Pubblicato il 7 ottobre 2023, ultima modifica 7 maggio 2024
Sul finire degli anni ’50 si poneva la questione della sostituzione delle motrici a vapore, che ormai avevano fatto il loro tempo. Per i convogli viaggiatori sulle linee elettrificate ormai si era imposta l’alimentazione in corrente continua a 3 kW, e vi erano state orami varie generazioni di motrici, dalle E.626 degli anni ’20 agli ultimi locomotori in arrivo, E.645 e E.646. Sulle linee non elettrificate iniziavano le sperimentazioni comparative tra macchine a trasmissione elettrica (D.341) ed idraulica (D.342). Per le manovre negli scali restavano in servizio molte vaporiere, affiancate per quelle pesanti dalle motrici rimaste dalla guerra (le americane Ne.120 e le inglesi Ne.700). Le risorse per ordinare nuove motrici non erano molte, e quindi si pensò di provare ad arrangiarsi. Un progetto sviluppato “in casa” (Ufficio Studi Locomotive elettriche del Servizio Materiale e Trazione delle FS) prevedeva di sfruttare telaio, sale, bielle di accoppiamento, boccole esterne e parte della timoniera del freno delle Gr.835 per generare delle motrici da manovra elettriche: era una soluzione che permetteva di contenere costi e tempi acquisendo sul mercato le componenti elettriche (che furono commissionate a Tecnomasio Italiano Brown Boveri – TIBB) da montare autonomamente, mentre la carrozzeria veniva realizzata in casa. Fu così che nelle Officine Grandi Riparazioni di Verona Porta Vescovo vennero costruite un buon numero di motrici da manovra elettriche: le E.321. Tra il 1960 e il 1964 ne fecero 40, numerate da 001 a 020 e da 101 a 120. A quelle di serie 100 poteva essere accoppiata rispettivamente una unità gemella, ma priva di cabine di guida. Queste ultime, costruite in numero di 20, furono immatricolate E.322 da 101 a 120.
Questo permetteva di raddoppiare la potenza disponibile: ogni singola unità metteva a disposizione 190 kW di potenza continuativa, e una coppia di serie 100 offriva quindi 380 kW con trazione su sei assi.
L’insolita coppia (negli Stati Uniti la trazione multipla con delle unità senza cabina di guida è cosa comune, ma in Europa lo è molto meno) fu battezzata con vari nomignoli, il più diffuso è “padrone e cane”, ma a Milano l’elemento senza cabina fu anche chiamato “Battistino” (nel senso di maggiordomo, o servente), mentre pare che a Genova la coppia venisse chiamata “mucca e vitello” e a Verona “cane e gatto”.
Il progetto aveva dovuto affrontare un problema non banale: quello della regolazione della velocità. E’ noto, e ne abbiamo parlato in una nota dedicata, come avvenga tale regolazione sulle macchine di linea: un set di velocità “economiche” sono ottenute essenzialmente tramite due meccanismi: la messa in varie combinazioni serie/parallelo dei motori di trazione, così da ripartire tra loro la tensione, e l’azione di indebolimento del campo magnetico eccitante, ottenibile tramite variazione del numero di spire. Un terzo modo (non economico, perché dissipa energia per effetto Joule) è quello di indebolire il campo tramite resistori. Bene, le E.321 dovevano ospitare un solo motore di trazione, e quindi uno dei principali meccanismi (serie/parallelo) non era applicabile. Avere un numero sufficiente di velocità appoggiandosi al solo indebolimento di campo era eccessivamente complicato se basato sulla variazione del numero di spire, e terribilmente inefficiente ricorrendo sull’azione dei resistori (che sulle macchine di linea vengono infatti di norma usati solo per i transitori da un regime economico ad un altro).
La soluzione fu di basarsi su una forma di azionamento (Ward Leonard) ideata a fine ‘800 ed utilizzata prevalentemente sulle macchine utensili, ma mai applicata prima al dominio ferroviario. La corrente della catenaria a 3 kV, invece che essere utilizzata direttamente dal motore di trazione, veniva usata per azionare un motore primario accoppiato meccanicamente con dei generatori di corrente a più bassa tensione: quello principale alimentava il motore di trazione, quello secondario altri servizi tra i quali la creazione del campo magnetico che eccitava il motore di trazione. Essendo qui la tensione molto più bassa, si potevano ottenere vari livelli di eccitazione sempre agendo con un carico resistivo, ma con dissipazioni assai inferiori. Sostanzialmente veniva realizzata una trasmissione elettrica, analoga a quella in uso sulle motrici diesel-elettriche, tanto che il motore di trazione scelto fu il tipo GLM 2405 che era derivato dal GDTM 2404 delle locomotive Diesel D.341.1001-1016, 2001-2002, 4001 e 5001. L’unica differenza consisteva nella carcassa dello statore, modificata per ricevere le zampe di appoggio al telaio del carro della locomotiva.
Per il motore primario ci si affidò al Brown-Boveri GLM 573 DK, caratterizzato dalla potenza nominale di 260 kW a 1400 giri/min.
Il motore di trazione fu collocato longitudinalmente fra i longheroni del carro, in corrispondenza dell’asse posteriore. L’azionamento avveniva sull’asse centrale che trasmetteva il moto alle altre due sale tramite per mezzo di una coppia di bielle esterne (quelle della Gr.835), sfalsate di 90° l’una rispetto all’altra. Non essendo più presenti le bielle motrici della macchina a vapore, si dovettero alleggerire i contrappesi delle ruote della sala centrale praticandovi dei fori circolari.
Pur essendo il limite di velocità nelle operazioni di manovra pari a 30 km/h, la velocità massima delle macchine fu fissata a 50 km/h, per permettere un trasferimento sufficientemente rapido tra gli scali dove la locomotiva era destinata ad operare.
Era originariamente previsto un circuito per l’erogazione del REC (Riscaldamento Elettrico Carrozze), non tanto per un improbabile servizio di linea, quanto per il riscaldamento preventivo delle carrozze in partenza in attesa dell’arrivo della locomotiva titolare, e tuttavia l’applicazione si ebbe solo sull’unità E.321.010.
Sulla E.321 la porta di accesso alla cabina era sul lato posteriore a sinistra.
Le E.322 differivano dalle E.321 unicamente per l’assenza della cabina di guida, il cui spazio era occupato da un prolungamento dell’avancorpo contenente materiale di zavorra per renderne la massa aderente identica a quella delle E.321. Essendo prive di pantografo, ricevevano ricevevano l’alimentazione a 3 kV dalle E.321 per mezzo di un cavo di accoppiamento ad alta tensione, mentre un accoppiatore a bassa tensione a 78 poli ne permetteva il comando multiplo dalla cabina di guida delle E.321 stesse. Tali connettori erano presenti solo da un lato delle due macchine, quindi la E.322 doveva necessariamente essere posta lato cabina della E.321. Le E.321 serie 100 erano in genere “sposate” con le relative E.322, e condividevano lo stesso progressivo, anche se a volte nei depositi venivano mischiate.
La livrea fu quella classica delle locomotive da manovra, con la cassa verde con bande gialle, il tetto argento e i panconi rossi con i numeri di serie bianchi. Il pantografo era dipinto in “rosso segnale” come per le locomotive elettriche per servizi di linea.
La prima unità consegnata fu la E.321.001 che effettuò le corse di prova nel dicembre 1959 presso lo scalo di Verona Porta Vescovo e fu posta in esercizio nel febbraio 1960.
Tra i primi impieghi impegnativi vi fu la sostituzione della enorme 480 a Milano Smistamento nel 1960, e fu un vero successo nonostante la potenza disponibile fosse poco più di un terzo di quella, evidentemente sovrabbondante, messa a disposizione, almeno in linea di principio, dalla vaporiera.
Nel 1969 quattro E.321.100 e sette E.322.100 furono modificate nella parte elettrica per ottenere dei complessi costituiti da una locomotiva e due “rimorchi motori” ciascuno, giungendo quindi a un totale di 570 kW con trazione su ben 9 assi!. Per ottenere le 322 in eccesso, le E.321.113, 114 e 118 rimasero “vedove”, senza più l’accompagnamento della rispettiva E.322.
La modifica prevedeva sulla E.321 la presenza dei connettori anche sul lato opposto alla cabina, ed anche sulle E.322 il passaggio delle condotte sul lato su cui erano precedentemente assenti. Era quindi possibile porre la E.421 in posizione centrale, oppure a uno qualunque dei due estremi.
Dal gennaio 1970 le motrici così modificate furono riclassificate nei sottogruppi E.321.200 ed E.322.200.
Era stato previsto che i complessi in tripla trazione dovessero prestare servizio a Milano Smistamento e a Messina Marittima, ma nella pratica furono impiegati solo in quest’ultimo impianto prevalentemente per l’imbarco e lo sbarco dalle navi traghetto. Qui si preferì collocare entrambe le E.322 sul lato opposto alla cabina, così da lasciare il pantografo della E.321 ad un estremo, in modo da utilizzare la terna di motrici senza perdere il contatto con la catenaria durante la manovra di imbarco di carri e carrozze sui traghetti.
I risultati di esercizio delle locomotive E.321 ed E.322 furono ottimi, e permisero tra l’altro di ottenere sensibili economie rispetto al costo dei mezzi di trazione Diesel. Tuttavia le locomotive E.321 ed E.322 risentivano dei limiti imposti da una meccanica ormai superata, sia a causa dalla trasmissione a bielle che dalle boccole interne con cuscinetti a strisciamento. A metà anni ’60 le FS decisero di acquisire altre unità similari, per le quali fu però sviluppata una parte meccanica completamente nuova, lasciando quasi invariata, se non per piccoli miglioramenti, la parte elettrica. Nacque così la nuova coppia E.323 e E.324.
Per la parte meccanica si fece ricorso a quella sviluppata per le nuove locomotive Diesel unificate del gruppo 245, caratterizzata da:
- tre sale dotate di boccole esterne alle ruote, provviste di cuscinetti a rulli e conformate per consentire lo spostamento trasversale degli assi in modo da permettere l’inscrizione in curve con raggio minimo di 70 m;
- sospensioni costituite da molle a balestra sovrapposte alle boccole e collegate al telaio mediante pendini regolabili;
- una coppia di bilancieri equilibratori collegati fra le prime due sale;
- un dispositivo meccanico per la lubrificazione automatica dei bordini delle ruote;
- un gruppo riduttore a due rapporti di ingranaggi (tipo Hurt HSN 1200/2) posizionato tra la seconda e la terza sala, che consentiva di selezionare due diverse velocità massime, la prima per la manovra (32 km/h), la seconda per gli spostamenti in linea (64 km/h).
La scelta tra i due regime di velocità poteva avvenire solo a macchina ferma tramite un dispositivo elettropneumatico. Era poi prevista una posizione di “folle” da adottare nel caso la motrice venisse trainata.
Rispetto alle 321/322 l’aspetto restava sostanzialmente identico. Variava il passo, che nelle 321/322 era di 1850+1750 mm, e nelle 323/324 di 1500+2500 mm. La lunghezza totale restava invece pressoché invariata, passando dai 9160 mm delle prime ai 9240 delle seconde (8 cm di differenza).
Le variazioni della parte elettrica erano, come detto, minimali, e si oggettivarono nella introduzione di un grado di indebolimento di campo che aggiungeva maggior flessibilità e migliori prestazioni.
I pantografi di origine erano i Tipo 42 LR, ma su alcune macchine furono sostituiti: la 323.015 di Udine ebbe il Tipo 42 uni, mentre la 323.005, sempre di Udine, ebbe il Tipo 52.
Facciamo ora una breve considerazione sulla numerazione di queste motrici da manovra. Abbiamo discusso in una nota la convenzione che porta a “battezzare” le motrici elettriche: prima cifra esprime il numero di assi motori, la terza il numero di motori, le seconda in origine riportava il tipo di alimentazione (2 per la corrente continua a 3 kV), ma successivamente fu trasformata in un progressivo a distinguere motrici con prima e terza cifra uguali (es. 424 vs. 444). Bene: secondo questa regola il numero 321 è corretto. Non lo è invece 322, che avrebbe dovuto essere semmai 331. Perché non lo si fece? Forse a causa della omonimia che si sarebbe creata con la E.331 trifase. Bene, ma un’omonimia c’era già: E.321 in precedenza indicava una motrice a terza rotaia.
Ovviamente poi anche le sigle E.323 ed E.324 non rispettano la convenzione.
Una domanda ovvia è: come mai, date le eccellenti prestazioni e i costi di esercizio notevolmente più bassi le FS non perseguirono la strada intrapresa, e privilegiarono le macchine da manovra diesel? La Svizzera, ad esempio, seguì la strada opposta, con le varie generazioni Ee 3/3, Em 3/3 ecc. che sono ancor oggi attive. In primo luogo si considerò che in caso di problemi alla rete elettrica le macchine Diesel potevano continuare ad operare. Soprattutto però le FS preferirono de-elettrificare molti scali per diminuire la possibilità di incidenti sul lavoro, e quindi le motrici diesel divennero una scelta obbligata.
Nel tempo le macchine ebbero piccole variazioni estetico/funzionali. Le E.321.001 e 002 avevano lateralmente persiane delle prese d’aria solo sulla parte superiore dei pannelli di chiusura laterali dell’avancorpo.
Alcune, come la 321.201 di Milano e la coppia n. 104 di Savona ebbero le griglie coperte da dei lamierini, nel vano tentativo di attutire la rumorosità della macchina (che fu il punto debole dell’intero progetto).
Sia le motrici con cabina che quelle senza nacquero senza ringhiere laterali, poi aggiunte per prevenire infortuni. Sempre a questo scopo, successivamente, come anche per le motrici diesel da manovra, le ringhiere furono corredate di battipiede. Mostriamo l’evoluzione per le E.323, ma per tutte le altre motrici fu analoga.
Inoltre su alcune macchine il cofano centrale, sollevato a forma di fungo, venne rimpiazzato da un parallelepidedo.
Negli anni, le E.321 senza rimorchio motore furono assegnate ai depositi di Bari, Bussoleno, Genova, Messina, Milano, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Savona, Venezia, Verona e Udine mentre quelle accoppiate con le E.322 furono impiegate presso quelli di Alessandria, Bussoleno, Genova, Savona, Milano, Reggio Calabria, Palermo e Messina. Le serie 200, inizialmente a Messina, furono successivamente in servizio a Genova Rivarolo, Savona e Roma San Lorenzo.
Per quanto riguarda le E.323.001-020, non atte a pilotare le E.324, furono presenti a Torino Smistamento, Alessandria, Genova, Savona, Verona, Fortezza, Udine, Bologna, Firenze, Pisa, Livorno, Ancona, Roma San Lorenzo, Bari, Foggia e Reggio Calabria. Le E.323 delle serie 100 e 200, con le relative E.324, furono ad Alessandria, Milano Smistamento, Verona, Udine, Foggia, Reggio Calabria.
Nel 2000 erano in servizio ancora undici E.321 e tredici E.322, assegnate alle Divisioni FS Regionale (3+2), Passeggeri (1+0) e Cargo (7+11) ). Tutte le E.323 e E.324 erano ancora in servizio, assegnate alle Divisioni FS Regionale (16+2), Passeggeri (3+2) e Cargo (11+6).
A inizio 2006 tutte le E.321 ed E.322 risultavano accantonate fuori servizio o radiate dal parco. Nel 2009 anche le ultime E.323 e E.324 furono radiate.
Dopo 10 anni di accantonamento, nel 2003 la E.321.003 fu fu restaurata esteriormente nel deposito di Milano Smistamento, e poi inviata a Tirano dove se ne sarebbe preso cura il Gruppo ALe 883 che intendeva ripristinarla funzionalmente. Purtroppo durante il trasferimento vi fu la rottura di un cuscinetto, per cui i piani di rimessa in esercizio non ebbero seguito.
Recentemente Fondazione FS ne ha deciso il restauro estetico, e la motrice è stata trasferita a Lecco.
Una coppia E.323+E.324, la 105, è preservata come rotabile storico dalla AISAF (Museo Ferroviario della Puglia).
Una E.323 accantonata a Rimini è stata recentemente (maggio 2024) acquistata da Fondazione FS e trasferita a Milano in vista di un restauro estetico.
Nel modellismo
La coppia E.321+E.322 fu il primo modello riprodotto in H0 in scala esatta da Rivarossi. Se ne parla ampiamente su valesterlor.
La casa comasca commercializzò anche una confezione con una 321 serie 200 corredata di due “cani”.
Una interessante elaborazione, sempre in H0, è discussa su forumferrovie.info.
La coppia 323-324 invece pare non sia mai stata realizzata: unica eccezione che abbiamo trovati è un’elaborazione di Antonello Lato.
In scala N non ne conosciamo realizzazioni, a parte i modelli statici di carta di Jörgen Edgar.
Due cose: a Savona queste macchine (non importa di quale serie) erano chiamate cagnette, le accoppiate cagnette con rimorchio, termine improprio che avete usato anche voi, trattandosi in realtà di una motrice.
Avete pubblicato la foto della E 321+E 322.201 indicando come priva di prese d’aria, non conosco nello specifico questa coppa, a Savona avevamo la E 321+E322.104 con modifica analoga, in realtà le prese erano al loro posto, quelli che si vedono sono pannelli posti davanti in un tentativo, a memoria delle mie orecchie non molto riuscito, di attenuare la rumorosità di queste macchine. Non dimentichiamo che usualmente erano attive h 24 e il fischio costante che emettevano era un disturbo non trascurabile.
In questa immagine si vede la differenza tra le due soluzioni, con e senza pannelli.
Grazie
Grazie, osservazioni utilissime, provvederò a correggere/integrare
Le motrici da manovra elettriche mi hanno sempre portato curiosità, stupore e fascino. Per me è come se fosse qualcosa di inusuale o raro… non avendone mai vista una dal vivo e poi anche abituato a vedere le classiche macchine da manovra nelle stazioni di Milano.
Molto dettagliato l’articolo!
segnalo che Armo ha realizzato la E321 in scala N
grazie