Pubblicato il 30 marzo 2024
Nel 1997 fece il suo esordio una versione Diesel del Pendolino Fiat: era l’ATR 410. I suoi primi passi li mosse in Piemonte, giungendo fino ad Aosta: la ferrovia da Chivasso al capoluogo Valdostano, non elettrificata, avrebbe potuto essere una delle tratte su cui impiegare il nuovo rotabile.
Questo però non andò oltre la fase di sperimentazione, ed in Italia di Pendolino Diesel non si parlò più, ma l’iniziativa ebbe un seguito, dato che nel 1992 un Pendolino Diesel (diverso da questo) fu adottato dalle tedesche DB: era il Br 610, di cui parleremo un’altra volta.
Ma vediamo ora la storia dell’ATR 410.
In quegli anni erano aperte diverse problematiche legate alla mancanza di elettrificazione su alcune linee. Tra queste la Torino-Aosta (da Chivasso ad Aosta), le linee della Sardegna (da Cagliari a Sassari o Olbia dopo il megaflop delle E.491/492), la dorsale ionica, da Bari a Reggio Calabria, ma anche le Torino-Cuneo-Ventimiglia, Trento-Venezia via Valsugana, Firenze-Siena-Chiusi : linee importanti, ma (ancor oggi) trascurate. Farvi circolare un treno veloce, anche in virtù del fatto di essere un convoglio leggero, che grazie al pendolamento poteva affrontare percorsi “mossi” a velocità nettamente superiore a treni tradizionali avrebbe rivoluzionato il trasporto passeggeri in queste zone svantaggiate da un punto di vista ferroviario. Il convoglio avrebbe potuto affiancare o sostituire molte ALn 773, ALn 873 o ALn 668, offrendo un servizio più celere e comodo.
FIAT Ferroviaria intravvide una opportunità, e investì in un progetto che prendeva come base gli ETR 460, con i quali la parentela traspare a prima vista. La cassa infatti era adattata a partire da quella degli ETR 460 e ETR 470. Come questi, disponeva di pendolamento attivo. Anche gli interni rifacevano alle stesse elettromotrici.
L’ATR 410 era composto da due elementi: BAC1 (47 posti di prima classe) e BAC2 (61 posti di seconda classe). FIAT ne chiese l’immatricolazione come rotabile privato con marcature 9 5 83 9 410991 – 1 (per la BAC1) e 9 5 83 9 410992 – 2 (per la BAC2) .
Le due unità simmetriche erano entrambe motrici ed avevano la cabina di guida alle estremità.
La coppia di automotrici montava quattro motori diesel IVECO 8217 con trasmissione diesel-elettrica agli otto motori elettrici (una coppia per carrello). Un alternatore trifase mosso dal motore diesel alimentava un gruppo convertitore dotato di 4 inverter di trazione e un inverter per le apparecchiature ausiliarie. Mentre negli ETR (da 460 a 500) l’azionamento trifase avveniva con convertitore bistadio GTO, sull’ATR410 vi era un convertitore bistadio IGTB (per un quadro di riferimento, si veda la nostra nota sull’architettura dei locomotori in epoca elettronica). Tutte le ruote erano motrici, e dunque il 100% del peso era aderente. Il binato era lungo 55,6 m, largo 2,8 m e alto 4,47 m sul piano del ferro. Il peso assiale era di 13,1 t. La potenza massima ai cerchioni di 760 kW consentiva una velocità massima di 160 km/h.
Tra le altre cose furono curate la rumorosità e l’emissione di gas di scarico, generalmente punti dolenti delle automotrici diesel.
Una prima sperimentazione era prevista in Sardegna nel luglio 1997, ma l’ATR 410 uscì uscì dallo stabilimento di Savigliano solo il 20 ottobre di quell’anno. La messa a punto prevedeva una serie di corse di prova, che furono effettuate dapprima fra Savigliano e Fossano, poi fino a Ceva e quindi a San Giuseppe di Cairo, con velocità limitata di 100 km/h.
Nel 1998 la sperimentazione proseguì con corse prova sulla Savigliano-Saluzzo-Cuneo-Limone Piemonte e sulle Trofarello-Alessandria (dove si svolsero le prove di velocità) e Alessandria-San Giuseppe di Cairo.
La Valle d’Aosta, interessata al progetto, chiese che fosse dimostrata una corsa fra Chivasso ed Aosta, che ebbe luogo il 28 maggio 1998 ed è documentata dall’immagine con la quale abbiamo aperto questa nota. L’esito fu disastroso: ci vollero ben 8 ore per raggiungere Aosta da Torino, a causa del surriscaldamento dei motori.
Anche la Provincia Autonoma di Trento (PAT) chiese una sperimentazione in loco. e così il 17 e 18 settembre 1998 l’ATR 410 viaggiò fra Trento e Borgo Valsugana. Ad una corsa dimostrativa parteciparono le autorità della PAT e la dirigenza FS. Qui, probabilmente grazie ad una linea meno acclive, problemi non se ne manifestarono. La cosa ebbe gran rilievo sulla stampa locale, che ipotizzò a breve la creazione di una relazione Monaco-Venezia via Valsugana. Testimonianza di quei giorni tra i monti trentini rimane nelle fotografie di Cimacapi su flickr.
I problemi non erano però sfuggiti alle FS, che nel 1999 previdero l’acquisto di 35 pendolini diesel, a patto però che il costruttore sostituisse la trasmissione elettrica con una idraulica (stando al Bollettino FIMF n.26 invece la richiesta di FS fu di sostituire i motori termici IVECO con altri più prestanti, ad esempio gli MTU Mercedes). FIAT Ferroviaria, che aveva già investito molto nel progetto del convoglio, era tra l’altro distratta a quel tempo dalla trattativa per la sua acquisizione da parte di Alstom che era entrata nella fase finale. Decise di non investire ulteriori risorse sul progetto, che fu dunque abortito. Si vociferò di una fornitura ad Israele, ma la notizia diffusa dal Corriere della Sera si rivelò una bufala.
Il convoglio rimase quindi accantonato, e fu brevemente riesumato solo per effettuare alcuni test del GPS. Questi ebbero luogo sulla Savigliano-Saluzzo-Cuneo-Fossano-Savigliano.
Il prototipo rimase dunque impolverato su un tronchino.
Il Museo Ferroviario Piemontese decise poi di incorporarlo nella propria collezione, dove tra il 2021 e il 2022 fu sottoposto a restauro estetico, ed dove ancor oggi lo si può ammirare e visitare.
Un video di The Fidax ne documenta gli interni:
Come abbiamo detto in apertura, l’avventura di Fiat Ferroviaria non fu del tutto infruttuosa, in quanto nel 1992 entrò in servizio una versione tedesca del Pendolino. Anche se il consorzio costruttore fu differente e la parentela con il prototipo italiano assai limitata, il Br 610 sicuramente imparò almeno in parte dalla sfortunata esperienza fatta. Ma di questo parleremo un’altra volta.
Nel Modellismo
In scala H0 il modello dell’ATR 410 fu venduto negli anni ’90 da Rivarossi. La casa comasca aveva da poco incorporato Lima, che aveva in produzione gli ETR 470 e 480. Con poche modifiche ne ricavò la versione diesel, che fu commercializzata nella serie Galletto (750 esemplari numerati, e piuttosto costosi). Ne parla diffusamente valestelor, al quale rimandiamo per approfondimenti.
In scala N ne sono state realizzate diverse interpretazioni, anche grazie al fatto che Del Prado produceva il modello statico dell’ETR 480. Anche Gli ETR 480 e 460 di New Ray potevano essere una base di partenza. Come motorizzazione, una possibilità era di usare una Tomytec-TM-18.
Il RENFE Alaris 490 di Del Prado invece si presta meno, per la diversa sequenza di finestrini.
Così già nel 2007 un ATR 410 in scala N fu portato da Roberto Bracciante alle Giornate Fiorentine.
Seguirono altre interpretazioni: abbiamo notizia di quelle Paolo Pacini e Paolo Merletti.
Orazio Cipriani ne fece realizzare due modelli. Il primo fu fatto da Saverio Meduri, utilizzando un RENFE Alaris a tre pezzi prodotto molti anni fa dalla spagnola Trenmilitaria. Quest’ultima aveva realizzato gli Alaris usando come base, per motorizzazione e carrelli, un ICE Minitrix, mentre più recentemente ha usato delle motorizzazione giapponesi.
Il secondo, più recente, è stato realizzato su ordinazione da Morciano.
Grazie, bellissimo articolo! Mi dispiace per il video che realizzai a suo tempo tramite un semplice cellulare e lascia il tempo che trova, spero che almeno renda un pochino l’idea!
È veramente bello questo rotabile dal vivo, ed è un peccato che non sia possibile ripristinarlo a livello meccanico (avevo sentito, ma è da prendere con le pinze perché non ricordo la fonte, che si era provato ad accenderlo ma i motori erano andati in autocombustione).
Grazie, il video va benissimo ed è un documento prezioso.
Il più classico dei progetti raffazzonati FIAT. Casse, motori, carrelli, tutti “avanzi di magazzino” messi insieme sperando nel miracolo. La via Crucis (visto che siamo a Pasqua), del viaggio ad Aosta ha mostrato che l’idea era valida, la messa in pratica pessima.
C’è un altro episodio noto solo ai pochi presenti: corsa prova su San Giuseppe, a Cengio è necessario fare incrocio + precedenza, però lì i binari sono due, così si decide di ricoverare l’ETR su un breve tronchino lato San Giuseppe. Nulla di strano ne pericoloso, treno corto, binario corto, si può fare e infatti va quasi tutto bene, Pendolino ricoverato, incrocio fatto, non resta che rimettere il Pendolino sul binario di corsa e farlo ripartire.
Qui arriva il bello, solo che all’epoca non c’erano smartphone per fare un video: tutto è pronto, i motori diesel rombano ma il Pendolino da lì non si schioda, sarà il binario malandato, l’erba, la ruggine, la curva, la pendenza o magari tutto quanto, però l’ETR sembra saldato alle rotaie.
A questo punto bisogna aggiungere un dettaglio: per fare questa manovra è necessario tenere chiuso un PL; il caso vuole che fra i veicoli fermi in attesa ci sia anche un poderoso trattore agricolo, il contadino in paziente attesa segue l’evolversi della manovra, poi, probabilmente da una presa per il culo (se non ce la fate lo tiro via io), si trova la soluzione: aperto il PL il trattore si mette a cavallo delle rotaie, una robusta catena collegata al gancio dell’ETR e via, con una fumata degna di una vaporiera il trattore traina l’ETR fino al binario di partenza.
Non so quanto questo episodio possa aver inciso sulla decisione di lasciar perdere, certo non si potevano allertare tutti i contadini adiacenti alle linee che avrebbe percorso onde garantire la regolarità dell’esercizio.
Grazie per il racconto dell’interessante aneddoto!
Aneddoto gustosissimo, sarebbe un bel tema per un diorama!
Al tempo uno dei ferrovieri del deposito diesel di Torino Smistamento, assegnato all’equipaggio per la prova sulla Torino Aosta, mi parlò anche lui del rischio che c’era stato di arrostire il convoglio con la conseguente via crucis di fermate.
Lui mi parlò del problema in modo diverso vale a dire che i motori di trazione nella tratta acclive avevano “fame” di potenza e quindi tenevano sempre molto molto su di giri il gruppo motore diesel/alternatore che quindi era il componente che si surriscaldava.
Poi mi aggiungeva che sul mezzo c’era davvero tanto, troppo peso
Aveva avuto anche lui l’impressione di una cosa messa su di furia cercando di sfruttare il più possibile la componentistica degli ETR 4xx.
In sostanza i servizi di prestigio su diesel in Italia non hanno mai avuto molto successo a partire dagli ATR100 per arrivare fino ai BredaTEE e il problema è sempre lo stesso: tanto peso per mezzi che vogliono offrire di più rispetto alle Aln66x e poca potenza disponibile.
Grazie dell’interessante contributo!