11 |
Il plastico di Querceto e Pian Ginestra è stato realizzato nel 1969 da mio padre Pietro, ed a distanza di 42 anni è ancora funzionante. Considerato che Lima iniziò a produrre trenini in scala N solo nel 1966, seguita ad un anno di distanza da Rivarossi, si tratta certamente di uno dei primi plastici in N d’Italia, e tra quelli attualmente esistenti è probabile che sia il più vecchio.
Di dimensione 180×160 cm, contiene tre linee indipendenti: un doppio binario ed un binario unico che congiunge la stazione principale (Querceto) con la minore Pian Ginestra.
Lo sviluppo dei binari raggiunge un totale di circa i 25 metri. Le curve hanno raggio minimo equivalente a R3, con la sola eccezione dell’accesso da destra alla stazione secondaria che, realizzato con uno scambio in curva, è equivalente nella parte più stretta a un R1. Tre trasformatori alimentano indipendentemente i diversi circuiti, ma la stazione principale è gestita in modo da permettere l’interscambio dei convogli tra le diverse linee. Ne parleremo in dettaglio altrove, perchè la stazione merita un esame un po’ più approfondito.
Fattore probabilmente importante per la longevità del plastico è la sua struttura. E’ un plastico “a ribalta”: incernierato su un lato alla parete, può essere appoggiato verticalmente su di essa e in posizione di riposo scompare assumendo l’aspetto di un armadio a muro. I pannelli esterni sono decorati da disegni fatti all’epoca da Pietro ed intonati al tema “stanza dei ragazzi”, e sono rimasti tali anche se ormai “i ragazzi” hanno passato la cinquantina…
La soluzione ha il vantaggio di occupare pochissimo spazio e di ridurre al minimo la sua presenza nel quotidiano. Inoltre il plastico è ben protetto dalla polvere, che in ogni caso non si deposita sui binari, facilitandone la manutenzione. Il plastico ha quindi sopportato periodi di scarso interesse senza dare fastidio, tornando in auge quando l’estro del momento o la presenza di nuove generazioni lo richiedessero. La manutenzione è facilitata da una buona documentazione: sotto i pannelli corrono i fili, la cui funzione è ben documentata da note e disegni del solito Pietro: utilissimi per raccapezzarci qualcosa nel caso di piccoli interventi di riparazione a distanza di tanti anni!
Storia del plastico
Il primo plastico con cui ho giocato – parliamo dei primi anni ’60 – era in H0. Papà Pietro si era inventato il modulare ante litteram: aveva fatto tre piccoli moduli (saranno stati di un metro quadrato ciascuno) che potevano facilmente essere riposti sotto un armadio. Ogni modulo aveva ingressi e uscite che potevano essere raccordati con dei binari sciolti (erano dei Fleischmann in ottone, gialli!), cambiando ogni volta configurazione secondo la fantasia del momento.
Nel 1966 avevo visto i primi “micromodels” nella vetrina di un ferramenta, Ario Selenati in via Torino a Bolzano, e ne ero rimasto affascinato. Comperai il primo vagone (un merci Lima isotermico) con i soldi delle piccole mancette. Costava 400 lire, come 40 pacchetti di figurine Panini, e lo pagai con un mucchietto composto prevalentemente di monetine da 10.
Mio padre mi assecondò, e mi diede il permesso di vendere gli H0 che avevamo (un Fleischmann diesel idraulico rosso e un locotender, assieme a una centoporte e un vagone passeggeri bianco e rosso) a un compagno di scuola (ero in quinta elementare) per comperare qualche altro pezzo Lima in scala N: una E424 con le le UIC-Y e qualche carro merci.
A far crescere la collezione ci pensò negli anni successivi Gesù Bambino. Poco a poco arrivarono E444.001, D341, le CIWL, alcune carrozze inglesi perchè somigliavano un pò alle centoporte, oltre a qualche divagazioni “estera”: SBB RB4/4 con un paio di carrozze svizzere, qualche carrozza DB e perfino un Santa Fe (tutto materiale Lima).
Nel 1969, nel giro di qualche mese nacque il plastico. Ebbe da subito anche i semafori. All’epoca li vendeva solo Arnold: a Bolzano non si trovavano e comunque sarebbero costati troppo, così Pietro li costruì usando dei morsetti neri nei quali nascondeva delle lampadine rosse e verdi degli alberi di natale, fissando il tutto su dei tondini di ottone. Vedere i treni fermarsi al rosso e ripartire con la via libera lasciava a bocca aperta grandi e piccini… Gli edifici erano fatti di legno lavorato al traforo (non c’era plasticard, o non la conoscevamo), il paesaggio di cartapesta con polveri Faller. Non c’erano ancora computer e stampanti, e quindi tutti i cartelli erano scritti e colorati a mano.
I binari erano prevalentemente degli Atlas-Rivarossi flessibili. Atlas anche quasi tutti gli scambi (un paio di Lima erano confinati nella zona del deposito locomotive: erano davvero disastrosi). Nonostante il prezzo, arrivarono anche un paio di motrici Rivarossi: la E444, finalmente una sognata locomotiva a vapore con tender, (USA, italiane non ce n’erano) e una motrice diesel americana il cui aspetto poteva vagamente somigliare a qualche diesel da manovra nostrano, oltre a un locotender, le UIC-X italiane e non, e anche qualche colorata vettura USA.
Negli anni successivi (al tempo del liceo, e poi negli anni dello studio universitario) l’interesse per il ferromodellismo calò notevolmente. Le poche volte che si usava il plastico (magari per mostrarlo a un parente in visita) le cose non funzionavano più tanto bene: i binari erano un pò ossidati, alcuni automatismi degli scambi si erano bruciati, e il tempo necessario alla manutenzione superava quello che si dedicava all’uso.
Vari anni dopo, nel 1986, mi trovai per lavoro in Germania (a Garmisch) e passando per caso davanti ad un’altra vetrina vidi esposti i Fleischmann piccolo. Incuriosito presi il catalogo, e scoprii le motrici pulisci-binari.
Ne acquistai subito una, con i relativi vagoncini, nella speranza che potesse semplificare la manutenzione e quindi dare nuova vita al plastico. In effetti le cose andavano meglio (anche per la migliore qualità della motrice) e questo diede l’impulso per una revisione del plastico. Durante un altro viaggio, a Innsbruck mi capitò di trovare un negozio che vendeva materiale Roco: presi binari flessibili e scambi, che sostituirono gli Atlas. L’impianto delle stazioni ebbe alcune modifiche visto che gli scambi curvi ora disponibili permettevano nuove geometrie.
Pietro rifece tutti i semafori, realizzandoli in ferro, e costruì un pilone di illuminazione per la stazione di Querceto. Aggiunse vari edifici – realizzati questa volta in cartone, come nel caso di un bellissimo casello di linea.
Aveva anche provato a fare i pali della catenaria con chiodi e graffette: erano molto carini ma farne in numero sufficiente sarebbe stata un’opera lunga e noiosa, quindi non si andò oltre la realizzazione di qualche il prototipo.
Gli anni successivi videro il pensionamento delle vecchie motrici Lima e la loro sostituzione con una locomotiva BR38 Fleischmann (da cui derivava l’italiana Gr. 675, ma al momento dell’acquisto a Monaco non lo sapevo!) e un Arnold E63 Simplex con il quale poter fare le manovre. Soprattutto videro però l’arrivo della terza generazione di utenti, pronta ad ammirare ancora il meraviglioso plastico di nonno Pietro, mentre nonna Noemi dovette continuare a portare pazienza…
Vedi anche:
Marco,non ho parole,solo una FANTASTICO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Maurizio Casini-Ropa
Bello!
Emozionante la scia dei ricordi……..
splendido
That layout looks incredible after so many years! Your story provides good evidence for why good engineering is so important in the development of the layout (something I did not pay as much attention to as I wish I did now – I do not think my own layout will survive as long as your did unfortunately!).
Thank for the great photos and for sharing the good memories!
non ho parole, ma solo tanti ricordi emosionanti. Grazie terrò con dedizione questo fantastico documento storico. Un abbraccio
[…] qui descritta ha il pregio di una maggiore generalità. La soluzione illustrata qui è usata nel plastico di Querceto. Segnala questa pagina:FacebookStampaMoreEmailTwitterDiggStumbleUponRedditLike this:LikeBe the […]
[…] schema elettrico qui descritto è stato effettivamente usato nella realizzazione del plastico di Querceto. Segnala questa pagina:FacebookStampaMoreEmailTwitterDiggStumbleUponRedditLike this:LikeBe the […]
[…] nelle pagine di pubblicità qualche elemento adeguato. Lo facemmo ai tempi della costruzione del plastico di Querceto (primi anni ’70), ma in realtà non fu facile trovare delle immagini abbastanza piccole da […]
[…] storia del plastico di Querceto e Pian Ginestra abbiamo parlato qualche tempo fa. Abbiamo visto come abbia tre linee indipendenti, ciascuna comandata dal suo trasfromatore. Qui […]
Ho scoperto (purtroppo) solo stasera, seguendo i link dell’articolo sulla 218, il tuo (vostro) plastico “Querceto”. Cosa dire: fantastico!
Ciao,sono sempre Fabio e gradivo precisare che posso inviare le foto del mio plastico N nonché la data e firma di chi lo ha costruito. Ciaoooo
Salve a tutti,mi chiamo Fabio. Ho un plastico in scala enne costruito nel 1968 e ancora perfettamente funzionante.Quindi essendo anche se di un solo anno più vecchio del suddetto pellissimo plastico “querceto”,risulta al momento essere il più vecchio plastico in scala enne esistente in Italia.Posso anche mandare le foto del plastico e della targhetta attestante l’anno di costruzione con il nome del costruttore. Ciao.