Pubblicato il 13 dicembre 2014
Fino agli anni ’80 la scala N italiana non offriva certo la ricchezza di modelli di buona qualità disponibili oggi: c’era pochissimo di industriale, e qualcosina di artigianale – non noto o non raggiungibile ai più. La produzione industriale si riduceva a tre motrici Lima (di cui una sbagliata, una con uno sproprzionato sottocassa ed una un po’ fuori scala, e tutte con motorizzazioni approssimative, ma con il pregio di essere poco costose e facili da reperire: si trovavano anche all’UPIM! ) e due Rivarossi (ma un modello, la D.341, era fatto da entrambi i produttori), le UIC-X Rivarossi, due carrozze accorciate di Lima (un postale e una UIC-Y) e qualche merci…
In questo panorama si inserisce la figura di Giovanni Muzio, classe 1931, modellista/plasticista che di necessità fece virtù, e data la scarsezza di materiale disponibile diede spazio ad estro e fantasia, ed usando materiali poveri e basi di modelli stranieri riuscì a crearsi un ricco panorama ferroviario italiano. Fu tra i pionieri della scala N, e già negli anni ’60 aveva realizzato il suo primo plastico – nel magazzino della ditta milanese in cui lavorava.
Talvolta ricorreva anche ad incollare fotografie delle fiancate su carri merci e/o passeggeri: insomma qualunque mezzo era lecito pur di riuscire a riprodurre sul plastico modelli non disponibili altrimenti. Il modellismo é insieme un’arte e un gioco, e ciascuno deve essere libero di scatenare la propria creatività per esprimersi e per raggiungere i risultati che vuole. C’è chi ama contare i chiodi, chi fa correre treni della Santa Fe accanto a ICE tedeschi, chi tenta di riprodurre la varietà di una ferrovia reale (che in quegli anni era tanta davvero!) accettando qualche compromesso. Giovanni doveva avere la passione per l’eterogeneità del reale, probabilmente unita a un’attenzione filologica, e non si spaventava davanti a soluzioni che oggi potremmo considerare approssimate, se queste portavano ricchezza. Il meglio é nemico del bene: quindi accettare qualche inevitabile compromesso gli permise di realizzare un dei plastici magistrali, sui quali correvano un po’ tutti i rotabili FS dell’epoca. Nelle foto che li mostrano, sorprende la ricchezza e l’eterogeneità dei mezzi presenti, non raggiunta neppure oggi: la ricchezza di locomotive a vapore e la presenza di trifase sono ad esempio elementi oggi difficilmente visibili nelle collezioni e nei plastici degli eNnisti odierni (di vapore italiano c’é pochissimo, e le trifase sono prodotti di gioellieria o autocostuzioni).
L’inventiva di Giovanni emerge da ogni dettaglio: come modo semplice per realizzare la massicciata sul plastico usò della carta vetrata!
Il plastico
Aveva realizzato a Milano un plastico ragguardevole. Dopo il trasferimento ad Arese ne realizzò un secondo, più grande. Fortunatamente questo fu descritto sul numero 6 di Fermodel News (novembre-dicembre 1981), così é rimasta traccia del grande tracciato ad U.
Il disegno (fatto apposta per la pubblicazione) pare essere piuttosto schematico e approssimativo: difficile far coincidere le foto disponibili con il tracciato disegnato, ma comunque rende l’idea. Un doppio binario correva perimetralmente ed attraversava una stazione ed un grande scalo che permetteva di esporre la ricca collezione di rotabili. Ampio spazio era lasciato, sui lati più lontani dall’osservatore, ad una linea di parata sulla quale guardare i treni che corrono. Un secondo percorso, centrale, era completamente separato dal primo, presentava un falso doppio binario ed aveva un piccolo scalo. I fondali alpini della Faller, anche se più bavaresi che cisalpini, aggiungevano una nota di realismo. I circuiti erano gestiti con due trasformatori, ed i deviatoi sulle linee di corsa erano ridotti al minimo, per evitare deragliamenti, vista la qualità degli scambi disponibili all’epoca!
Era quindi possibile far circolare treni lunghissimi, come quelli che si possono osservare nel filmato ‘anni 80 pubblicato su youtube
Altri filmati interessanti sono disponibili sul canale youtube di Pino Muzio (figlio di Giovanni).
Le vaporiere
Giovanni doveva avere una vera passione per il vapore. Aveva realizzato vari tipi di locomotive diverse, coprendo probabilmente il grosso dei tipi di motrici superstiti negli anni del boom economico. Il totale delle vaporiere realizzate era di circa trenta.
Alcune foto di Antonio Rampini mostrano dettagli della zona “deposito locomotive”. Le foto sono vecchie e la macchina aveva avuto qualche problema all’esposimetro, ma danno un’idea della varietà di locomotive che Giovanni era riuscito a realizzare.
Le motrici non se ne stavano statiche in deposito, ma correvano sul plastico.
A tanti anni dalla scomparsa di Giovanni, che ci ha lasciato nel 1999 all’età di 68 anni, le sue opere sono ancora vive: vediamo qui le sue locomotive trasferite in un altro deposito: quello sul plastico del figlio Pino (Giuseppe), che dal padre ha ereditato la passione.
Le trifase
Come abbiamo già detto, anche le trifase furono oggetto di studio e attenzione da parte di Giovanni, che ne realizzò diverse. Quando la motorizzazione era complicata, lasciava la motrice folle ed usava un carro motorizzato per animare il convoglio.
Ancora una volta, le vecchie foto di Rampini, seppure con colori falsati, danno la possibilità di esaminare in modo più ravvicinati alcuni modelli di Giovanni.
Altre macchine
Anche il resto del parco FS era ben rappresentato nell’interessante collezione autocostruita di Giovanni Muzio. Una collezione, però dinamica, con i due aspetti del modellismo (collezionismo e cura del dettaglio sui singoli rotabili) e plasticismo (riproduzione dell’ambiente, ma con lo scopo primario di far correre i treni) che si sposano in un’unione perfetta: il sogno di ogni ferromodellista!
Ecco dunque che nella collezione troviamo le macchine a corrente continua (articolate e non), automotrici ed elettromotrici. Alcuni diesel da manovra (D.245, Truman) sono visibili in un angolo del deposito locomotive a vapore visto sopra.
La E.636 visibile nella foto sopra era realizzata con due semicasse ottenute dagli E.424 Lima, con un falso carrello centrale. Il mantice di interconnessione tra le semicasse era realizzato con stoffa elastica nera.
Vi si trovavano pure i tram!
Interessante una precisazione fatta da Pino: Giovanni aveva l’abitudine di modificare e/o migliorare nel tempo un modello, sostituendone parti piccole o grosse, oppure distruggendolo per cannibalizzare le parti necessarie alla costruzione di uno nuovo. Dunque un modello è, almeno potenzialmente, in evoluzione permanente: così come per il plastico, non finiscono mai le modifiche e/o migliorie da apportare.
Il premio Muzio
Negli anni successivi alla scomparsa di Giovanni (avenuta nel 1999 a 68 anni), la sua figura assunse un valore simbolico di guida per altri che ne seguirono la filosofia operativa, che in molti avrebbero poi chiamato il “Metodo Muzio“. Il suo lavoro é riconosciuto e celebrato in ambito ASN, che sin dal 2000 propone, con cadenza biennale, un premio ai migliori modellisti autocostruttori intitolato proprio alla memoria di Giovanni.
Ma dove sono i modelli di Giovanni oggi? Come abbiamo già avuto modo di dire, il figlio Pino ha realizzato un suo plastico: proprio su di esso possono ancora sgranchirsi le ruote le trifase di Giovanni, correndo a fianco dei più moderni mezzi che Pino ha collezionato e/o realizzato.
Ulteriori immagini dei frutti del lavoro di Giovanni Muzio sono reperibili in un thread sul forum ASN dal quale le foto presenti qui sono tratte.
Ringrazio Pino Muzio per avermi fornito informazioni di prima mano, ad integrazione di quanto avevo trovato sul forum citato. Un grazie anche agli autori delle varie foto pubblicate sul forum ASN e qui riprodotte.
…da rimanere a bocca aperta…..
Avere ancora queste belle persone accanto e con gli occhi carpire i loro insegnamenti……lunga vita al mondo ferroviario.naz