Pubblicato il 17 settembre 2016
Il Futurismo aveva lanciato il sasso nei primi anni del ‘900, aprendo un’era che celebrava la velocità ed il progresso. Il regime nato negli anni ’20 era in sintonia con queste idee. Il treno, simbolo di progresso e strumento di innovazione economica e sociale, ne ebbe un fortissimo impulso innovatore. La sperimentazione con la corrente continua 3.000 V effettuata a partire dal 1928 sulla linea Benevento-Foggia aveva aperto la strada: non restava che percorrerla con decisione. Allo scopo erano state progettate e realizzate le nuove macchine elettriche, le E.626, a cui fecero seguito le altre nuove motrici: la E.428, la sfortunata E.326, e quella E.424 la cui realizzazione sarebbe slittata nel tempo. Per il traffico locale vennero introdotte le automotrici leggere (ALe 88 e 79), ma non vennero trascurate le zone non elettrificate per le quali si inventò la Littorina. Si curarono poi le punte di diamante: l’autotreno (ATR 100) e l’elettrotreno (ETR 200). Nel giro di un decennio (ferroviariamente assai affascinante) il panorama dei trasporti su ferro subì rapide e fantastiche variazioni, riassunte magistralmente nella seguente foto che mostra un ETR.200 trasferito, su una tratta non elettrificata, da una Gr.685.
Questa volta ci concentriamo su uno di questi elementi: l’ETR 200, presentato alla stampa internazionale l’11 giugno 1936 nella stazione di Roma-Termini. Lo stesso giorno il convoglio (l’esemplare era l’ETR 201) percorse la Roma Termini-Napoli Mergellina ad oltre 130 km/h di media con velocità di 175 km/h tra Roma e Formia.
Era prodotto dalla Breda (da cui la cifra iniziale “2”, mentre l’ATR 100, il “gemello” a trazione termica, era prodotto dalla FIAT che veniva identificata con la cifra “1”, tradizione che fu ripresa successivamente nella sigle delle motrici Diesel del dopoguerra.
Un bel video dell’Istituto Luce del 17 giugno 1937 lo presenta.
Gli esordi e l’epoca dei record
Era stato ordinato nel 1934, e il progetto originale prevedeva una velocità massima di 130 Km/h, già di per sé notevole, visto che nessun convoglio in servizio regolare aveva mai superato i 120 Km/h, ma nel corso dello sviluppo le ambizioni crebbero di molto. Ne risultò un treno che non solo era incredibilmente veloce, ma era anche elegante nelle forme, e lussuoso: con aria condizionata e vetri bloccati, e servizio ristoro bordo. Le consegne della prima partita (6 elettrotreni ETR.201>206) vennero ultimate entro l’autunno del 1936, ma prima di mettere in servizio i convogli si vollero fare diverse prove. Tra queste, notevole quella del 6 dicembre 1936, quando tra Campoleone e Cisterna venne raggiunta la velocità di 201 km/h, con una media di 190 km/h fino a Latina. Una di queste corse di prova ebbe un drammatico battesimo di sangue: a Ficulle un convoglio sviò a causa della rottura di un cerchione, ed il macchinista perì nell’incidente. Le indagini scoprirono che il problema derivava dalle elevatissime temperature che venivano raggiunte in frenata: riscaldamento e raffreddamento provocavano microfratture che compromettevano la solidità egli assali. Vennero quindi sostituiti tutti assi con degli altri realizzati in acciaio: tale lavoro rese impossibile fare entrare in servizio gli ETR in occasione del “Natale di Roma” il 21 aprile 1937.
Nel frattempo l’ETR.201 venne presentato anche alla Mostra Ferroviaria dell’Esposizione Internazionale di Parigi e alla Fiera di Milano, dove era presente anche l’ATR 100.
Come tutte le nuove motrici dell’epoca, esibiva inevitabilmente il simbolo del regime: il fascio littorio.
I treni iniziarono il loro esercizio con l’entrata in vigore dell’orario estivo del 1937, il 22 maggio, assegnati al Deposito di Bologna Centrale. Il servizio fra Bologna e Napoli di 629 km era coperto in 6 ore esatte, alla velocità commerciale di 105 km/h sull’intero percorso e di ben 117 km/h nel tratto Roma-Napoli. La Bologna Milano non era ancora elettrificata (entrò in esercizio il 14 novembre 1938), e fino a quella data i passeggeri trasbordavano sulle ALn.40. Successivamente il trasbordo su queste ultime lo dovettero fare a Milano i passeggeri diretti a Torino. Lo stesso avveniva a Livorno, dove una ETR.200 giungeva da Roma, e da lì si proseguiva verso Liguria e Piemonte con le ALn.40. Con l’orario invernale ’39-40 il cambio venne spostato a Viareggio.
Analoga pratica si sarebbe avuta tra la fine della guerra e il maggio 1946, quando ad essere senza elettrificazione (per i danni bellici) fu la Firenze-Roma.
Tra il 1938 e il 1939 il servizio fu affiancato da ulteriori test velocistici nel corso dei quali la velocità di 201 Km/h fu nuovamente toccata, sempre sulla Roma-Napoli: 15 gennaio 1938, con tecnici francesi a bordo e 27 luglio 1938, con a bordo un ministro e autorità varie (media 154,5 Km/h sul percorso completo). Non si trattò di record, che venne invece stabilito dal 212 il 20 luglio 1939 sulla Firenze-Milano (che nel frattempo era stata elettrificata). Per la verità non fu un record di velocità “pura”, ma si trattò del primato mondiale di velocità commerciale (164 km/h di media) su lungo percorso: i 315 km che separano il capoluogo toscano da quello lombardo furono coperti in un’ora e 55 minuti. In particolare, la tratta Bologna-Milano fu percorsa in 77 minuti alla media di 171 Km/h, con punta di velocità di 203 Km/h raggiunta presso Pontenure, tra Fidenza e Piacenza.
In una prima parte di percorso vennero tenuti alzati entrambi i pantografi in presa per migliorare la captazione, mentre nella seconda restò alzato solo il pantografo anteriore per sfruttare meglio l’effetto aerodinamico della testa del treno. Si potrebbe forse obiettare che non era esattamente un viaggio commerciale: la tensione di linea era stata alzata a 4000 V ed alcuni scambi erano stati saldato per permettere il passaggio del bolide senza rallentare. Ma tant’é, e così l’ETR 200 entrò nei libri di storia (e nella propaganda) a fianco del transatlantico Rex che aveva conquistato il Nastro Azzurro nell’agosto del 1933. Proprio al Rex, nel gennaio 1939, era stato affidato il compito di trasportare un’altra unità dell’ETR 200 (il 209) a New York per la Fiera Universale (ne abbiamo parlato altrove, mostrando anche le immagini dell’imbarco). Così, mentre il 212 stabiliva il record, il 209 faceva eco all’avvenimento celebrando il “genio italiano” al di là dei mari.
Sempre nel 1939, L’ETR 200 fu parte dei festeggiamenti per i 100 anni delle Ferrovie in Italia: la celebrazione alla stazione di Napoli Centrale lo videro affiancato alla Bayard.
Furono emessi francobolli per celebrare l’evento.
La struttura
Gli elettrotreni sono caratterizzati dalla distribuzione della potenza nell’intero convoglio: tutti i carrelli sono motori. L’ETR 200 aveva composizione bloccata, composta di tre casse articolate poggianti su quattro carrelli che sfruttavano il brevetto Jacobs che prevedeva i carrelli intermedi condivisi da due casse adiacenti: vi erano quindi quattro carrelli motorizzati ed equispaziati, con passo di 17,5 m sui quali poggiavano tre casse. Quella centrale era sensibilmente più corta delle altre due, che proseguivano a sbalzo oltre il carrello anteriore sul quale era posta una testata aerodinamica triangolare detta “testa di vipera” disegnate dall’architetto G. Pagano e la cui aerodinamica era stata studiata dal Politecnico di Torino.
Il muso può portare a confondere l’ETR.200 con il coevo ALe.779/Ale.883, che presenta il muso di vipera ma che ha vocazione assai diversa, essendo una automotrice (e non elettrotreno) modulare eclettica, usata sia per il traffico locale che per relazioni a più lunga distanza. Le differenze sono molte, ma un elemento che a prima vista disambigua immediatamente i due è che l’ETR.200 ha carrelli Jacobs condivisi tra coppie di carrozze mentre l’ALe ha due carrelli per carrozza. Inoltre L’ALe ha due pantografi su ciascuna motrice, mentre l’ETR presenta il solo pantografo frontale su ciascuna vettura di testa.
La lunghezza totale dell’ETR.200 era di 62,8 m. Il rodiggio era B’o(1Ao)(Ao1)B’o: dunque come detto la potenza era distribuita sull’intero convoglio, ma non in modo uniforme: le due coppie di carrelli estremi erano entrambi in trazione su ambo gli assi, mentre i carrelli intermedi avevano un asse motorizzato ed uno portante, per un totale di 6 assi motori su 8 totali. La potenza totale erogata era pari a 900 KW.
L’interperno era di 17500 mm, ed il passo dei carrelli era pari a 3000 mm.
Per migliorare l’aerodinamica il convoglio era interamente carenato, incluso il sottocassa, sulle cui fiancate s aprivano vari sportelli per accedere a batterie e attrezzature tecniche.
I convogli erano predisposti per l’accoppiamento con altri esemplari, con i quali potevano viaggiare in trazione multipla. Organi di aggancio e condotte erano nascoste da un portellone frontale. Lo si vede bene chiuso nell’immagine sottostante, ed aperto in quella vista prima e che mostra il fascio.
Cromaticamente, il convoglio si basava sulla classica coppia castano-isabella: il primo era applicato alla fascia inferiore della cassa e alle porte. Almeno per alcuni esemplari, la verniciatura di fabbrica, con la quale vennero fatte alcune delle prove, era però differente: bianca con sottocassa e porte rosse (la stessa verniciatura riportata sui manifesti pubblicitari Breda, e che vestì l’unità esposta a New York).
A causa della elevata velocità di esercizio, i convogli presentavano problemi di captazione della corrente e di stabilità del pantografo, per controllare il quale fu installato sul montante centrale del frontale uno specchietto retrovisore cosicché il personale di macchina potesse tenere sotto controllo il pantografo.
Quest’ultimo in origine era un Tipo 42, poi sostituito con un Tipo 42 LR dotato di un rinforzo fatto da doppi bracci.
Le porte di accesso erano a battente.
La capienza era assai limitata, con un totale di soli 94 posti a sedere, di cui solo 35 in prima classe. Questo accadeva perché parte degli spazi erano adibiti al trasporti vari. Prima e seconda classe offrivano allestimenti sostanzialmente uguali, differendo soltanto per la tinta delle pareti, del ciclo, e delle stoffe: in Ia, tutto era intonato sul colore verde chiaro; in IIa dominava la tonalità rosso mattone chiaro.
Nella prima serie (ETR.201-206) La carrozza 1, di 2a classe con cucina, era denominata “B” e offriva 35 posti a sedere.
Esternamente su un lato mostrava 10 ampi finestrini rettangolari, sull’altro 9.
I finestrini danno la misura di un “modulo”, che prenderemo come unità standard per descrivere la struttura interna del treno. Dietro alla cabina di guida presentava il suo unico vestibolo di ingresso: saliamo idealmente a bordo da qui per percorrere il convoglio. Dando le spalle alla cabina di guida, oltre il vestibolo troviamo una breve corridoio (lungo un modulo). Sulla destra troviamo la prima ritirata, e sulla sinistra uno spazio per bagagli ingombranti (il finestrino in corrispondenza di tale spazio è caratterizzato da barre verticali a protezione del vetro). Entriamo quindi nel comparto passeggeri, che conta con 35 posti, disposti in sei moduli da 1+1 sulla sinistra e 2+2 sulla destra del corridoio paracentrale. L’ultimo sedile a sinistra è mancante per dare spazio all’accesso ad un corridoio che corre lateralmente a fianco del successivo blocco: la cucina con annessa dispensa. Questa zona occupa lo spazio di tre moduli , ed è divisa in due “stanze” di dimensione circa uguale: la dispensa e la cucina. In corrispondenza della divisione tra le due il finestrino è accecato, rendendo le due fiancate asimmetriche. La cucina, dotata di forno a carbone, non è climatizzata, e quindi il finestrino è l’unico apribile dell’intero convoglio.
Passando per l’intercomunicante accediamo alla carrozza 2 (intermedia) di 1a classe, denominata “A”, che esternamente ha 8 finestrini.
Incontriamo subito un vestibolo di accesso: la porta è situata proprio sul carrello, passato il quale incontriamo nuovamente, come nella carrozza B, un corridoio da un modulo con ritirata a destra e vano di servizio a sinistra. Procedendo entriamo nel vano centrale che offre con 35 posti a sedere, nuovamente con corridoio paracentrale. Questa volta i sedili singoli sono a destra, i doppi a sinistra. Il primo dei doppi è assente per dare spazio alla porta di accesso, e quindi i sei moduli presentano 35 posti anziché 36. Segue un nuovo breve corridoio centrale da un modulo, con a sinistra un vano servizi e a destra uno spazio per bagagli ingombrati: anche qui il finestrino è protetto da barre.
Giungiamo all’altro vestibolo, anche questo con porta sopra il carrello. Tramite l’intercomunicante raggiungiamo la carrozza 3 era denominata “BDU”.
Esternamente presenta un piccolo finestrino quadrato, porta di accesso, sette finestrini, portellone chiuso con una serranda, finestrino.
Inizia con un breve corridoio (da un modulo) tra intercomunicante con vani di servizio su entrambi i lati (illuminati da un piccolo finestrino quadrato per parte). Nuovo vestibolo, ed un secondo breve corridoio da un modulo con ritirata a destra e spazio per bagagli ingombrati con finestrino protetto a sinistra. Il successivo vano passeggeri è di dimensione ridotta, ed offre solo 24 posti in seconda classe, con 6 moduli con posti singoli che si fronteggiano a sinistra, e posti doppi a destra. Segue un corridoio a L da un modulo che porta sulla nostra sinistra, mentre a destra c’è la seconda ritirata di questa carrozza(la quarta del convoglio). Sul corridoio si apre anche un piccolo ripostiglio. Lo spazio successivo, grande quanto due moduli di finestrini, è dedicato al bagagliaio (da cui la D della sigla), ben identificabile grazie alle serrande che permettono un agevole carico e scarico. Segue l’ufficio postale (U), da un modulo. Il successivo ed ultimo vestibolo é di servizio (non usabile dai passeggeri). Si chiude con la cabina di guida.
Le poltroncine in gommapiuma potevano essere sistemate in due posizioni, reclinando leggermente lo schienale.
I pasti venivano serviti al posto grazie ad alcuni tavolini smontabili.
La disposizione della cucina però risultò non ottimale, specie per quel che riguarda il servizio clienti sulla BDU, per cui i viaggiatori di seconda non interessati al pasto vennero invitati ad accomodarsi in quest’ultima carrozza.
Sull’imperiale, le carrozze 1 e 3 avevano un pantografo di Tipo 42L ciascuna. I cavi elettrici che si dipartivano da essi correvano fino a 3/4 della lunghezza sulla carrozza 1 (B), e per molto meno sulla 3 (BDU).
Seconda e terza serie
L’esperienza fatta con la prima serie permise di effettuare significative migliorie sugli 8 treni di seconda serie, ordinati nel 1936, entrati in servizio tra il novembre 1938 e il febbraio 1939 e contraddistinti dai numeri ETR.207-214.
Alcune riguardavano miglioramenti di comfort, come i nuovi diffusori per l’aria condizionata, diversi corpi illuminanti, doppi vetri ai finestrini, porte di accesso a migliore tenuta con gli spigoli superiori arrotondati e dotati di una grondaia-gocciolatoio, un migliore isolamento termico. Anche poltrone e divani vennero completamente ridisegnati.
Altre, più evidenti, riguardarono una migliore disposizione dei passeggeri, concentrati nelle sole carrozze 1 e 2, mentre la 3 era interamente dedicata ai servizi. La capacità aumentò a a 100 passeggeri, nonostante l’abolizione della seconda classe: il convoglio quindi seguì appieno la sua vocazione elitaria.
La prima carrozza (A) vedeva l’eliminazione della cucina e l’aumento di quello dedicato al salone passeggeri, che passava a 54 posti (9 moduli da 2+2 + 1+1 posti). Rispetto alla B della prima serie, la struttura si semplifica: entrando dal vestibolo posto vicino alla cabina di guida passiamo per il corridoio da un modulo, che mantiene toilette a destra e spazio bagagli a sinistra, e troviamo il salone composto di 9 moduli (sedili singoli a sinistra, doppi a destra).
Altri schemi degli ETR di prima e seconda versione (interni ed esterni) sono disponibili su pescaraferr – solo per i soci, ma per iscriversi gratuitamente basta inviare una richiesta via e-mail.
La seconda vettura (anch’essa A) aumentava il numero di passeggeri da 35 a 46, grazie all’abolizione di ritirata e locali di servizio. tutti gli 8 moduli della carrozza centrale sono quindi dedicati a spazio passeggeri. I sedili singoli sono a destra, quelli doppi a sinistra.
L’ultima coppia di sedili singoli (verso la DU) è soppressa per dare spazio al capocameriere. In corrispondenza di tale spazio il finestrino viene ridotto di dimensioni, divenendo quadrato e rendendo asimmetriche le due fiancate.
Come nella vettura A della prima serie abbiamo vestiboli di accesso a entrambe le estremità.
La terza carrozza (DU) non ha posti per passeggeri, ma è interamente dedicata ai servizi, e a differenza delle altre due non è climatizzata. Entrando dall’intercomunicante troviamo subito la toilette a sinistra e uno spazio bagagli a destra, prima di un ulteriore vestibolo di accesso, passato il quale un lungo corridoio (cinque moduli) corre sul lato destro per giungere ad una ulteriore ritirata.
La zona a sinistra della ritirata comprende cucina, dispensa e vani di servizio. Anche qui, il finestrino della cucina è apribile. Oltre il lungo corridoio si giunge nel bagagliaio (due moduli) che mantiene le serrande della prima serie, così come restano al loro posto ufficio postale e vestibolo di accesso riservato al servizio. Rispetto alla BDU la finestratura cambia: sul lato alla nostra destra il piccolo finestrino quadrato che si trovava presso l’intercomunicante prende le dimensioni di un finestrino standard. I restanti finestrini, disposti lungo il corridoio, aumentano la spaziatura tra di loro. Sulla fiancata di cucina e dispensa si crea un’alternanza di finestrini rettangolari, quadrati e soppressi.
Dal punto di vista meccanico nella seconda serie vennero radicalmente modificati i carrelli, realizzati con una coppia di molle ad elica per ciascuna ruota. Vennero così irrobustiti e migliorati nelle sospensioni. Anche i motori di trazione vennero lievemente modificati, applicando un indebolimento di campo del valore del valore di circa 40%, utilizzabile nelle combinazioni di “serie” e “serie-parallelo”.
Successivamente anche i treni di prima serie furono progressivamente resi omogenei ai seconda serie.
La verniciatura dei seconda serie differiva per la presenza del rosso segnale nella parte del sottocassa davanti al carrello anteriore.
I 14 convogli (prima e seconda serie) furono assegnati ai Depositi Locomotive di Bologna Centrale, Milano Centrale, Roma San Lorenzo e Livorno.
La terza serie (ETR 215-218) fu sostanzialmente identica alla seconda, con alcune minori miglioramenti: un nuovo dispositivo di controllo e regolazione della temperatura che era stato testato con successo sul 207, registrazione della timoneria del freno e sospensioni auto-smorzanti. I treni, ordinati nel 1939, furono consegnati negli ultimi mesi del 1941, in piena guerra.
Il periodo bellico e la ricostruzione
A caua della guerra, dal 15 dicembre 1940 gli ETR furono distolti dal servizio e accantonati in diversi D.L. o sottoposti a riparazione. Nell’estate 1941 furono concentrati tutti nel D.L. di Roma San Lorenzo.
I convogli di terza serie fecero appena in tempo a fare le corse di prova a Bologna, ma non entrarono in servizio e nel gennaio ’41 furono accantonati assieme agli altri. Due di essi, il 216 e il 218, vennero completamente distrutti dai bombardamenti, e dunque non trasportarono mai alcun passeggero. Nel 1946 vennero demoliti.
Tutti gli altri ETR vennero danneggiati, 13 dei quali gravemente, cosicché al termine del conflitto nessuno poté essere pienamente operativo. Del resto, se anche lo fossero stati, l’armamento, anch’esso danneggiato, non avrebbe permesso di usarli al pieno delle loro capacità. Nè il rimettere in sesto la flotta di ETR era considerato urgente: altre erano le priorità del momento, occorreva rimettere in piedi il Paese.
Così nel 1946 venne ripresa una minima attività regolare, garantito dai tre elettrotreni che avevano subito danni minori, due dei quali facevano da scorta mentre uno effettuava il servizio.
I 13 messi peggio vennero poco a poco ricostruiti ad opera delle officine Breda e di quelle FS di Bologna. Se ne approfitto per effettuare delle piccole modifiche: fu installata la tromba elettrica per le segnalazioni acustiche, i respingenti furono ingranditi e modificati nella forma, passando da 240 mm a 380 mm. Si tentò di risolvere l’anno problema dei pantografi, che vennero sostituiti o modificati con un doppio archetto centinato. Lo specchietto per il loro controllo venne spostato sul montante destro della cabina.
Vi fu una piccola variazione di livrea, con l’inserimento di una fascia rossa fra il castano della carenatura e l’isabella della cassa.
La ricostruzione fu completata nel giugno del 1950 per 7 unità che rientrarono in servizio, portando la flotta attiva a 10. Gli altri 6 rimasero in ricostruzione alla Breda fino al 1952. Una volta giunti a pieno regime, la loro turnazione previde 8 convogli in servizio rapido normale, 5 dedicati a servizi straordinari e alla riserva e 3 fermi per revisioni o riparazioni.
Fra il 1953 e il 1956 sugli ETR.203 – 204 – 205 – 206 – 215 venne installato un nuovo impianto di condizionamento d’aria (Stone), che richiese la creazione di una “gobba” sull’imperiale tra la prima e la seconda carrozza: si trattava di una cupola con prese d’aria laterali che conteneva i ventilatori d’aspirazione dell’aria di rinnovo e dei filtri. Sugli altri 11 venne invece installato un nuovo impianto di condizionamento studiato appositamente per le esigenze ferroviarie, molto più raffinato, che migliorò notevolmente il confort ambientale.
Fino al 3 giugno 1956, data di abolizione della 3 classe dalle ferrovie italiane, sugli elettrotreni si fece spesso servizio di seconda, oltre che di prima classe.
La cessione dello scettro.
Le FS commissionarono nel 1950 e misero in servizio a fine 1952 i primi due ETR.300 “Settebello”, più moderni e capienti degli ETR.200 (190 passeggeri invece di 100). Toccò a loro dunque rilevare il servizio di maggior prestigio: inizialmente il Milano-Napoli, successivamente limitato a Roma. Inevitabilmente gli ETR.200 divennero comprimari: fecero da riserva ai nuovi Re o li sostituivano nei periodi di riparazione ciclica (d’inverno). Restarono però sulle altre relazioni, inclusa la Milano-Napoli (Freccia del Vesuvio) dove viaggiavano in composizione doppia fino a Roma (fino al 1957 la coincidenza da/per Torino era garantita dalle ALn.990).
Effettuavano la relazione rapida Roma-Genova (R 552-555, poi denominati “Tirreno”), dove i passeggeri per Torino trasbordavano sugli ATR.100, sostituiti nel 1957 dalle 840 “anfibie” (Lebc.840+ALe.840+Le.840).
Collegavano poi Milano con Venezia(R 587-590 “Rialto”), e quest’ultima con la capitale (R 553-558 “Freccia della Laguna”). Quest’ultima relazione era prolungata fino a Trieste dapprima con delle ALe.540, poi con un ETR.200 che viaggiava in doppia composizione tra Roma e la Serenissima e che proseguiva in singola verso il capoluogo giuliano.
Nel 1959 entrò in servizio il terzo ETR.300 che permise di garantire la copertura del Milano-Roma senza la sostituzione invernale, ma fu l’anno successivo che gli ETR.200 furono scalzati: l’avvento degli ETR.250 (sostanzialmente una versione accorciata degli ETR.300, limitata a 4 carrozze anziché 7) rese obsoleti gli ETR.200. Le FS decisero quindi di operare con intervento riequilibratore, che riportasse gli storici elettrotreni sullo stesso piano dei giovani discendenti. Fu un revamping massivo che passò attraverso più fasi, e che fu salutato dall’abbandono della storica livrea castano-isabella per assumere il grigio nebbia-verde magnolia inaugurato dal Settebello. Ma qui comincia un’altra storia, e la racconteremo un’altra volta.
Per approfondimenti, un riferimento essenziale è il numero dedicato di Tuttotreno (n.276 – Luglio Agosto 2013) che nelle pagine centrali ha bellissimi disegni in scala 1:160 di tutte le versioni delle ETR.200-220-240.
Interessante un articolo descrittivo tratto da Sapere del 1937 reperibile in rete.
Grazie a Gigi Voltan per aver verificato l’articolo e per alcune immagini.
Nel modellismo
In H0 vi sono varie versioni dell’ETR.200 : industriali di queste (il 209) ed alcune artigianali, tra le quali abbiamo trovato quella di Zanatta (non parliamo qui di ETR.220 o di 240).
In epoca comasca, Rivarossi aveva prodotto 3 modelli: il 209 in configurazione di origine, il 213 post ricostruzione (con banda rossa), entrambi con due motori, e successivamente il 210, anch’esso post-ricostruzione, con un solo motore ma un migliore funzionamento. In epoca Hornby è stato riprodotto il 212 – versione del record. I quattro modelli Rivarossi sono discussi su valestelor.
In Scala N l’ETR.200 è stato realizzato in versione postbellica da Lorenzo Colli (LoCo). La motorizzazione è posta nella carrozza 2, con trazione sulle 4 ruote. Come tutti i modelli di Lorenzo, è pensato per il plastico ed è in grado di circolare senza problemi anche sui raggi più stretti. A listino figurava a 450 €. E’ una riproduzione dell’esemplare 211.
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