Pubblicato il 2 luglio 2022
Sin dal momento della costituzione delle Ferrovie dello Stato nel 1905, esistevano norme precise per l’effettuazione di convogli denominati “leggeri”: dovevano avere una composizione non superiore a 16 assi (in presenza di automotrice, i suoi assi concorrevano al conteggio, mentre se erano trainati da una locomotiva gli assi di questa non entravano nel novero). Per questi convogli era ammessa la circolazione senza il carro scudo, che all’epoca doveva essere di norma presente tra locomotiva e le carrozze. La composizione non doveva eccedere il 60% della prestazione della locomotiva, al fine di permettere buone accelerazioni che minimizzavano quelli che erano denominati i “perditempo”, ovvero i tempi necessaria a fermare e poi far ripartire i convogli in occasione delle fermate.
Per questi treni furono spesso impiegate le locotender dei gruppi Gr.870, Gr.875 e Gr.880: l’uso di locomotive più potenti per questi piccoli convogli era considerato antieconomico.
Nel “ventennio” si accentuò l’enfasi sui treni leggeri. In particolare, all’inizio degli anni ’30 si “inventarono” le nuove Littorine (1932), ma al tempo stesso (1931) ed in modo complementare si decise di istituire nuovi treni convenzionali leggeri caratterizzati da una elevata velocità commerciale. Questi erano destinati ad alcuni tratti delle linee principali, ma soprattutto alle linee a scarso traffico. Vennero identificati con un asterisco nell’orario di servizio, e quindi furono detti “asteriscati”. Per questi convogli fu aumentata la velocità di piena corsa sino al massimo permesso dalla potenza della locomotiva e furono ridotti i “perditempo” ad un minuto complessivo per ogni fermata. Ci si spinse anche oltre, definendo i treni di “Tipo A”, composti di due sole carrozze (generalmente a carrelli e con cassa di legno) con una massa complessiva rimorchiata inferiore a 70 tonnellate. Questi entrarono in servizio nel marzo 1932, ed il loro numero crebbe nell’anno successivo. Per i “Tipo A” il perditempo era ridotto a 30 secondi per fermata, e quindi si riusciva a far avvicinare, almeno in certi casi, i tempi di percorrenza degli accelerati a quello dei diretti. Anche il personale di scorta era ridotto, limitato al solo capotreno.
Fu proprio per treni leggeri delle varie tipologie che nel 1933 vennero ordinate le carrozze a due assi Tipo 1933 (Terrazzini) presenti nella foto di apertura di questa nota, e che successivamente evolvettero nei Tipi 1936 (35000 e 65000).
Delle carrozze ci occuperemo in note future: qui vogliamo esplorare un po’ le motrici dedicate a questo tipo di servizio. La storia di queste locomotive ha inizio con le Gr.870 e le poco fortunate Gr.885, entrambe aventi rodiggio C (0-3-0). Gli anni ’30, con ‘arrivo delle nuove carrozze, i treni asteriscati e i Tipo A, coincidono con il tramonto in ambito FS delle 870 e 885, ma si prosegue con le loro “eredi” Gr.875 e 880 (rodiggio 1-3-0). Questa volta ci concentriamo sulle prime due, delle successive discuteremo prossimamente.
Gr. 870
Le 870 erano un gruppo assai numeroso in ambito FS, consistendo di ben 168 unità costruite tra il 1903 ed il 1911, ovvero tra poco prima e poco dopo la nascita delle FS (1905) che unificavano gli esercizi ferroviari esistenti in precedenza.
Ne abbiamo due splendide immagini dell’ing. Bruno Bonazzelli, famoso tra l’altro per il suo “Album delle locomotive” pubblicato a puntate con lo pseudonimo “ZetaZeta” sulla storica rivista “H0 Rivarossi”. Per inciso, Bruno non amava le 870, perché le ricordava come le locomotive che lo portavano in collegio…
All’atto della costituzione della nuova compagnia ferroviaria nazionale, 85 motrici di questa serie erano già esistenti, e provenivano dalla Rete Adriatica (76 unità) dove erano inizialmente immatricolate 2801-2876 (e poi costituirono il gruppo 280), Ferrovia della Valsugana (6 macchine) e Società Nazionale Ferrovie e Tranvie dove 3 di queste locomotive erano usate sulla Fidenza-Cremona.
Si trattava di locotender a tre assi accoppiati a vapore saturo ed espansione semplice a cilindri esterni (a chi non fosse familiare con i concetti di espansione semplice e doppia, e alle tipologie di cilindri suggeriamo la lettura di una nota che scrivemmo qualche anno fa).
Una peculiarità di questa motrice è che era pensata per le prime sperimentazioni di conduzione ad agente singolo, eventualmente coadiuvato dal capotreno. A tal fine era necessario garantire il passaggio in sicurezza di quest’ultimo dalle vetture trainate alla motrice. Sul retro della cabina era quindi presente una porta di intercomunicazione e di una piccola piattaforma per facilitare il passaggio in caso di necessità. Occorreva permettere il passaggio anche nel caso la motrice fosse agganciata in modo da viaggiare a ritroso: per questo la piattaforma era presente anche sul frontale, e delle ringhiere proteggevano il transito. Queste correvano sul lato sinistro della motrice, dove si trovava un praticabile più ampio di quello destro che conduceva ad una porta posta sul frontale della cabina (e che si può vedere semiaperta in una foto sopra). Il praticabile destro era invece usabile solo per operazioni di manutenzione a macchina ferma. Le casse dell’acqua, situate in modo asimmetrico lungo le due fiancate, erano disposte in modo da non ostacolare il passaggio e potevano contenere 4,5 mc di acqua. Le scorte di carbone consistevano di 1,7 tonnellate. La potenza erogata (360 HP erogabili con continuità a 45 km/h) permettevano di raggiungere una velocità massima di 65 km/h. La massa, interamente aderente, era di 33.6 tonnellate.
Queste caratteristiche ne facevano motrici atte soprattutto all’impiego su linee secondarie a profilo piuttosto pianeggiante.
Il rodiggio 0-3-0 aveva passo corto (3600 mm) ma rigido, con ruote da 1510 mm equispaziate. Era quindi possibile girare le motrici anche sulle piccole piattaforme girevoli da 5,5 m.
Furono costruite da fabbriche italiane (Ansaldo, Breda, CM Saronno) e da varie tedesche: la Hannoversche Maschinenbau AG (Hanomag) ne presentò una alla esposizione Internazionale di Torino del 1911.
Come detto, in ambito FS queste motrici vennero dismesse nei primi anni ’30, dopodiché diverse di esse furono noleggiate a ferrovie concesse (FCU, Reggiane, Val Brembana, FVS…). Il gradimento maggiore si ebbe in Puglia presso le Ferrovie del Sud Est, dove vennero acquistate ben 22 motrici di questo tipo dismesse dal gestore nazionale. Varie immagini delle 870 all’epoca delle FSE si trovano nell’articolo di Aldo Riccardi su TuttoTreno 87, pag 26-27. Da tali fotografie si può osservare la rimozione delle ringhiere.
Nel 1976, Hansjürg Rohrer ne ha fotografate un paio (la 135 e 136) accantonate a Lecce. Sono forse le ultime immagine di queste motrici: non ne è stata preservata nessuna, nemmeno come monumento.
Per chi volesse approfondire, segnaliamo un altro articolo di Aldo Riccardi a pag.26 di TuttoTreno 147 del 2001: vi si trovano tra l’altro varie immagini, la lista di tutti gli esemplari e notizie sui depositi di assegnazione.
Gr. 885
Dalle 870 derivò, con poche modifiche, il progetto della 885, costruita nel 1906 in 16 esemplari. Il primo fu presentato alla Breda alla Esposizione di Milano di quell’anno.
La macchina, assai simile alla precedente, differiva soprattutto per il fatto di essere a doppia espansione, e di avere quindi il cilindro destro più grande di quello sinistro: quest’ultimo era identico a quello della 870 (diametro 370 mm) mentre quello maggiorato aveva diametro di 570 mm. L’altra differenza era nella caldaia, di dimensione leggermente maggiore ed in grado di sopportare una pressione di 15 atmosfere contro le 12 di quella delle 870. Peraltro, in fase di revisione, a diverse 870 fu montata la caldaia delle 885, timbrandola però a sole 12 atmosfere.
La serie non fu fortunata: le locomotive a doppia espansione spesso soffrono nello spunto iniziale, e nel caso della 885 questo era aggravato dalla limitatezza della caldaia. Questo difetto le rendeva meno che ideali per il tipico servizio a cui erano destinate, per cui alla prima serie di macchine non fecero seguito altre forniture, mentre invece si continuavano a produrre le 870.
Nel modellismo
Non ci risultano riproduzioni in scala N di queste motrici. In H0 vi è la splendida riproduzione di una 870 da parte di Alpenmodell (esaurita): ne riprendiamo alcune immagini, rimandando al sito per ulteriori fotografie.
Le 870 anticipavano di un secolo il concetto, oggi universale, dei prototipi E 453/E 454 ma soprattutto delle onnipresenti E 464 e delle ricostruite E 402/E401.