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Archive for gennaio 2014

Pubblicato il 25 gennaio 2014, ultima modifica 18 settembre 2014

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La V 200 è una locomotiva simbolo per varia ragioni: nel mondo reale per aver accompagnato la ricostruzione post-bellica della Germania e per aver marcato il passaggio dall’epoca del vapore alla modernità, nel modellismo per essere stato il modello che segna la nascita della scala N – e non a caso è stata scelta a simbolo di questo blog.

I prototipi 001-005 furono sviluppati congiuntamente dal Bundesbahn-Zentralamts München e  da Krauss-Maffei che le costruì. Le poste tedesche, interessate alla consegna veloce notturna, contribuirono sponsorizzando la costruzione di 3 dei 5 prototipi.

Immagine di possenza espressa dalla V200.002 a Norimberga nel 1985 - Foto © w+h Brutzer da flickr

Immagine di possenza espressa dalla V 200 002 a Norimberga nel 1985 – Foto © w+h Brutzer da flickr

Le macchine erano della B’B’ da 2000 cavalli . A quell’epoca l’immatricolazione delle macchine diesel era una V (Verbrennung= combustione) seguito da un numero che ne specificava le decine di cavalli (ad esempio la V36 aveva 360 PS): divennero quindi V200. Dal 1974 l’immatricolazione sarebbe cambiata, passando a 220 – ne parleremo più diffusamente dopo. Potenza e velocità le rendevano adatte alla sostituzione delle motrici a vapore, in particolare delle Br 01, 03 e 39. La potenza (1618 KW) era praticamente identica a quella della Br 01 (1648 KW)  e superiore a quella di Br03 (1459 KW) e Br 39 (1190 KW) e con i suoi 140 Km/h era più veloce della più rapida delle tre locomotive (130 Km/h della Br01).

Il primo viaggio ebbe luogo il 21 Maggio 1953, da Monaco-Allach a Ingolstadt e ritorno. I prototipi furono valutati molto positivamente, l’esperienza fatta permise di apportare alcune modifiche minori: aggiunta del terzo faro e variazione di maniglie e fischio. La produzione di serie ebbe luogo affidando la costruzione di altre 81 unità alla Krauss-Maffei e alla MaK (Maschinenwerk Kiel). Le macchine avevano due motori indipendenti, ciascuno agente su un carrello che aveva entrambi gli assi motori. I motori erano di produzione Daimler-Benz, MAN e Maybach.  La trasmissione idraulica era prodotta da Maybach e Voith.

Le macchine erano dotate di una caldaia, con relativi depositi di combustibile e acqua, per fornire riscaldamento a vapore alle carrozze.

Le macchine da 001 a 055 erano caratterizzate dalla scritta “Deutsche Bundesbahn” con grandi lettere il rilievo disposte lungo la fiancata. A metà anni ’60 la scritta fu rimossa e sostituita dal logo DB, che le macchine da 56 a 86 ricevettero nativamente. Queste macchine non ebbero nemmeno le strisce in profilato di alluminio che correvano lungo le fiancate e si univano nella “V” frontale, sostituite da una striscia di vernice.

V200.116. Si nota la sostituzione della scritta "Deutsche Bundesbahn" sulla fiancata con il logo DB. Foto © Peter Scokkenbroeck, 2005

V200.116. Si nota la sostituzione della scritta “Deutsche Bundesbahn” sulla fiancata con il logo DB. Foto © Peter Scokkenbroeck, 2005

Tra il 1962 e il 1965 fu prodotta, in 50 esemplari, una versione con motori più potenti destinata a linee tortuose e acclive. I motori erogavano una potenza incrementata del 20%. Andarono a costituire la serie V 200.1, con numerazione da 101 a 150. La macchina era analoga (più corta di 3 cm), aveva una lubrificazione della flangia della ruota. In montagna però la macchina non fu di successo come lo era stata in pianura, soprattutto per problemi di trasmissione, tanto che in alcuni casi fu necessario ripristinare la trazione a vapore (si veda epoche3.de).

220.007 e 221.014. Foto © lok-photos.net

220.007 e 221.014. Foto © lok-photos.net

Furono macchine versatili: adatte a treni viaggiatori veloci a lungo percorso , ma anche a servizi diretti e locali reversibili, grazie al loro telecomando per treni navetta. Nella loro tutto sommato non lunghissima ma certamente prestigiosa carriera, le V200 ebbero anche l’onore di trainare sistematicamente dei TEE o altri treni “importanti”, come una tratta del “Rheingold” con destinazione Amsterdam, il “Merkur” Stuttgart – Kobenhavn, tra Hamburg e Puttgarden, anche se, a differenza della Br 218, nessuna di esse ricevette mai la livrea rosso-crema. Anche alcuni dei primi IC cadenzati furono trainati da queste motrici.

La V200 in Olanda alla testa del Rheingold - Foto © Vincent Prins

La V 200 in Olanda alla testa del Rheingold – Foto © Vincent Prins

Nel 1968 ebbe luogo la riclassificazione del parco DB. Con la nuova classificazione, la prima cifra  indicava la motorizzazione ( 0 per le macchine a vapore, 1 per i locomotori elettrici, 2 per i diesel, 3 per le motrici piccole – Köf e affini -, 4, 5 e 6  per le automotrici – rispettivamente elettriche, ad accumulatori e  diesel- , 7 per i mezzi di servizio), le due cifre successive erano in genere, e con qualche eccezione, le prime due della numerazione precedente: così le V200.0  divennero 220 e le V200.1 (ecco una eccezione) divennero 221.

Nel 1975 lo schema di colori DB mutò, e le 220 e 221 ricevettero la livrea “Ozeanblu – Creme”.

221.132 in livrea "blu oceano - crema". Foto da wikimedia.

221.132 in livrea “blu oceano – crema”. Foto da wikimedia.

La progressiva elettrificazione delle tratte ferroviarie spodestò prima e marginalizzò poi queste possenti macchine, che a loro volta erano state in grado di detronizzare le regine del vapore. Dapprima relegate su linee secondarie, furono dismesse all’inizio degli anni ottanta (le 221 resistettero fino al 1988). Ed è proprio a questo punto che inizia la loro diaspora, che dà origine allo loro lunga storia italiana: ormai più lunga di quanto sia stato il periodo alemanno! Del periodo italiano diamo conto estesamente nel seguito. Una interessante serie di fotografie delle V200 all’estero (Spagna, Francia, Jugoslavia ecc.) si trova su locopage.net.

Nel nuovo millennio, il flusso migratorio si è invertito: molte sono le macchine che hanno fatto ritorno in Germania. Alcune sono state restaurate come macchine storiche, altre sono state interamente ricostruite per affrontare una nuova storia. L’intervento più rilevante è stato la sostituzione dei motori, con una coppia di Deutz o di MTU 12V 4000 R 41 R da circa 1,500 hp ciascuno (1,100 kW), per una potenza totale di circa 3000 HP. Le macchine così ristrutturate sono andate a costituire la nuova serie V270, e sono impiegate prevalentemente per lavori di manutenzione di linea o, come nel caso della Arriva Werke Nord Gmbh come locomotiva di soccorso (si veda richardkrol.nl).

La rinata V270.10 veste la livread originale. Altre V270 hanno livree di vari colori. Foto © Martin Morkowsky da bahnbilder.de

La rinata V270.10 veste la livrea originale. Altre V270 hanno livree di vari colori. Foto © Martin Morkowsky da bahnbilder.de

Una lista di tutte le V200.0 si trova su www.lokfotos.de, con foto di quasi tutti gli esemplari. Una schematica storia delle singole macchine di tipo V200.0 si trova su privat-bahn.de e sulle pagine oocities di rolfwiso.

In un’altra pagina di lokfotos.de c’è la lista delle V200.1. Come per le V200.0, anche per le V200.1 si trova documentazione su  privat-bahn.de e su oocities di rolfwiso.

Dalle V200 derivarono anche la V300 (Kraus Maffei ML 2200 C’C’). Era stata progettata come modifica delle V200 per abbassarne il peso assiale, distribuendolo su 6 assi anziché su 4, per poterle vendere alle JZ (Ferrovie Jugoslave) che avevano un armamento più leggero. Tre macchine furono infatti acquistate, e immatricolate D 66: successivamente divennero JŽ 761. Furono battezzate con dei nomi: “Dinara”,  “Kozara”, e “Sutjeska”. La prima fu usata per il treno presidenziale del Maresciallo Tito. Una quarta motrice, costruita nel 1957 rimase in Germania. Dopo un periodo di sperimentazione, l’anno successivo fu potenziata sostituendo i motori e divenendo Kraus Maffei ML 3000 C’C’.  Ebbe una parentesi ungherese, durata dal ’60 al ’63, dove divenne M 61 2001. Tornata in Germania, fu acquistata dalle DB, e divenne la V300.001 (dopo il 1988 la serie fu rinominata Br 230). Come vedremo, fopo la dismissione avvenuta nel 1977 la macchina, ebbe una breve parentesi italiana.

La V.300

La V.300 – foto © VOBA http://www.bahnen-wuppertal.de

Curiosità

La 137 e una Br50 furono coinvolte in un curioso incidente, documentato dalla seguente foto. Per fortuna nessuno si fece del male! Molti anni dopo la macchina sarebbe passata dalla Fervet di Castelfranco Veneto con destinazione Grecia.

Una V200.1 ed una Br 50 colte in una posizione imbarazzantemente sconveniente... Foto © bilder.strasse-und-schiene.de

Una V200.1 ed una Br 50 colte in una posizione imbarazzantemente sconveniente… Foto © bilder.strasse-und-schiene.de

Vi fu una sorta di scherzo fatto dalle British Railways. Poiché la cifra “8” e la lettera “B” si somigliano,  la  D821 può essere letta DB 21. Così nel 1988 ridipinsero la macchina britannica con i colori DB e la marcarono come V200.021! La falsa livrea fu mantenuta fino al 1991. In quel periodo la macchina ebbe vari soprannomi, tra cui “Betruger”: impostore.

La D821 nei clolori British Railway - Foto © Nigel Gould

La D821 nei colori British Railway – Foto © Nigel Gould

Particolare la livrea della V200 021 Herzogman

La britannica D821 nelle vesti della V200 021!

L'"Impostore" in servizio in U.K.

L'”Impostore” in servizio in U.K.. Foto © Chris Numall, da railpictures.net

Venne progettata, ma restò su carta, una versione con due motrici permanentemente accoppiate.

La doppia V.200, immaginata ma mai realizzata. Foto KM, reperita su forum.e-train.fr

La doppia V.200, immaginata ma mai realizzata. Foto KM, reperita su forum.e-train.fr

Le V200 in Italia

Vi sono due categorie di motrici che, dopo aver servito all’estero, trovano una seconda vita nel Bel Paese: quelle che divengono macchine da cantiere, e quelle che vengono acquisite per servizi di linea presso ferrovie concesse. Nella prima categoria rientrano ad esempio molte motrici ex-DB, come le  211-213, le V160-Br216, 280, ma anche le NOHAB o le austriache Jenbacher. Nel secondo gruppo troviamo ad esempio le D.361 rumene o le D752-753 Occhialute ceche.  Le 220/ V200 appartengono a entrambe le categorie. Sei unità tra il 1981 e il 1984 sono state acquistate da imprese private per lavori all’armamento, e hanno lavorato su varie linee della penisola seguendo i cantieri per la sostituzione del binario per conto di quattro diverse aziende: Cosfer (tre macchine: 028, 031 e 039), Valditerra (la 060), IPE (la 065), Veltri (la 029). Alcune hanno mantenuto  la livrea di origine, altre hanno preso il caratteristico colore giallo delle motrici da cantiere. Nonostante le V200 fossero macchine da pianura, in veste cantieristica hanno scalato i vari pendii italici, dal Brennero ai Giovi alla Maiella. Altre sette, negli stessi anni, furono acquisite da tre diverse concesse: Ferrovia Suzzara-Ferrara (tre macchine: 006, 011, 049), Ferrovie Padane (tre macchine: 041, 045, 074) e SNFT (la 051).

La 220 006 assieme ad un'altra 220 a Sermide nel 1987 - Foto © Johannes Smit da flickr

La 220 006 assieme ad un’altra 220 a Sermide nel 1987 – Foto © Johannes Smit da flickr

Altre tre furono acquistate da un’azienda emiliana a scopo demolizione (076, 083, 084). Ben 16 delle 85 V200.0 (un quinto del parco) sono dunque migrate da noi. Ne daremo conto dettagliato più sotto. Delle 13 in esercizio, 10 sono poi confluite nel parco FER (Ferrovia dell’Emilia Romagna) dove svolgono ancora servizio attivo. Due sono tornate in Germania dopo varie peripezie, e  una è forse stata demolita.

Delle 221, a parte quelle venute in Italia per una revisione prima della loro destinazione albanese o greca – ne parleremo tra poco – , risulta essere stata ad Udine dal 1991 la 108 (da Bulfone – si veda privatbahn.de) per essere poi demolita nel 2000, e la 130, presa in carico da Fervet per la demolizione nel 1994.

Ma riassumiamo la storia delle “padane”. Iniziò La Ferrovia Suzzara-Ferrara (FSF) acquisendo tre motrici (006, 011 e 049). Le macchine erano state revisionate dalle officine DB che le avevano ridipinte nei colori correnti DB (blu oceano e crema), ma con una livrea diversa da quella in uso in Germania per le 220, e che invece ricorda quella dall’aspetto grafico più leggero vestita dalle 218.

La livrea DB delle 210-216-127-218, qui indossata dalla 210.004. Foto © Martin Welzel da www.drehscheibe-foren.de

La livrea DB delle 210,216,217 e 218, qui indossata dalla 210.004. Foto © Martin Welzel da http://www.drehscheibe-foren.de

Ammesse alla circolazione nel 1983, iniziarono il servizio trainando brevi merci ordinari.

Nello stesso anno le Ferrovie Padane (FP) acquistarono due esemplari (045 e 074) che avevano seguito lo stesso iter delle altre tre macchine e vestivano un livrea identica, che variava solo per il logo FP invece che FSF. Furono presto riverniciate, mantenendo lo stesso schema ma sostituendo il blu oceano con il verde magnolia, per omogeneità con il resto del parco FP.

Ebbero lo stesso impiego delle FSF fino al 1987/88, quando sia FSF che FP acquistarono alcune carrozze radiate dalle SBB, di tipo leggero (Leichtstahlwagen) con due porte per fiancata, e ambiente unico (carrozze dello stesso tipo vennero acquistate dall’ACT di Reggio Emilia, e dalle FNM/SNFT). A questo punto le 220 tornarono ad effettuare servizio passeggeri, in particolare per aumentare la capienza dei convogli per pendolari ove le automotrici non offrivano sufficienti posti. Alcune immagini delle carrozze svizzere si trovano nel prezioso archivo flickr di Johannes Smit.

Carrozza FP ex SBB, Foto © Johannes Smit da flickr

Carrozza FP ex SBB, Foto © Johannes Smit da flickr

Nel 1990 FP acquisì la 041 delle officine Bulfone di Udine che l’avevano revisionata dopo il servizio prestato presso la Cosfer.

Dopo alcuni anni (1995/6), le carrozze ex SBB dovettero essere ritirate dal servizio perché coibentate con amianto, ed il servizio passeggeri delle 220 ebbe termine. Le motrici tornarono così la servizio merci, ed in particolare quello dei merci passanti: treni Ravenna – Guastalla via Suzzara per il trasporto di coils di lamiera e di altri prodotti siderurgici. Le potenti 220 effettuarono con successo il compito affidato, che dopo poco venne esteso alla Ravenna-Ferrara e Ferrara-Bologna. In tale servizio motrici FP e FSF si affiancavano e si scambiavano: era solo un’anteprima di quel che di lì a poco sarebbe accaduto, con la “fusione” di FSF, FP e FBP (Ferrovia Bologna Portomaggiore) nella nuova FER (Ferrovie dell’Emilia Romagna).

Doppia trazione FER in testa a un merci nel 2005. Foto © Richard Krol

Doppia trazione FER in testa a un merci nel 2005. Foto © Richard Krol

Quest’ultima sperimentò il revamping di una motrice (la 006) presso le officine Fervet di Castelfranco Veneto, sostituendo i motori con degli Isotta Fraschini a 12 cilindri a “V” da 735 kW ciascuno. Per la verità altre importanti modifiche vennero applicate in questa fase: lo spostamento dei banchi di manovra da destra a sinistra, la climatizzazione delle cabine, l’aggiunta dei dispositivi per il comando multiplo. Poi però FER optò per una diversa soluzione per le restanti macchine, facendo effettuare in Croazia una ristrutturazione che portò a montare due motori Caterpillar D3508 V8 da 810 kW, i convertitori idraulici di coppia Voith L306r ed a rifare a bassa tensione (24 volt) l’impianto elettrico di bordo, sostituendo il sistema di controllo elettromeccanico originale Brown-Boveri, ed adeguando le macchine alle nuove norme. Nel corso di quest’operazione, acquisì altre quattro 220 che si trovavano sul territorio italiano: tre macchine usate in precedenza per cantiere, e la 051 che poca fortuna aveva avuto presso la SNFT sulla linea della Valcamonica, confermando la scarsa idoneità al servizio sulle linee di montagna già evidenziata in Germania. Il revamping fu completato dall’adozione della nuova sgargiante livrea tricolore. Una curiosità in proposito: le macchine hanno tutte livree diverse. La differenza sta nel colore applicato a mo’ di “mascherina e bavaglino” attorno ai finestrini anteriori di cabina.

Secondo Andrea Canale, in Italia trascorsero un breve periodo altre 25 220: si tratta delle macchine destinate a Grecia e Albania, che furono revisionate dalla FERVET di Treviso. Le 5 macchine delle ferrovie albanesi (HSH) furono riverniciate in rosso brillante e rinumerate da 2001 a 2005. Giunte in Albania nel 1989/90, furono tutte accantonate nel 1993, secondo alcuni per la scarsa competenza ed efficienza dei responsabili della manutenzione. Alcune immagini delle motrici in abbandono su marklinfan, una degli anni di esercizio su trains-worldexpresses.

HSH 2003 a Tirana, Foto © Richard Krol

HSH 2003 a Tirana, Foto © Richard Krol

Le macchine destinate alla greca OSE (Organismos Sidirodromon Ellados) erano delle 221. Trasferite in Grecia nel 1989 dopo la revisione Fervet, furono immatricolate (A) 411-430. Avevano livrea simile a quella delle FP e FSF. Furono usate per il servizio passeggeri tra Atene e Salonicco. Anche qui, la manutenzione lasciò a desiderare, e le macchine confermarono la scarsa propensione ai percorsi tortuosi e acclivi: già nel 1996 la flotta si era ridotta a due unità attive e 18 “donatori di organi”! , Nel 2002 le macchine fecero ritorno in Germania per conto di EBW Cargo, come documentato da un filmato.

OSE 420 in Grecia nel 1993 - Foto © Kantirisn da railpictures.net

OSE 420 in Grecia nel 1993 – Foto © Kantirisn da railpictures.net

Citiamo poi le sette macchine passate alla Svizzera e immatricolate SBB Am 4/4 18461-7 (in origine 013-017, 053, 077). Erano utilizzate per condurre treni di manutenzione delle linee, e qualcuna di esse potrebbero essersi spinta fino al confine italiano, anche se non abbiamo trovato evidenza di questa ipotesi .

Due SBB Am 4/4, foto da marklinfan

Due SBB Am 4/4, foto da marklinfan

Un’altra variante della V200 interessò marginalmente l’Italia. Krauss Maffei realizzò la ML2200CC, una CoCo di aspetto molto simile alla V200 – sembrava una V200 allungata.  Tre di queste motrici furono vendute alle Ferrovie Jugoslave dove costituirono il gruppo 66. Una macchina, equipaggiata con due motori da 1500 PS e quindi denominata ML3000CC fu venduta alla DB e immatricolata come V300-001 (poi 230-001). Restò un esemplare unico. Entrò in Italia come dimostrativo e fece dei test di prova, nella speranza di convincere FS ad ordinarne, ma ciò non avvenne. Nel 1977, a fine servizio, tornò in Italia presso Bulfone (Udine), ma l’acquisto non fu perfezionato e dopo un anno la macchina tornò in Germania, dove nel 1980 fu smantellata.

V300 ancora con el scritte "Krauss Maffei" sulla fiancata (poi sostituite da "Deutsche Bundesbah) Foto © Herbert Schambach da www.bundesbahnzeit.de/

V300 ancora con le scritte “Krauss Maffei” sulla fiancata (poi sostituite da “Deutsche Bundesbah) Foto © Herbert Schambach da http://www.bundesbahnzeit.de/

Interessanti articoli complementari a questo sulle V200 in Italia si trovano su photorail e su  www.richardkrol.nl.

Dettaglio delle V200 Italiane

006 (FSF – FER)

La V200-006, poi divenuta 220-006-1, fu prodotta da Mak, e fu in servizio DB dal 21 settembre 1956 al 4 giugno 1978. Nel giugno 1982 fu acquisita da FSF che ne mantenne invariata l’immatricolazione. Nel 1999, reingegnerizzata con motore Isotta Fraschini, fu rinumerata 18 LD 220R01. Ricevette una livrea verde con riga rossa, per distinguerla da quelle con diversa motorizzazione. Nel  2009 vestiva ancora la stessa livrea: immagini più recenti non ne ho trovate.

La 006 all'epoca FSF, in testa a un convoglio di carrozze ex SBB - Foto © Maurizio Messa da www.trainzitaliafoto.com

La 006 all’epoca FSF, in testa a un convoglio di carrozze ex SBB (Leichtstahlwagen – vetture leggere in acciaio) – Foto © Maurizio Messa da http://www.trainzitaliafoto.com

La 006 nel giugno 2001, dopo la motorizzazione Isotta Fraschini. Foto: © Karl-Heinz Reichert da www.railroadpictures.de

La 006 nel giugno 2001, dopo la motorizzazione Isotta Fraschini. Foto: © Karl-Heinz Reichert da http://www.railroadpictures.de

La 006 nel 2009 - Foto © R.Fogagnolo da www.trainzitaliafoto.com

La 006 nel 2009 – Foto © R.Fogagnolo da http://www.trainzitaliafoto.com

011 (FSF – FER)

La V200-011, poi 220-011-1, fu anch’essa prodotta da Mak. Espletò servizio DB dal 6 giugno 1957 al 14 ottobre 1980. il 21 ottobre 1982 fu acquisita da FSF mantenendo l’immatricolazione precedente.

FSF 220-011-1 in servizio passeggeri a Sermide nel febbraio 1989 - Foto ©www.locopage.net

FSF 220-011-1 in servizio passeggeri a Sermide nel febbraio 1989 – Foto ©www.locopage.net

Fu revampizzata e rimotorizzata CAT nel 2004: in epoca FER la sua immatricolazione è D 220.011 ER. Nella nuova livrea il suo frontale è caratterizzato da una mascherina piccola color verde muschio.

D.220.11ER nel 2008 - Foto © Paolone da www.trainzitaliafoto.com

D 220.11 ER nel 2008. mascherina verde piccola.- Foto © Paolone da http://www.trainzitaliafoto.com

028 (Cosfer – FER)

La V200-028, poi 220-028-5 prodotta da Krauss-Maffei, fu in servizio DB dal 1 ottobre 1956 al 26 agosto 1981 . Nel 1982 giunse in Italia, venduta a Cosfer Tagliacozzo, e rinumerata T5662. (Altre tre immagini del periodo Cosfer si trovano su photorail.com) Nel 1997 fu ceduta a  Salcef. Il 1 marzo 2003 entrò a far parte del parco FER, rinumerata D 220.028 ER. E’ caratterizzata da una mascherina grigia piccola sul frontale.

La 028, nel maggio 1993 a Campo Ligure, all'epoca COSFER T5662. Foto © Maurizio Boi da flickr

La 028, nel maggio 1993 a Campo Ligure, all’epoca COSFER T5662. Foto © Maurizio Boi da flickr

La 028 nel 2010 a Melzo scalo. Foto © alex da www.trainzitaliafoto.com

La 028 nel 2010 a Melzo scalo. Mascherina grigia piccola. Foto © alex da http://www.trainzitaliafoto.com

029 (Veltri – FER)

La V200-028, poi 220-028-3, fu prodotta da Krauss-Maffei, e restò in servizio DB dal 19 ottobre 1956 al 1 agosto 1984 . Il 4 dicembre 1984 fu venduta alla Veltri di Campoleone, e rinumerata T5719. Il 1 marzo 2003 entrò a far parte del parco FER, rinumerata 220 029-3. Ha una mascherina frontale rossa piccola.

La 029 - T 5719 Impresa Veltri nel giugno 1996 - Foto © www-lokfotos.de

La 029 – T 5719 Impresa Veltri nel giugno 1996 – Foto © www-lokfotos.de

Una 220 a Genova nel 1993 - forse le Veltri? Foto © Maurizio Boi da flickr

Una 220 a Genova nel 1993 – forse le Veltri? Foto © Maurizio Boi da flickr

220.029, caratterizzata dalal mascherina rossa, nel 2011. Foto © Farinos tra trainzitaliafoto.com.

220.029, caratterizzata dalla mascherina rossa, nel 2011. Foto © Farinos tra trainzitaliafoto.com.

La 029 ER, ritratta a Cremona il Il 20.6.2009 - Foto © Massimo Minervini da trainzitaliafoto

La 029 ER, ritratta frontalmente a Cremona il Il 20.6.2009 – Foto © Massimo Minervini da trainzitaliafoto

031 (Cosfer – Comsa – Salcef)

La V200-031, poi 220-31-9, anch’essa una Krauss-Maffei, fu in servizio DB dal 2 novembre 1956 al 1 agosto 1984. A novembre 1984 giunse in Italia, venduta a Cosfer Tagliacozzo, e rinumerata T5614. Ceduta alla spagnola Comsa nel 1988, tornò in Italia per Salcef nel 1999. Non ho trovato traccia dell’evoluzione successiva.

039 (Comfer – Comsa)

La V 200-039, poi 220-39-2, prodotta da Krauss-Maffei, fu in servizio DB dal 21 dicembre 1956 al 1 agosto 1984.  Venduta a  Cosfer il 22 ottobre 1984, restò in Italia 4 anni.
Nel 1988 fu trasferita COMSA, Spagna, per i cantieri di costruzione della AVE e numerata 51 2904. Nel 2010 fece ritorno in Germania, dove fu ridipinta nei colori originali.

La 039 in epoca spagnola: COMSA 9-3- 71- 1-312 201-7 - Foto: © José María García de Guadiana.

La 039 in epoca spagnola: COMSA 9-3- 71- 1-312 201-7 – Foto: © José María García de Guadiana da renfe-h0.com.

041 (Cosfer – FER)

V200-041, poi 220-041- 8. Krauss-Maffei in servizio DB dal 5 gennaio 1957 al 1 agosto 1984. Fu venduta a Cosfer il 22 ottobre 1984,  e rinumerata “T5697”. Nel 1993 passò a Bulfone, che ne ha ripristinato la matricola 220-041- 8. Venne poi trasferita nel 1994 a FP. Dopo il passaggio a FER, fu revampizzata e rimotorizzata CAT nel 2005. La livrea FER è caratterizzata da una mascherina verde che si estende a V fino al centro del frontale.

FP 220-041-8 il 11.6.96 - foto © www.lokfotos.de

FP 220-041-8 il 11.6.96 – foto © http://www.lokfotos.de

La 041 nel 2011 a Melzo scalo. Foto © Massimo Minervini da www.trainzitaliafoto.com

La 041 nel 2011 a Melzo scalo. Mascherina verde grande Foto © alex  da http://www.trainzitaliafoto.com

045 (FP – FER)

V200-045, poi 220-045- 9. Di costruzione Krauss-Maffei, prestò servizio DB dal 2 febbraio 1957 al 21 giugno 1982. Fu venduta a FP il 12 maggio 1985. Nel 2003 fu applicata la fascia rossa antiinfortunistica. Dopo il passaggio a FER, venne revampizzata e rimotorizzata CAT nel 2005. La livrea FER è caratterizzata da una mascherina grigia che si estende a V fino al centro del frontale.

220.045-9 a Ferrara nell'aprile 1988 - Foto © da locopage.piwigo.com/

220.045-9 a Ferrara nell’aprile 1988 – Foto © da locopage.piwigo.com/

FP 045 nel 2004. Foto © freebyrd da www.trainzitaliafoto.com

FP 045 nel 2004. Si nota la fascia antiinortunistica rossa Foto © freebyrd da http://www.trainzitaliafoto.com

220.045 a Sermide nel 2009 - Foto © R.Fogagnolo da flickr

220.045 a Sermide nel 2009. Mascherina grigia grande, – Foto © R.Fogagnolo da flickr

049 (FSF – FER)

V200-049, poi 220-049-1. Costruita da Krauss-Maffei, fu in servizio DB dal  27 marzo 1957 al 22 agosto 1978. Venduta a FSF il 12 maggio 1982, venne revampizzata e rimotorizzata CAT nel 2002, e passata a FER nel 2003. La livrea FER è caratterizzata da una mascherina bianca (o volendo, dall’assenza di mascherina).

FSF 220-049-1 nel 1998 - Foto © Stefano Paolini da photorail.com

FSF 220-049-1 nel 1998 – Foto © Stefano Paolini da photorail.com

220.049 nel 2013 - Foto © Gabriele Bosi da clickr

220.049 nel 2013. Mascherina bianca – Foto © Gabriele Bosi da flickr

051 (SNFT – FER)

V200-051, poi 220-051-7. E’ una Krauss-Maffei ed operò per DB dal  15 aprile 1957 al 5 febbraio 1984. Nel marzo 1989 venduta a Jelka, e da lì passò in Italia nel 1990 a SNFT per il servizio merci sulla tratta Rovato-Breno della linea della Valcamonica per Edolo.

SNTF 220.051 nel 1992 - Foto © Giovanni Demuru da wikimedia

SNTF 220.051 nel 1992 – Foto © Giovanni Demuru da wikimedia

SNFT divenne parte di FNM nel 1994, e contestualmente la 051 (che localmente aveva acquisito il soprannome “Mazinga”) venne accantonata nel deposito di Iseo prima, e nella rimessa di Cividate Camuno poi. Era soggetta a diversi guasti: nata per le linee pianeggianti probabilmente si rivelò inadatta alla linea tortuosa e acclive della Valcamonica.

Fu poi acquisita dalla FER nel 2003, che immediatamente la sottopose al revamping con sostituzione dei motori. Fu così che la macchina, già due volte dismessa, ebbe un terza giovinezza nelle vesti tricolori di FER. In questa livrea, è caratterizzata da una mascherina piccola color verde pisello.

D220.051ER a Cremona nel maggio 2009 - Foto © Massimo Minervini da www.trainzitaliafoto.com

D220.051ER a Cremona nel maggio 2009. Mascherina verde piccola – Foto © Massimo Minervini da http://www.trainzitaliafoto.com

060 (Valditerra – Lasfed – FER)

La V200-060, poi 220-060-8, prodotta da Krauss-Maffei , fu in servizio DB dal 27  febbraio 1959 al 22 aprile 1983.

La 220-060 verso la fine del suo periodo tedesco

La 220-060 verso la fine del suo periodo tedesco, in livrea “Ozeanblau-Creme”

Dopo una breve parentesi presso ferrovie private Tedesche (1985-1985:  Zink, Luitpoldhütte, Regentalbahn AG) fu ceduta a Valditerra (società italiana che si occupa della manutenzione dei binari) nel 1986.

La V220 Valditerra. Foto da capotrenogio.webnode.it

La V220 Valditerra. Foto da capotrenogio.webnode.it

Nel 1999 fu ceduta ad altra società (LAFESD), e nel 2003 pervenne a FER che, dopo averla revampizzata e rimotorizzata CAT nello stesso anno, la immatricolò 220 060. Ha una mascherina piccola verde chiaro.

La 060 appena acquisita da FER, ritratta a Ferrara il 24/4/2003 - Foto © Stefano Paolini da photorail.com

La 060 appena acquisita da FER e ancora il livrea LASFEd, ritratta a Ferrara il 24/4/2003 – Foto © Stefano Paolini da photorail.com

220-060 ER nel 2009 - Foto © R.Fogagnolo da flickr

220-060 ER nel 2009 Mascherina verde chiaro piccola – Foto © R.Fogagnolo da flickr

065 (Salcef – IPE)

La V200-065, poi 220-065-7 prodotta da Krauss-Maffei , fu in servizio DB dal 26  marzo 1959 al 1 agosto 1984. Nol novembre di quell’anno fu ceduta a Layritz, Penzberg. Il 1 luglio 1985 fu venduta in Italia, probabilmente dalla SALCEF. Fu impiegata per brevissimo tempo, con immatrocolazione T 5608. Venne demolita nel 1985 alla IPE di Pradelle di Nogarole.

074 (FP – FER) 

La V200-074, poi 220-074-9, prodotta da Krauss-Maffei, fu in servizio DB dal 26  marzo 1959 al 1 agosto 1984. Venne venduta a FP il 12 maggio 1984, e nel 2004, dopo il passaggio a FER, fu revampizzata e rimotorizzata CAT. La livrea FER è caratterizzata da una mascherina verde che si estende a V fino al centro del frontale.

La 074 nel 1988, quando era in forza alle FP - Foto © Mauzizio Messa da www.trainzitaliafoto.com

La 074 nel 1988, quando era in forza alle FP – Foto © Maurizio Messa da http://www.trainzitaliafoto.com

SUggestivo controluce della FER 220-074 nel 2004 - Foto © Gippi52 da flickr

Suggestivo controluce della FER 220-074 nel 2004 – Foto © Gippi52 da flickr

FER 220-074-9 a Zagabria nel 2004 per il revamping - Foto © Ivan Crnkoci da Railfaneurope.net

FER 220-074-9 a Zagabria nel 2004 per il revamping – Foto © Ivan Crnkoci da Railfaneurope.net

220-074 in livrea FER - Foto © Bahn-franke.de

220-074 in livrea FER . Mascherina verde grande- Foto © Bahn-franke.de

076, 083 e 084

Queste tre macchine giunsero in Italia, ma di loro c’è ben poco da dire: furono acquistate da una ditta di Reggio Emilia che si occupò di demolirle.

La 083 a Stoccarda nel 1983 poco prima del trasferimento in Emilia per la demolizione. Foto © Lokfotos

La 083 a Stoccarda nel 1983 poco prima del trasferimento in Emilia per la demolizione.  © Lokfotos

108 – 130

La 108 fu presa in carico da Bulfone (1991) con il compito di venderla. Non fu però possibile trovare un acquirente, e la macchina fu demolita nel 2001. La storia della 130 invece fu più rapida ma altrettanto infelice: venne a Castelfranco Veneto nel 1974 solo per essere “smaltita”.

221 130 - Foto © M.Hafenrichter da drehscheibe.net

221 130 – Foto © M.Hafenrichter da drehscheibe.net

In scala N

Come anticipato, la V200 è parte importante della storia della scala N. Infatti il primo modellino nella scala N ufficiale è l’Arnold Rapido realizzato nel 1962 e mostrato nel banner di questo blog. Già nel 1960 ce n’era stata una versione in scala 1:200 (Arnold Rapido 200) e l’anno prima vi era stata la versione “Schiebetrix” non motorizzata.

La macchina è così celebre da essere poi stata realizzata in scala N da tanti produttori (Arnold, Minitrix, Roco,  Fleischmann, Ibertren, Marks), per un totale di una settantina di versioni! Sono riportate sul  modellbau-wiki. La grande maggioranza dei modelli riproducono la macchina in livrea originale rossa e nera, con o senza la lunga scritta sulla fiancata. Degna di menzione la versione Fleischmann digitale in doppia trazione, con una delle due unità motorizzata e l’altra folle ma provvista di sound. Poche le versioni blu-crema. Arnold ne ha prodotte anche con i ganci Simplex che permettono di effettuare manovre di sganciamento.

Tra le private tedesche, troviamo la BEG (Brohltal Eisenbahn), BEG (Bocholter Eisenbahngesellschaft mbH), BEB (Bentheimer Eisenbahn), PEG imoTrans, EGP (Eisenbahngesellschaft Potsdam), EBW Cargo (in versione V270).

Le versioni estere comprendono le svizzere, le spagnole in versione RENFE e COMSA. Quest’ultima è proprio la 51 2904 ex Comfer!

E veniamo finalmente alle italiane.

Roco (modello 23290) ha realizzato la 006 in versione FSF.

Roco 23290 - V220 006 FSF

Roco 23290 – V220 006 FSF

Arnold ha prodotto tra il 1983 e il 1985 il modello 2024 che riproduce la 011, anche questa in versione FSF.

Arnold 2024 - FSF 220 011 - Foto da www.imitidicthulhu.it/Bridge/Treni/

Arnold 2024 – FSF 220 011 – Foto da http://www.imitidicthulhu.it/Bridge/Treni/

Sempre Arnold nel solo 1989 ha riprodotto la 045 FP (modello 2029) in verde magnolia-crema.

Arnold 2029 - FP 220 045 - Foto da trenini.jimdo.com/

Arnold 2029 – FP 220 045 – Foto da trenini.jimdo.com/

Nel 1993 nuovamente Roco ha guardato a noi, con il suo modello 23289 che riproduce la 051 in livrea SNFT.

Roco 23289 - 220 051 SNFT

Roco 23289 – 220 051 SNFT

A Verona 2013 Claudio Bertoli (masetro nella ripittura di modelli) aveva esposto preso la ASN la sua realizzazione di una FER.

La FER di Claudio Bertoli

La FER di Claudio Bertoli

Dulcis in fundo… E’ attesa a breve la Minitrix 12337 che riprende la 011, ma la presenta nella variopinta livrea odierna di FER.

Il nuovo negozio on-line Conrad.it vende la MiniTrix T12337 Diesellok BR D 220 der Ferrovie Emilia Romagna (FER) a 144 €. (ma il prezzo – che non include IVA! – e la data di consegna – attualmente  prevista per giugno 2014 – continuano a cambiare, e non verso il basso… Visto che al primo acquisto su Conrad Italia si può ottenere uno sconto del 10% e che la spedizione è gratuita per importi superiori a 90€, la si può ottenere per circa 160 €.

Della Minitrix FER 220.011 per ora è stato reso pubblico solo il disegno.

Della Minitrix FER 220.011 per ora è stato reso pubblico solo il disegno.

Speriamo che il colore della mascherina frontale sia coerente con il numero di matricola: per la 011 dovrebbe essere verde. Niente scherzi, eh!

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Pubblicato il 18 gennaio 2014

Per il compleanno, mio fratello mi ha regalato un libro di Paolo Rumiz : “L’Italia in seconda classe. Con disegni di Altan e una Premessa del misterioso 740”. Era stato scritto nel 2002 come una serie di articoli usciti su Repubblica, ancora reperibili sul sito del giornale. E’ stato ripubblicato in forma di libro nel 2009 da Feltrinelli.

seconda_classe

E’ il racconto di un viaggio che nasce dall’idea di percorrere in treno in Italia una distanza pari alla Transiberiana, passando per linee secondarie ed evitando l’alta velocità. Ne esce il ritratto di un’Italia ferroviaria in progressivo disfacimento (tanto che oggi, due lustri dopo, sarebbe impossibile rifare lo stesso percorso perché varie tratte sono state nel frattempo dismesse).

E’ anche dall’esperienza di questo viaggio che nasce lo stupendo monologo di Marco Paolini del quale abbiamo qui già parlato.

Eppure al libro manca qualcosa: le immagini dei treni. Per questo ho voluto creare qui una sorta di appendice nella quale ho raccolto in rete alcune foto che mi paiono un significativo commento iconografico. In blu riporto dal libro citazioni dei passi a cui le immagini fanno riferimento.


Capitolo 1 Due uomini in fuga. Firenze-Civitavecchia-Olbia

Pagina 20:

“La stazione ferroviaria è lontana. Uno volta la rotaia arrivava ai traghetti, ora l’hanno ‘razionalizzata’, e ci tocca pedalare (…) Olbia, la vecchia 668 per Sassari, piena di ammaccature, è pronta sul binario 2.”

La ALe.668 a Olbia, davanti al traghetto della Tirrenia

Solo qualche anno prima del viaggio ai Rumiz, la ALe.668 a Olbia, arrivava sul molo, fin  davanti al traghetto della Tirrenia – foto © Gregoris Paolo, 1997, da blog.tuttotreno.it

Pagina 20:

Sono cresciuto a cavallo del cofano di una 772, quello largo come il serbatoio di una Harley Davidson. Per questo ho le gambe storte.

ALn772, da digilander.libero.it/luclopes/

ALn772, da digilander.libero.it/luclopes/


Capitolo 2. Sul binario illegale. Olbia-Arbatax

Pagina 25:

“La motrice Breda è già lì che aspetta. Piccolina, con a prua un rostro rugginoso come la benna di un bulldozer. E’ il vomere scacciapecore. In Australia lo usano per i canguri.”

ADe91-98 delle Ferro vie della Sardegna (FdS). Foto Hauser Christoph da wikimedia

ADe91-98 delle Ferrovie della Sardegna (FdS). Foto Hauser Christoph da wikimedia

Pagina 26

“Si riparte, la vampa mediterranea deforma le rotaie.Il treno balla tutto, diventa uno shaker che rammollisce il cervello”

FdS ADe 10 - Foto © Daniele Donadelli - Effimera59 da flickr

FdS ADe 10 – Foto © Daniele Donadelli – Effimera59 da flickr


Capitolo 3 Un capolavoro italiano. Arbatax-Cagliari

Pagina 30:

Arbatax: la vaporiera è rotta. E’ una mitologica 402 delle Officine Reggiane.”

Mandas - Arbatax 1989. Locomotiva Ferrovie Centrali Sarde FCS 400 (Officine Reggiane 133/1931) . Foto ©  Hans-Joachim Ströh da bahnbilder.de

Mandas – Arbatax 1989. Locomotiva Ferrovie Centrali Sarde FCS 400 (Officine Reggiane 133/1931) . Foto ©
Hans-Joachim Ströh da bahnbilder.de

Per inciso, su bahnbilder.de c’è una bella galleria di immagini delle Ferrovie Centrali Sarde.

Pagina 32:

Ma il peggio sono le pecore. In gregge formano una massa compatta e insuperabile. “Il rischio” ride il macchinista “è che se una decide di morire, tutte le altre le vengono dietro.”

Pecore sui binari. Foto © palermo.repubblica.it

Pecore sui binari. Foto © palermo.repubblica.it

E’  poi accaduto davvero nel 2012! 32 pecore, investite da un treno, sono morte, ma era nel Messinese, non in Sardegna.


Capitolo 4. Il grande sud. Cagliari-Trapani-Aragona

Pagina 37

“A Trapani.. solo il caro, vecchio treno ci riconosce e ci accoglie con il suo ron-ron familiare. E’ il diesel 668, lo stesso dello sbarco in Sardegna,” 

ALn668.3135 con REG 8605 Palermo - Trapani in transito nei pressi di Segesta-Tempio - Foto Manfredi da www.trainsimhobby.com

ALn 668.3135 con REG 8605 Palermo – Trapani in transito nei pressi di Segesta-Tempio – Foto Manfredi da http://www.trainsimhobby.com


Capitolo 5. Le stazioni fantasma. Aragona-Agrigento-Catania
Pagina 44:

“E nelle stazioni, i resti di tanti serbatoi d’acqua, segno della sete africana che qui divorava le locomotive.”

Torre dell' acqua a Santa Teresa (ME) - foto da www.comunemio.it

Torre dell’ acqua a Santa Teresa (ME) – foto da http://www.comunemio.it


Capitolo 6. Sotto il vulcano. Catania-Randazzo-Catania

Pagina 48

“Poi tutto cambia, e la città inclinata diventa la città detritica. Accumuli di pietre laviche, discariche, fichi d’india, case non finite, bouganvillee, sfasciacarrozze, immondizie. Eppure, che meraviglia. “

Una stupenda immagine della ALn 56 da circumetnea.it

Una stupenda immagine della ALn 56 da circumetnea.it

“In cabina di guida realizziamo che nessun passeggero al finestrino saprà mai la magnificenza di questa penetrazione frontale del paesaggio, in un mare oceano di alberi di pistacchio color verde smeraldo, avvinghiati alla lava.”

La spettacolare cabina di guida della FCE ALn 56.06 -Foto © Giorgio Stagni da www.miol.it/stagniweb

La spettacolare cabina di guida della FCE ALn 56.06 -Foto © Giorgio Stagni da http://www.miol.it/stagniweb

Belle immagini della Circumetnea si trovano su skyscrapercity.


Capitolo 7.  Il treno delle donne. Catania-Soveria Mannelli

Pagina 54

“E ad Aci Trezza, il paese dei Malavoglia, una nera locomotiva 740 tirata a lucido sbuca tra le buganvillee della stazione ferma su un binario morto sotto il vulcano.” 

La 740.244 a Giardini NaxosFoto © CaptainUnited da www.panoramio.com/

La 740.244 a Giardini Naxos, con le buganvillee sullo sfondo  – Foto © CaptainUnited da http://www.panoramio.com/

Pagina 56

“Appena il tempo di un chinotto e si riparte, con la motrice delle Ferrovie Calabre che tira come un mulo.Il treno entra in cremagliera, morde indomito, controvento, un dieci per cento costante duro, costante come il Pordoi,”

FCL0064 - M2.232 e LM2.702 sul tratto a cremagliera vicino a Catanzaro Pratica. Foto © Johannes J. Smit da flickr

FCL0064 – M2.232 con lo spintore LM2.702 sul tratto a cremagliera vicino a Catanzaro Pratica.
Foto © Johannes J. Smit da flickr

Una bellissima collezione di vecchie foto della FCL si trova  su flickr, opera di Johannes J. Smit.


Capitolo 8. L’ultima Roncisvalle. Soveria Mannelli-Camigliatello-Cosenza-Salerno

Pagina 60

“Camigliatello, quota 1300, boschi svizzeri con vista sui laghi. La ferrovia più pazza d’Italia scende dalla Sila Grande come una bava di lumaca, a volute larghe, traslucida nella bruma. “

Camigliatello Silano. Foto da www.ferrovie.it/forum

Camigliatello Silano. Foto da http://www.ferrovie.it/forum

Pagina 63

“Povero treno della Sila. Prima di morire in un binario cieco tra gli Infedeli e i ruderi di un saccheggio saraceno, ha suonato ancora il suo Olifante, valicato l’ultima Roncisvalle, sfiorato fonti miracolose, ponti millenari, tombe di eroi. “

Il treno della Sila su un tronchino. Foto © arkoudaki da flickr

Il treno della Sila su un tronchino. Foto © arkoudaki da flickr


Capitolo 9. Nella città termitaio. Salerno-Napoli e Circumvesuviana

Pagina 68

“Il vagone è pieno, qua non ci sono rami secchi…Figurarsi se c’è aria condizionata, si viaggia a finestrini abbassati. Dentro, vortici spaventosi.”


Capitolo 10. Le terre di mezzo. Napoli-Avezzano-Sulmona

Pagina 74

“Ma il confronto è senza storia. Calcestruzzo contro mattoni, viadotti contro ponti, piloni contro arcate romane. La ferrovia segna l’ultima alleanza tra funzionalità ed estetica. L’autostrada, invece, decreta la sconfitta della bellezza.”

Un tratto della "Transiberiana d'Italia"

Un tratto della “Transiberiana d’Italia”

Nota. La Sulmona-Carpinone – paesaggi che offre mozzafiato in tutte le stagioni, detta “La Transiberiana d’Italia”, che raggiunge l’altimetria ferroviaria più alta d’Italia dopo quella del Brennero, i 1268,82 metri s.l.m. della stazione di Rivisondoli-Pescocostanzo,  è chiusa dal 2011, e da allora è percorsa (in media solo una volta al mese) da treni turistici.


Capitolo 11. Blues del treno lento. Sulmona-Castel di Sangro-San Vito Marina 

Pagina 80

“L’Adriatico è a soli 80 chilometri in linea d’aria, ma quello che ci porta laggiù è il treno più lento d’Italia. Praticamente un tram. Un “Tibb” serie 10, vecchia automotrice coperta di graffiti.”

La TIBB ALe 10 della FAS, prima dell'attacco dei graffitari - Foto © Johannes J Smit da flickr

La TIBB ALe 10 della FAS, prima dell’attacco dei graffitari – Foto © Johannes J Smit da flickr

La ALe 10 sarebbe andata in pensione tre anni dopo, nel 2005.


Capitolo 12. La Jazz Band su rotaie. San Vito Marina-L’Aquila-Foligno

Pagina 86

“Sella di Corno, quota 1005, la jazz band entra in Lazio, affronta la discesa.”

Un'immagine dal passato: Una Gr.471 a Sella di Corno

Un’immagine dal passato: Una Gr.471 a Sella di Corno

“La motrice si inclina, curva sopra Antrodoco accanto a un’enorme scritta “DUX” sulla montagna, scende verso Rieti, si infila in gole boscose di una bellezza incomparabile.”

Antrodoco, con il monte Giano alle spalle e la scritta DUX  realizzata tra il 1938 e il 1939 con un rimboschimento fatto dalla locale sezione del Corpo forestale dello Stato. Foto da   foroitalico.altervista.org

Antrodoco, con il monte Giano alle spalle e la scritta DUX realizzata tra il 1938 e il 1939 con un rimboschimento fatto dalla locale sezione del Corpo forestale dello Stato. Foto da foroitalico.altervista.org


Capitolo 13. Eurostar, la vendetta. Foligno-Faenza-Firenze

Pagina 9o

“Capisco che la fregatura arriva da quel maledetto treno a forma di supposta, con il culo uguale al muso, che non sai mai da che parte abbia intenzione di andare.”

ETR 450  - il Pendolino della Roma-Foligno-Ancona - Foto © Giorgio Stagni da www.miol.it/stagniweb

ETR 450 – il Pendolino della Roma-Foligno-Ancona – Foto © Giorgio Stagni da http://www.miol.it/stagniweb


Capitolo 14. La Signorina a vapore. Firenze-Siena-Monte Amiata  e ritorno

Pagina 96

“Stavolta non ho dubbi. Vuole la nera “640”, numero 148 di serie, che lo aspetta ansimando piano sotto la pioggia, come Lili Marleen accanto al lampione.”

La Gr. 640.148 - Foto © G.Giacobbo

La Gr. 640.148 – Foto © G.Giacobbo

Pagina 97

“Il trenino è la “990”, la mitica Freccia delle Dolomiti, Milano-Cortina, carenata, color toffee. Ma che delusione. Viaggi nel paesaggio più straordiariamente italiano d’Italia e l’altoparlante, invece di spiegartelo, ti propina un’atroce musica americana anni Cinquanta. Risultato, i gitanti chiacchierano, i bambini digitano telefonini, altri fanno merenda, tutti sono indifferenti al paesaggio.”

La 990. Foto da spazioinwind.libero.it/laroccadorcia

La 990 nel paesaggio toscano. Foto da spazioinwind.libero.it/laroccadorcia


Capitolo 15. Ground Zero in galleria. Firenze-Pistoia-Bologna-Parma

Pagina 104

“Anche per arrivare a Firenze l’abbiamo evitata, preferendole la Faentina. L’Italicus segna il luogo del nostro personale Ground Zero. E’ ancora lì, in quella galleria piantata nella pancia del nostro Paese.”

Agosto 1974: la vettura 5 del treno Italicus alla stazione di San Benedetto Val di Sambro. Foto © Piero Casadei da lanostrastoria.regione.emilia-romagna.it

Agosto 1974: la vettura 5 del treno Italicus alla stazione di San Benedetto Val di Sambro. Foto © Piero Casadei da lanostrastoria.regione.emilia-romagna.it

“Andiamo in Emilia sulla vecchia Porrettana, un altro mito italiano.”

Ferrovia Porrettana - Viadotto di Piteccio prima del 1900 - Foto F.lli Alinari

Ferrovia Porrettana – Viadotto di Piteccio nei primo anni del 1900 – Foto F.lli Alinari

“A Pracchia, sei binari. Un tempo tutto il traffico italiano passava di qui.”

Stazione di Pracchia, 1955. Foto da s880.photobucket.com

Stazione di Pracchia, 1955. Foto da s880.photobucket.com


Capitolo 16. Il treno a filo di mare, Parma-La Spezia-Ventimiglia

Pagina 108

“Le Cinque Terre sono un puro atto di immaginazione, le stazioni una finestra che ti acceca tra due tunnel.”

Passaggio a Vernazza (Cinqueterre) Foto © Giorgio Stagni da www.miol.it/stagniweb

Passaggio a Vernazza (Cinque Terre) Foto © Giorgio Stagni da http://www.miol.it/stagniweb


Capitolo 17. A dorso del treno-mulo. Ventimiglia-Cuneo-Asti

Pagina 114

“Sale nervoso, a strattoni, entra nel temporale, taglia con pazzeschi mezzacosta rocce verdi e rosa, si aggrappa al nulla, si intreccia al fiume gonfio che scende dal Col di Tenda attraversando un pezzetto di Francia.”

ALn501 nei pressi di Tenda Foto © Giorgio Stagni da stagniweb.altervista.org

ALn501 nei pressi di Tenda Foto © Giorgio Stagni da stagniweb.altervista.org

“Curve assurde, ponti disegnati da un pazzo”

Viadotto Scarassoul presso Tenda - Foto © Giorgio Stagni da stagniweb.altervista.org

Viadotto Scarassoul presso Tenda – Foto © Giorgio Stagni da stagniweb.altervista.org


Capitolo 18. La Padania a zig-zag. Asti-Torino-Pavia-Mantova

Pagina  123

“Eccola Rovesenda. Quattro case, la Alpi lontane, due stazioni due che si guatano.Vicinissime, vuote e sfasate da otto metri di dislivello. Paolini racconta: c’erano due linee private. Per non incrociarsi, furono obbligate a scavalcarsi con un terrapieno. Ne nacque un perfetto paradosso all’italiana. Due stazioni: Rovesenda Alta e Rovesenda Bassa, nel piattume delle risaie.” 

La stazione di Rovesenda Alta vista dalla stazione di Rovesenda. - Foto © degra da flickr

La stazione di Rovesenda Alta vista dalla stazione di Rovesenda. – Foto © degra da flickr

Breve nota storica: Rovasenda si trova  sul tracciato della Santhià-Borgomanero (km. 48.421 a binario unico non elettrificata), inaugurata  il 16 gennaio 1905.  Anche la Biella-Novara  (km. 50.760 a a binario unico) passa per Rovesenda. Quest’ultima nacque  come ferrovia concessa all’iniziativa privata (Ferrovie Elettriche Biella Novara – in realtà mai elettrificata): fu inaugurata il 13 maggio 1939,  e diventò operativa dal 20 luglio 1940. Nel 1951 lo Stato revocò la concessione e prese in gestione diretta la linea come F.S. Si veda anche ferrovie.it. Le due linee sono interconnesse da un raccordo. Forse sarebbe meglio dire “erano”, perchè la Santhià-Borgomanero è stata dismessa nel giugno 2012.

Planimetria delle stazioni di Rovesenda - Immagine da www.marklinfan.com

Planimetria delle stazioni di Rovesenda – Immagine da http://www.marklinfan.com


Cap. 19 – Treni dell’altro mondo. Mantova – Monaco

Pagina 126

“Meno male che vado in pensione. – Che succede? – La rete muore. Guardi il raddoppio della Verona-Bologna. L’ero putelin a scola e l’era da finir. Vado in pension e l’è ancor da finir”

Raddoppio della Bologna Verona

Raddoppio della Bologna Verona – Foto © Fabio Veronesi da http://www.ferrovie.it

E invece, sei anni dopo l’uscita del libro di Rumiz, il raddoppio è stato completato. In compenso, l’EC 85 Monaco-Rimini che si vede in foto non c’è più. Nessuno degli Eurocity di Trenitalia attraverso il Brennero c’è più… Pare non fossero redditizi. Già, infatti vogliono fare il tunnel di base del Brennero per aumentare il traffico. Ma sono matti? Si, matti ad abolire gli EC FS. Perché invece ora su quella linea corrono gli EuroCity tedeschi (ÖBB-DB-Trenord), nonostante la spietata e vergognosa guerra che Trenitalia ha fatto loro. E sono sempre pieni!

Pagina 128-129

“Oltralpe, in Germania, dove la stazione si chiama Bahnhof, il capotreno è ancora un monarca e il treno è il simbolo della nazione. (…) Intanto albeggia, le valli cupe finiscono, il treno accelera verso l’Isar, sente profumo di Weisswurst e di giornali appena sfornati”

Hauptbahnhof München - foto da staticflickr.com

Hauptbahnhof München – foto da staticflickr.com

Pagina 129

“Paolini passeggia  inquieto in corridoio… Ha sognato che il suo gatto era rimasto chiuso nella stanza dei trenini e gli ha distrutto mezzo plastico, rosicchiandogli pure le linee elettriche.” 

Il gatto e i trenini, da ilbrenneroindanimarca.blogspot.it

Il gatto e i trenini, da ilbrenneroindanimarca.blogspot.it


Capitolo 20 – Bella e impossibile. Monaco – Treviso – Mestre

Pagina 132

“Durissima tornare in Italia dalle ovattate Ferrovie Tedesche. (…) A Monaco scoperto che le Ferrovie Tedesche vendono i biglietti chilometrici. (…) Perchè in Italia non si può?” 

Munchen HBF

Munchen HBF – Foto da dmm.travel

Pagina 133

“Poi a Treviso, solo per vedere lei… Eccola, testarda e solitaria, sprezzante delle carenature e della cultura dell’apparire… La 740 è una Silvana Mangano, evoca biciclette e mondine.Una bellezza da combattimento… Una cosa fatta per terreni difficili, per rotaie povere, con poco ferro… Dalla Sicilia al Brennero, la 740 ha fatto l’Italia… Nessuna locomotiva italiana è stata prodotta in così tanti esemplari… Ha collegato l’impossibile, fatto un lavoro enorme, oscuro, pesante… Era eterna, l’hanno radiata per ultima… Marco è commosso.”

La 740.038 a Treviso - Foto © tommasoner da www.trenomania.org

La 740.038 a Treviso – Foto © tommasoner da http://www.trenomania.org

Pagina 135

“Marco scappa a casa (abita lì vicino) per controllare se il gatto gli ha davvero distrutto i trenini. Il sogno fatto sul treno per Monaco lo ha turbato”

Il gatto e i trenini - foto da www.baronerosso.it

Il gatto e i trenini – foto da http://www.baronerosso.it


Capitolo 21. Sogni al capolinea. Mestre-Villacco-Jesenice-Gorizia

Pagina 141

“Quanto basta per farci scendere a Nova Gorica, lato sloveno di Gorizia, la piccola Berlino tagliata dal confine. Il nostro fine corsa è la stazione della Transalpina, che fino al 1989 sbatteva in faccia agli italiani la stella rossa del comunismo slavo.”

Piazzale della Transalpina - foto da www.ilpinguinoviaggiatore.it/

Piazzale della Transalpina, tagliata a metà dal filo spinato – foto da http://www.ilpinguinoviaggiatore.it

All’epoca del viaggio di Rumiz (2002) il  il “muretto di Gorizia” che come il più celebre muro berlinese aveva avuto i suoi morti, c’era ancora anche se ormai era  (dal 1989) depotenziato. Nel 2004 anche questo muro è definitivamente caduto.

“E allora via. Un salto e siamo in Italia. L’unico rumore è uno strappetto sui jeans.”

Muro di Gorizia. Foto da static.guide.supereva.it/guide/friuli_venezia_giulia

Muro di Gorizia. Foto da static.guide.supereva.it/guide/friuli_venezia_giulia

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Pubblicato il 4 gennaio 2014, ultima modifica 11 aprile 2014

Le T3 prussiane sono tra i locotender più caratteristici ed eleganti, e tra le locomotive prussiane a più ampia diffusione e di maggiore longevità. Una di esse fu annoverata nel parco FS , anche se pare abbia non prestato mai o quasi servizio, ma varie altre (ben 19!) operarono per anni nella penisola in ferrovie secondarie ed industriali: alcune di esse sono preservate in stato operativo. Ne parliamo in due puntate: in questa partiamo da lontano, raccontando le origini e la storia di queste mitiche macchine; la prossima la dedicheremo al loro servizio sui binari italiani.

Le T3 erano una serie di locomotive che verso fine ‘800, per la prima volta, assieme alle T2, seguivano uno standard costruttivo (Musterblatt). Le precedenti T2 erano basate su due assi accoppiati, e potevano avere rodiggio B, B1 e 1B. Le B erano usate principalmente per la manovra, le 1B e le B1 erano invece destinate in origine a servizi sulla Stadtbahn di Berlino e su linee di collegamento. Quando nel 1923 pervennero all’amministrazione della Deutsche Reichsbahn-Gesellschaft furono inquadrate nella serie Br 88.76.

T2 di tipo B, Br 88.76

T2 di tipo B, Br 88.76

Le T3 Prussiane

Le T3 invece erano a tre assi accoppiati, rodiggio C. Le prime cinque locomotive di tipo T3  furono prodotte nel 1881-1882 da Henschel a Kassel per la Bergisch Märkischen Eisenbahn (BME), ma poichè quasi subito vi fu la nazionalizzazione delle ferrovie, già nel 1882 entrarono a far parte del parco macchine dalle Ferrovie Reali di Prussia (Königlich Preussische Eisenbahn-Verwaltung, KPEV).

Targa di una KPEV T3. Foto © lockschilder.info

Targa di una KPEV T3. Foto © lokschilder.info

Successivamente le macchine vennero costruite da un po’ tutti i maggiori costruttori tedeschi della fine ‘800: Borsig, Hanomag, Henschel, Schwarzkopff, Vulcan e molti altri. La macchina ebbe gran successo, e ne furono prodotti un gran numero di esemplari, alcuni dei quali varcarono i confini fino a giungere, in un mondo non ancora globalizzato, nella remotissima Cina, dove 20 esemplari furono impiegati presso la Ferrovia dello Shandong. Alcune motrici furono vendute alla Grecia, 24 furono cedute alla Polonia al termine della prima guerra mondiale come risarcimento di danni di guerra, e oltre 20 esemplari furono acquistate da ferrovie italiane, e giunsero nella penisola in Italia in ordine sparso – ma come già detto, di queste parliamo altrove.

BR 89.7159 nel 2007 - Foto © Patrick Mlotek da www.bahnbilder.de

BR 89.7159 nel 2007 – Foto © Patrick Mlotek da http://www.bahnbilder.de

In origine le macchine non si chiamavano T3, ma erano denominate in accordo con il nome del progetto standardizzato: III-4e e III-4p a seconda del tipo.  Vi erano infatti due versioni principali della T3. La prima (III-4e) costituì la stragrande maggioranza delle Prussiane: 1263 macchine di questo tipo furono direttamente acquistate da KPEV. Del successivo modello rinforzato (III-4p),  prodotto tra il 1904 e il 1906 da Hagans, Orenstein & Koppel e Freudenstein, vennero acquistati 52 esemplari. A queste macchine si aggiunsero quelle derivanti dalla nazionalizzazione delle imprese ferroviarie, cosicchè il totale delle macchine KPEV costruite tra il 1882 ed il 1906 secondo il Musterblatt III-4e/p raggiunse l’impressionante cifra di 1.373 unità. A causa del gran numero di diversi costruttori e il lungo periodo di produzione, le locomotive, anche se appartenenti ad una stessa serie,  potevano differire per dettagli e caratteristiche, anche se nel complesso non in maniera sostanziale. Le III-4e si dividono in due sottoserie: quelle della prima sottoserie III-4e (1) avevano la parte inferiore della parete posteriore della cabina inclinata, mentre la sottoserie successiva III-4e (2) ha una parete posteriore piana e da una lunghezza leggermente maggiore. Nella prima sottoserie inoltre il duomo è assente, e lo si trova nella seconda, definita nel 1901 con la terza edizione del Musterblatt. Le III-4e (2) erano in grado di trainare 545 tonnellate a 40 km/h in piano, che si riducevano a 80 tonnellate a 30  km/h su pendii del 20 ‰.

Vediamo qui le tre varianti principali: III-4e (1), III-4e (2) e III-4p. (disegni tratti da www.kdtroeger.de, dove tra tantissime informazioni si trovano anche vari altri schemi [1] e [2]).

M III-4e

M III-4e

M III 4e di secondo tipo, dalla terza edizione del Musterblatt, 1901

M III 4e di secondo tipo, dalla terza edizione del Musterblatt, 1901

M III-4p

M III-4p

La III-4p ha una aspetto molto simile alla III-4e(2), ma è un pò più lunga ed ha la caldaia rialzata di 20 cm per permettere di ingrandire il serbatoio dell’acqua che si trovava per l’appunto sotto la caldaia. Le III-4p hanno massa maggiore:  36,8 t contro 29,2 t delle  III-4e. Corrispondentemente il carico assiale passa da 10 t a 12,7 t.

Una delle caratteristiche di tutte le III-4e/p è l’asimmetria del passo, con gli assi anteriori distanziati di 1,7 m e quelli posteriori di 1,3 (il diametro delle ruote è 1,1 m, anche se nelle primissime macchine prodotte erano di qualche centimetro più piccole). Tutte erano a vapore saturo, ed avevano cilindri con un diametro di 350 mm e una corsa di 550 mm, con distribuzione Allan.

Furono realizzate anche tre macchine di aspetto piuttosto simile, derivate dal Musterblatt III-4g.  Avevano però rodiggio diverso (B1), e quindi furono delle T2.

Le T3 erano state concepite per svolgere ogni tipo di servizio sulle linee secondarie in sostituzione delle locomotive a 2 assi di limitata potenza. Esse costituirono in Germania per moltissimi anni il nucleo più importante delle piccole locomotive “tuttofare”. Avevano velocità massima di 40 Km/h, e così quando nel 1904 la velocità di traffico sulle linee locali passò da 40 a 50 km/h, cominciarono i trasferimenti di queste macchine al servizio manovra nelle piccole e medie stazioni e anche in quelle di smistamento. Iniziò in quel periodo il ritiro e la cessione per l’esercizio industriale delle III-4e/p (anche se alcune di esse venivano ancora prodotte), ma diverse unità sarebbero rimaste in servizio ancora per oltre mezzo secolo!

Come abbiamo visto la denominazione T3 non è quella originaria: fu assunta solo nel 1906 a seguito di una riorganizzazione nei criteri che dettavano nomenclatura delle motrici prussiane. In tale periodo le macchine ricevettero numerazioni assegnate dalle varie Direzioni (ed i numeri potevano ripetersi, ovvero era possibile che macchine appartenenti a diverse Direzioni avessero lo stesso numero). La stessa denominazione T3 è usata per identificare macchine non Prussiane ma appartenenti a diverse amministrazioni. Tali motrici a volte erano imparentate piuttosto strettamente con il Musterblatt, a volte invece derivate da esso con diverse varianti, anche importanti, o addirittura solo vagamente simili, tanto che quando entrarono nella stessa amministrazione (Deutsche Reichsbahn) finirono in sottogruppi (e perfino gruppi) diversi: ma questo aspetto lo approfondiremo dopo.

Nel 1915 le KPEV disponevano ancora di 998 locomotive di tipo T3. Le perdite causate dalla Prima Guerra Mondiale e la susseguente cessione di 24 unità alla Polonia non incisero particolarmente sul numero di queste macchine.

Dentro la cabina di guida di una T3. Foto da kolejka.ptkraj.pl

Dentro la cabina di guida di una T3. Foto da kolejka.ptkraj.pl

Nel 1925, la maggior parte delle macchine andò alla neonata Deutsche Reichsbahn Gesellschaft, dove fu loro attribuito un numero della serie (Baureihe, BR) 8970-75.  Il piano iniziale prevedeva  di rinumerare 745 locomotive Prussiane, ma ne vennero immatricolate solo 511: 473 di tipo III-4e (numeri 89 7001-7456, 89 7473–7476 e 89 7499-7511) e 38 di tipo III-4p (numeri 89 7457-7472 e 7477 7498). Il gruppo 8970-75 comprende però anche altre macchine dopo la 7511. Si tratta di locomotive che erano in esercizio in amministrazioni diverse dalla KPEV. In parte sono proprio delle T3, ma in parte si tratta solo di motrici simili alle T3:

  • BR 89 7512-7521:  costruite da Jung per l’ex Bremer Hafen Eisenbahn (Ferrovia del Porto di Brema), non erano delle T3. Si trattava di macchine più pesanti, che avevano un carico massimo per asse di ben 15 tonnellate e disponevano di una piccola carbonaia collocata posteriormente dietro la cabina.
  • BR 89 7531-7541: Si tratta delle 11 macchine residue delle 29 di tipo T3  possedute originariamente della Braunschweigische Landeseisenbahn (BLE), una ferrovia privata  incorporata da DRG nel 1938. In realtà solo le prime 10 erano delle T3, mentre l’undicesima, la BR 89 7541, era solo somigliante: il telaio, le sospensioni, le dimensioni della griglia e la superficie di riscaldamento erano diversi.
  • BR 89 7555: locomotiva che era stata ceduta alla Polonia come riparazione danni prima guerra mondiale, e che fu ri-incorporate nelle DRG nel 1941 a seguito dell’invasione della Polonia.
  • BR 89 7556-7559: Großherzoglich Oldenburgische Eisenbahn (GOE) incorporate nel 1941. Erano T3, a parte la 7558, appartenente alla più potente classe Bismark per uso industriale costruita dalla Henschel.
  • BR 89 7560-7564: locomotive delle Zschipkau-Finsterwald Eisenbahn (ZFE), rilevate nel 1943. Non erano delle T3, provenivano da una classe diversa e  vennero accantonate quasi subito.

Secondo le convenzioni dell’epoca, l’assegnazione di numeri maggiori di 7000 avrebbe dovuto significare che la serie era considerata obsoleta e destinata ad una precoce dismissione, ma in realtà queste locomotive si rivelarono molto più utili del previsto,  e così alcune di loro furono molto longeve, anche se già dagli anni ’20 era iniziata la sostituzione di molte di queste locomotive con  macchine più potenti: T11 (BR 74), T12 (BR 93) e T13 (BR 92).  Nel 1932, le T3 nel parco erano però ancora 175, scese poi a 120 nel 1938.

48 macchine sopravvissute alla disastrosa seconda guerra mondiale entrarono a far parte del parco DB. Nel 1956 erano ancora 10 le T3 in servizio per le DB. La BR 89 7538, (una BLE) fu l’ultima a lasciare il servizio, e venne ufficialmente accantonata nel 1963. Altre 2 locomotive rimasero ancora in servizio nell’officina del deposito di Schwerte per qualche anno (senza numerazione DB).  La numero 3 (WL3), che era precedentemente la BR 89 7531, anch’essa ex BLE, venne ritirata dal servizio il 21 giugno 1968 e divenne museale.

Anche le ferrovie della DDR (Germania Est), che avevano mantenuto il nome DR, avevano ricevuto subito dopo la fine della guerra varie altre T3 sopravvissute. A causa della nazionalizzazione socialista, a queste si si erano affiancate diverse macchine simili che avevano trovato il loro destino in ferrovie private. Anche nelle DR la catalogazione restò 89, ma con numeri 5901-6306 (dove il prefisso 59-63 dipendeva dal  peso assiale dalle 9 alle 13 tonnellate: quindi le III-4e ebbero numeri 59xx e le III-4p furono catalogate 63xx). L’ultima di queste macchine presso le DR venne accantonata nel 1967, mentre nel 1979 terminò il proprio servizio l’ultima locomotiva che prestava servizio nel ramo industriale.

Sempre in Germania Est, nel 1960 quattro T3 erano state accoppiate a tender per far fronte alle esigenze del traffico sulle linee locali del Brandeburgo: si tratta delle macchine catalogate BR 89 6222, 6223, 6224 e 6225.  La prima fu inizialmente dotata di un tender a 2 assi, mentre le altre fin da subito vennero subito equipaggiate di tender a 3 assi del tipo 3 T 12, che successivamente equipaggiò anche la 6222. Questa macchina fu l’ultima ad essere attiva, e venne ritirata nel 1968 quando prestava servizio nel deposito di Magdeburg-Rothensee. E’ ancora preservata in museo a Dresda una macchina con tender, ex BR 89 7403 e riclassificata BR 89 6009 quando in anni relativamente recenti ha ricevuto il tender. Purtroppo dal 2008 non è più in grado di funzionare.

Un certo numero di altre T3 sono preservate in Germania: per lo più sono monumentate o conservate in museo, ma un paio sono ancora operative ed usate per treni storici. La seguente lista probabilmente non é esaustiva:

  • Br 89 ?? (Hanomag 1897 – unica (?) III-4e(1)) – Zell am Harmersbach/Schwarzwald / Monumento
  • BR 89 7159 (Henschel 1910, III-4e(2)) – Museo Ferroviario Neustadt Weinstraße / operativa
  • BR 89 7296 (Henschel 1899, III-4e(2)) – Museo di Gramzow / Monumento
  • BR 89 7462 (Hagans 1903, unica III-4p) – Museo Ferroviario Coblenza – unica III-4p
  • BR 89 7511 (Humboldt 1899 III-4e(2)) – Lubecca / Collezione privata
  • BR 89 7513 (Jung 1911, e non T3!) – Deposito Loburg / operativa – ex Porto di Brema
  • BR 89 7531 (ME 1898 – ex BLE) – Museo Ferroviario Heilbronn – ex BLE
  • BR 89 7538 Lüntorf / Monumento
  • DEBG Nr. 30 (Borsig 1904, III-4e(2)) – Kandertalbahn – operativa

Un bel video di quest’ultima è visibile su youtube:

Altre 4 macchine sono conservate in Polonia, ed almeno una in  Slovacchia ed in Ungheria. In Olanda è preservata una M III-4e(1). Varie sono conservate in Italia, ma di queste raccontiamo in un altro articolo.

Un articolo che presenta una descrizione complementare delle T3 Prussiane si trova su trainzitaliafoto.

Galleria di immagini delle T3 Prussiane

La prima serie M III-4e (1) si caratterizza per l’assenza di duomo e la parete posteriore della cabina inclinata.

III-4e prima serie, Werksfoto Borsig

III-4e prima serie, Werksfoto Borsig

III-4e seconda serie, BR 89.7075 - Foto EisenbahnJournal / Preussen Report / da: traizitaliafoto.com

III-4e prima serie, BR 89.7075 (Halle 6120) – Foto EisenbahnJournal / Preussen Report / da: traizitaliafoto.com

La seconda serie M III-4e (2) è leggermente più lunga (30 cm), ha la parete posteriore della cabina interamente verticale e presenta il duomo.

89.7159, T3 di seconda serie, tipo III-e(2). Foto © Helmut Dimitroff da www.bahnbilder.de

89.7159, T3 di seconda serie, tipo III-e(2). Foto © Helmut Dimitroff da http://www.bahnbilder.de

BR 89.7314, Tipo III-e(2), Foto da  worldrailfans.info, tramite www.marklinfan.com

BR 89.7314, Tipo III-e(2), Foto da worldrailfans.info, tramite http://www.marklinfan.com

La terza serie M III-4p è a prima vista molto simile alla seconda, ma è ancora più lunga (altri 30 cm) ed ha la caldaia rialzata: guardandola di fianco si nota uno zoccolo che rialza la caldaia di 20 cm. Di questa serie è assai difficile trovare foto. Su drehscheibe-foren.de si trovano alcune immagini di quando una di queste (la 7462, poi divenuta museale a Koblenz) era usata per il parco giochi dello zoo di Colonia.

III-4p , BR 89.7462 nel museo di Koblenz

III-4p , BR 89.7462 nel museo di Koblenz. Foto Tobias Hirsch da http://www.bahnbilder.net

III-4p , BR 89.7462, quando era monumentata allo zoo di Colonia. Foto Dennis Mellerowitz da www.drehscheibe-foren.de

III-4p , BR 89.7462, quando era monumentata allo zoo di Colonia. Foto Dennis Mellerowitz da http://www.drehscheibe-foren.de

III-4p , BR 89.7462. Si nota bene lo zoccolo che rialza la caldaia

III-4p , BR 89.7462. Si nota bene lo zoccolo che rialza la caldaia. Foto Dennis Mellerowitz da http://www.drehscheibe-foren.de

Anche dal frontale della 7462 si nota che la caldaia è rialzata nelle p. Si confronti con l'immagine frontale della 2159 in alto, che è una tipo e(2). Foto Dennis Mellerowitz da www.drehscheibe-foren.de

Frontale della 7462. Foto Dennis Mellerowitz da http://www.drehscheibe-foren.de

Includiamo anche una rara immagine della T2 derivata dal Musterblatt III-4g.

T2 derivata dal Musterblatt III-4g. SI nota la stretta parentela con le T3. Foto da www.drehscheibe-foren.de

T2 derivata dal Musterblatt III-4g. Si nota una strettissima parentela con le T3 di prima serie, ma gli assi accoppiati sono solo i primi due, e il rodiggio è quindi B1. Foto da http://www.drehscheibe-foren.de

Immagini delle 8970-75  non Prussiane

Una ex BLE si presenta come versione intermedia mantiene tra le due sottoserie della III-4e: come per la prima la parete della cabina inclinata, ma come nella seconda è presente il duomo.

89 7538 M III-e, Foto © Ulrich Budde da www.bundesbahnzeit.de

89 7538, una M III-e, ex  Braunschweigische Landesenbahn (BLE), Foto © Ulrich Budde da http://www.bundesbahnzeit.de

Le macchine provenienti dal porto di Brema, pur inquadrate nel gruppo 8970-75 , hanno poco a che spartire con il Musterblatt.

La 89 7513 nel Febbraio 2013. Non è una T3, ma una Jung, ex Porto di Brema. Foto © Edmund Schultz da www.bahnbilder.de

La 89 7513 nel Febbraio 2013. Non è una T3, ma una Jung, ex Porto di Brema. Foto © Edmund Schultz da http://www.bahnbilder.de

Macchina ceduta alla Polonia dopo la prima guerra mondiale, immatricolata Br 89 7555 durante la seconda guerra mondiale, poi tornata alla Polonia come Tkh1-20-rw2 - Si notano lecasse del'acqua allungate. Foto da eurodl.org

T3 ceduta alla Polonia dopo la prima guerra mondiale, immatricolata Br 89 7555 durante la seconda guerra mondiale, poi tornata alla Polonia come Tkh1-20. Si notano le casse del’acqua allungate. Foto da http://tomi.holdys.pl

Immagini delle Prussiane con tender (896)

79.6006, Foto © Jörg Trutwig da www.bahnbilder.de

79.6009, Foto © Jörg Trutwig da http://www.bahnbilder.de

79.6006, Foto © Kai Gläßer da www.bahnbilder.de

79.6009, Foto © Kai Gläßer da http://www.bahnbilder.de

79.6006, Foto © Volkmar Döringda www.bahnbilder.de

79.6009, Foto © Volkmar Döringda http://www.bahnbilder.de

Le T3 in altri sottogruppi BR

Abbiamo già anticipato sul termine T3 c’è una certa confusione, in quanto non identifica solo le macchine conformi ad una delle versioni del Musterblatt III-4 (prevalentemente prussiane), ma anche delle altre locomotive in qualche modo simili, anche se con variazioni piuttosto importanti: non si pensi però che qualsiasi motrice con rodiggio C, ed in qualche modo “somigliante” possa essere chiamata T3!

Le macchine denominate T3 ma non classificate nei gruppi 8970-75 e 89non raggiunsero la numerosità delle “Preußische“. Si tratta delle:

  • Pfälzische T3  (poi DR 89.1). Dal 1889 al 1902 le Ferrovie del Palatinato (Pfalz, la regione tedesca prossima al Lussemburgo) acquisirono 30 locomotive tender con 3 assi accoppiati per il movimento nelle stazioni e per il servizio in linea classificandole T3. A differenza delle Prussiane, i tre assi erano equispaziati. Le macchine erano costruite da Maffei come replica del modello bavarese D V del 1877 (BR 89.81). 21 di esse entrarono nelle DR nel gruppo 89.1, con numerazione 101–121. Altre sei restanti andarono alle Eisenbahnen des Saargebietes. L’ultima BR 89.1, che operava nel deposito di Ludwigshafen in Renania-Palatinato, ebbe vita lunga, e venne ritirata nel 1953
  • Württembergische T3  (poi DR 89.3-4). Tra il 1891 e il 1913 le Ferrovie del Württemberg (la regione di Stoccarda) commissionarono alla Krauss di Monaco e alla Maschinefabrik di Helbronn 110 macchine che vennero classificate T3. Erano suddivise in due versioni che differivano per peso assiale e capacità di traino. Il primo tipo, 14 macchine, era più leggero, aveva casse d’acqua corte, ed aveva i numeri 301-311 e 314-316. Era piuttosto simile alle T3 Prussiane. La seconda versione contava 96 esemplari classificati 312–313 e 317–410, e si caratterizzava per le casse d’acqua lunghe, e la carbonaia collocata davanti alla cabina, sul lato sinistro della macchina. Il macchinista aveva visuale solo dal finestrino anteriore destro. Le DRG rilevarono le 110 locomotive che classificarono come BR 89.3 (prima serie) e 89.3-4 (seconda serie). Vi fu anche la versione T3L, leggermente più lunga e soprattutto con passo maggiorato, costruita in 4 esemplari di cui una pervenne alle DR e fu immatricolata 89 411. Entro il 1945 tutte le locomotive del gruppo furono accantonate o cedute a impianti industriali. Nel 1968 vi erano ancora 2 locomotive in servizio presso un’azienda nella città di Stoccarda: una delle due era stata costruita nel 1899. La locomotiva di prima serie (BR 89 312) è stata conservata presso il Tecnomuseo di Mannheim.  Della seconda serie sono state preservate 3 locomotive:BR 89 339 (Kranichstein) – BR 89 363 (Benndorf) – BR 89 407 (Helbronn).
  • Mecklenburgische  T3 (poi DR 89.80 – Il Meclemburgo è una regione a nord-ovest dell’attuale Germania, sul mare del Nord). La Mecklenburg Friedrich-Franz-Eisenbahn aveva acquistato 68 macchine tra il 1882 e il 1906. Erano suddivise in due tipi: 51 di tipo denominato Mecklemburg T3a e 17 di tipo T3b con duomo. Dopo il 1925 ebbero numerazione DR le 01–20 e le 51–68, che divennero 89 8001-8020 e 89 8051-8068. L’ultima abbandonò il servizio nella DDR nel 1963.
  • Oldenburgische T3 (poi DR 98.2 – Il Granducato di Oldenburg era nella parte nord-ovest dell’attuale Germania). Oltre alle 4 macchine già citate (BR 89 7560-7564) ed entrate nel gruppo 89, vi furono altre 15 locomotive riconducibili al Tipo T3 che però furono catalogate in un gruppo diverso: il 98.2. Dodici macchine erano di modello III-4e (numeri 123-146), e tre di tipo III-4p (numeri 194-196). Quando furono inquadrate nella serie 98 della DRG, ebbero numerazione 201–215. Ben presto vennero quasi tutte dismesse o vendute, ma la 210 prestò servizio in Germania Est ancora dopo il 1945. e venne rinumerata DR 89 7577.  Schemi, immagini e informazioni sulle Oldenburgische 98.2 sono reperibili su www.laenderbahn.info.

Dati tecnici sulle singole sottoserie si trovano su www.albert-gieseler.de.

Immagini delle T3 in gruppi diversi da 896 e 8970-75

Pfälzische T3  – DR 89.1

BR 89.121 da http://www.flickr.com/photos/stoomverzamelaar/

Pfälzische T3 – BR 89.121 da http://www.flickr.com/photos/stoomverzamelaar/

Br 89.1 - Foto da: Taschenbuch Deutsche Damplokomotiven

Br 89.1 – Foto da: Taschenbuch Deutsche Damplokomotiven

Württembergische T3 – DR 89.3-4

Württemberger T3 a cassa dell'acqua corta - BR 89.312  Foto da: www.marklinfan.it, originale da Taschenbuch Deutshe Damplokomotiven

Württembergische T3 a cassa dell’acqua corta – BR 89.312. Foto da: http://www.marklinfan.it, originale da Taschenbuch Deutsche Dampflokomotiven

BR 89.407 foto da http://www.vltava2000.cz

Württembergischer T3 a cassa lunga – BR 89.407 foto da http://www.vltava2000.cz

Württembergische T3 a cassa dell'acqua lunga - BR 89.3-4  Foto da: www.marklinfan.it, originale da worldrailfans.info

Württembergische T3 a cassa dell’acqua lunga – BR 89.3-4 Foto da: http://www.marklinfan.it, originale da worldrailfans.info

BR 89.339 nel 2007. Il confronto con l'imponente BR01 rende l'idea delle dimensioni - Foto © da www.uli-bahn.de

BR 89.339 a cassa lunga nel 2007. Il confronto con l’imponente BR01 rende l’idea delle dimensioni – Foto © da http://www.uli-bahn.de

T3L - BR 89.411 Foto da: www.marklinfan.it, originale da Taschenbuch Deutshe Damplokomotiven

T3L – BR 89.411 Foto da: http://www.marklinfan.it, originale da Taschenbuch Deutsche Dampflokomotiven

Mecklenburgische  T3 – DR 89.80

A vederla la si direbbe proprio uguale alle III-4e(1), chissà come mai fu inquadrata in un sottogruppo differente?

DR 89 8009 - Foto da un forum - originale da Spielhoff, Deutsche Eisenbahnen

DR 89 8009 – Foto da un forum – originale da Spielhoff, Deutsche Eisenbahnen

Oldenburgische T3 – DR 98.2

Simile ma non uguale alle III-4e(1)

98.202 Oldenburgische T3 © Oliver M. Westerhoff da http://www.laenderbahn.info

Oldenburgische T3 – BR 98.202 – Foto  © Oliver M. Westerhoff da http://www.laenderbahn.info

98.202 Oldenburgische T3 © Oliver M. Westerhoff da http://www.laenderbahn.info

BR 98.202 – Foto © Oliver M. Westerhoff da http://www.laenderbahn.info

Le T3 Alsaziane (Elsaß-Lothringische)

Storia a parte per le macchine della Elsaß-Lothringische (Alsace-Lorraine, Alsazia-Lorena). La terra contesa tra tedeschi e francesi passò alla Prussia dopo la guerra del 1871. I francesi evacuarono in fretta il materiale rotabile, e i prussiani dovettero ricostruirne il parco (si veda elsassbahn.free.fr). Lo fecero attingendo primariamente ad una fabbrica locale, la Elsäßische Maschinenbau-Gesellschaft Grafenstaden, ma anche a costruttori belgi e tedeschi. Il risultato fu un parco eterogeneo, composto (per quanto riguarda le T3, costruite tra il 1871 e il 1913) di 68 macchine numerate da 2045 a 2113 e da 6142 a 6144 e divise in 12 diverse serie (D1, D2, D11, D15, D16, D19, D22, D25, D26, D27, D29, D30). L’eterogeneità è molto pronunciata nelle serie D1 e D2 (da 2045 a 2053), mentre da D11 a D22 (dalla 2054 alla 2072) si hanno solo variazioni di dettagli tra le macchine. Le serie successive presentano macchine identiche.  Una delle principali caratteristiche che le differenzia le Alsaziane dalle Prussiane è l’attacco della biella, sul terzo asse per le prime e sul secondo per le altre.

Le T3 Alsaziane non entrarono mai a far parte delle Ferrovie Reali di Prussia KPEV, perché a seguito della prima guerra mondale l’Alsazia-Lorena tornò alla Francia, e le poche macchine superstiti furono incorporate nella SNCF dove assunsero numerazione 1-030-TA o TB. Secondo wikipedia francese si tratterebbe delle 1-030 TA 66 e 1-030 TB 125, 130 et 134. Ci sembra che si possa mettere in dubbio tale affermazione, perchè le foto delle 130 e 134 mostrano assi equispaziati, invece della spaziatura asimmetrica tipica delle T3. Inoltre i numeri di origine (6140 e 6134) non fanno parte della sequenza dei numeri assegnati alle T3. Uguale il caso della 6114, analoga alle altre due, anch’essa preservata e dichiarata T3 (si veda cftr.evolutive.orgwww.train1900.lu e dampflok.wordpress.com).

Immagini delle Elsaß-Lothringische (SNCF 030 Tx xxx)

6144 Foto da fr.wikipedia.org

6144 Foto da fr.wikipedia.org

6130 da http://home.fotocommunity.de/jopfefferle

La 030 TB 130 (6130) da http://home.fotocommunity.de/jopfefferle. Ma non pare proprio essere una T3, con quegli assi equispaziati…

T3 tedesche nel modellismo, e in particolare in Scala N

Modellini delle T3 sono state realizzate in diverse versioni (Prussiane e non) in varie scale, dalla 1 alla ZKdtroeger ha una bella galleria di foto di T3 in scala H0. Ovviamente la H0 offre un ricco panorama che non si limita alle T3 prussiane ma copre anche altre delle macchine di cui abbiamo discusso sopra.

In scala N il numero di modelli è più ridotto: solo Minitrix ed Arnold si sono occupati di questi locotender.

Il primo modello di T3 appartiene alla storia della scala N: era infatti uno “Schiebetrix”, i modellini non motorizzati in scala N di fine anni ’50.

T3 Schiebetrix, modellino in scala N "ante litteram" senza motore di fine anni '50, foto da www.kdtroeger.de

T3 Schiebetrix, modellino in scala N “ante litteram” senza motore di fine anni ’50, foto da http://www.kdtroeger.de

La sucessive versioni motorizzate Minitrix rappresentano  le III-4e (2), in diverse livree. Ruote e biellismo sono ipersemplificati, ma almeno la asimmetria nel passo è rispettata! La macchina era pensata soprattutto come “entry point” di basso costo. Le proprietà di marcia non sono eccelse, e probabilmente migliorano con il motore Faulhaber proposto da SB-Modellbau.

T3 Minitrix

T3 Minitrix

Altre viste della T3 Minitrix

Altre viste della T3 Minitrix

T3 Minitrix - si vede oil motore verticale, che aziona le ruote con una vite senza fine. Foto da  www.sb-modellbau.com

T3 Minitrix modificata con motore Faulhaber, montato al posto del’originale mantenendone il posizionamento verticale, che aziona le ruote con una vite senza fine. Foto da http://www.sb-modellbau.com

L’offerta di Arnold nel tempo è più articolata. Ha iniziato con una III-4e (2) con biellismo semplificato, ma che almeno presentava due bielle, invece della singola di Minitrix, e le ruote erano a raggi, invece dei bruttissimi dischi pieni della concorrenza. Il modello, a catalogo con il numero 0222, è stato prodotto tra il 1964 e il 1974, e poi con numero 2221 fino al 1987.

Arnold Rapido 0222 - T3 con biellismo semplificato

Arnold Rapido 0222 – T3 con biellismo semplificato

Un biellismo più realistico era presente nella 2222 (1982-1988, Br 89 7122 e 7313). Di questa, nel 1984 ci fu anche una versione marcata SJ (Svezia), cat.2225.

Arnold 222, foto da /mobadb.gleiswarze.de

Arnold 2222, foto © da mobadb.gleiswarze.de

Negli anni successivi è stata realizzata una nuova versione, che a catalogo ebbe i numeri

  • 2220 (1988-2002, Br 89 7493)
  • 2226 (1990-2002, KPEV 6113)
  • 2227 (1994, Br 89 7314)
  • 2228 (1998-2002. Bentheimer Eisenbahn n.4).

Le 2220, 2226 e 2228 sono accomunate nello stesso foglietto di manutenzione, indice che si tratta dell’identico modello con verniciature e scritte differenti.

Arnold 2220

Arnold 2220

Confrontando la 2222 e la 2220 si possono notare le differenze nello stampo (campana, pompa, imperiale, scaletta, lanterne…). Affiancando i modelli delle due serie principali Arnold (2222 e 2225 contro le 2220, 2226, 2228) le differenze risultano ancora più evidenti.

confronto diretto tra le due principali serie Arnold , dettaglio da una foto tratta da /www.kdtroeger.de

Confronto diretto tra le due principali serie Arnold, (davanti l’ultima serie, dietro la precedente) dettaglio da una foto tratta da http://www.kdtroeger.de

Vedendole accostate, con le caldaie a due altezze diverse verrebbe quasi da pensare che Arnold abbia mirato a riprodurre la III-4e(2) e la III-4p , ma in realtà dimostra solo di aver avuto le idee… confuse, perché a due modelli identici (2220 e 2227) affibbiò un numero di esercizio di una III-4p (89 7493) e di una III-4e(2) (89 7314). Del resto, la differenza in altezza della caldaia (20 cm al vero) sarebbe di un solo mm circa in scala N. Lo stesso vale per i 19 cm  di differente lunghezza.

Arnold produsse anche la versione 89.6, ovvero le T3 con tender: si tratta delle

  • 2223 (1978-1988, versione DR 89 6009)
  • 2224 (1980-1987 versione BLE n.2)
  • 2218 (1990-1996, versione BLE n.2)
  • 2219 (1989, 1996, versione DR 89 6225).

Le 2223 e 2224 hanno come base la 2222, mentre le 2218 e 2219 sono derivate dalla 2220.

Arnold 2218, T3 BLE con tender. Imperiale corto.

Arnold 2218, T3 BLE con tender. Imperiale corto.

Arnold 2224 - T3 BLE con Tender

Arnold 2224 – T3 BLE con Tender. La macchina ha l’imperiale allungato.

Segnaliamo il racconto che un modellista italiano (megarails) fa sul suo blog del suo incontro con la T3 Arnold.

Tra le non prussiane, c’é il modello della Württembergische T3 – DR 89.4 realizzato da imotec, un “gioelliere” tedesco che da poco ha terminato la sua attività produttiva per “raggiunti limiti di età”. Fu realizzata in più versioni: con carboniera anteriore (Epoca II) e senza (Epoca1), con serranda posteriore alzata o abbassata. Era digitalizzabile con presa NEM 651 a 4 poli.

Due versioni della Württembergische di imotec

Due versioni della Württembergische di imotec

 

Württembergische di imotec con serranda posteriore abbassata

Württembergische di imotec con serranda posteriore abbassata

Württembergische di imotec con serranda posteriore alzata

Württembergische di imotec con serranda posteriore alzata

Avevamo aperto citando le T2, e quindi per simmetria chiudiamo con un cenno ai modelli delle stesse. Arnold le ha prodotte a più riprese: cat 2241 (1973-1983), 2273 (1976–2979) e 2242 (1975-1992). Fleischmann ha a listino una macchina a due assi (cat.7000), ma è una Maffei e non una T2.

Fleischmann cat.7000: Una Maffei, non una T2

Fleischmann cat.7000: Una Maffei, non una T2

La T2 Arnold (cat.2241)

La T2 Arnold (cat.2241)

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