Pubblicato il 7 maggio 2016
Non era stata la prima, e molti altri esempi simili ci sono stati, alcuni prima e molti dopo, in Italia e nel mondo. Il concetto prende il nome di “railbus”, o di “autobus su rotaia”. Somiglia al tram, che però è in generale a trazione elettrica (anche se vi sono stati quelli trainati da cavalli e quelli a vapore) e a “missione urbana”, mentre i railbus hanno motori termici ed una vocazione suburbana. La più ectatante declinazione del concetto furono probabilmente gli Schienenbus tedeschi (letteralmente “bus su binari”) che negli anni ’50 ebbero anche una incarnazione italiana nei Macchifer di cui abbiamo parlato in un’altra nota.
Qui intendiamo esplorare le origini dei railbus italiani, portando i pochi esempi di cui siamo riusciti a raccogliere documentazione.
Le “Narizzano”
Abbiamo visto come il 1924, con la mostra di Seddin nei pressi di Berlino, sia stata una data cruciale per lo sviluppo delle automotrici con motori endotermici. Come si sa, quando i tempi maturano l’atmosfera diventa frizzante, e nascono, qua e là, tentativi che provano a concretizzare quelle visioni ancora un pò vaghe che circolano per l’aria. Così già nel 1923 l’ingegner Bartolomeo Enrico Narizzano aveva provato a materializzare le intuizioni del tempo, derivando dall’industria automobilistica dei rotabili che avrebbero dovuto distinguersi per bassi consumi e bassi costi di esercizio, e che avrebbe potuto sostituire i pesanti e onerosi treni a vapore per le linee ferroviarie a scarso traffico. Presso l’officina Garbini di Viterbo progettò, assieme al colonnello Guido Ancillotti, una automotrice derivata da un “bus” Fiat 18 BL (in realtà l’autocarro che era stato il nerbo della motorizzazione del Regio Esercito durante la Grande Guerra).
In un primo periodo non solo il telaio, ma anche la carrozzeria del bus permasero. Vi era la scritta “Automotrice Narizzano Tipo I leggero – carrozza provvisoria” che scomparve quando la carrozzeria fu sostituita con una di carattere più prettamente ferroviario, con con 3 porte per fiancata e lucernario.
Il mezzo metteva a disposizione 30 posti. Le prove della Tipo I iniziarono il 15 aprile 1924 sulla ferrovia Viterbo-Attigliano, e proseguirono sulla Poggibonsi-Colle Val d’Elsa (FPC) e nel 1925 sulla Massa Marittima-Follonica (FMF). Qui l’automotrice fece servizio regolare per 4 mesi, ma nonostante la buona prova mostrata le furono preferiti gli autobus su rotaia dell’ungherese Mavag (a due assi, di questi non abbiamo trovato immagini). Questi ultimi furono poi ceduti nel 1932 alla FPC, dove divennero FCP A1 ed A2, ed infine vennero formalmente immessi nel parco FS come ALb 16 (anche se pare che dopo l’immatricolazione nelle ferrovie nazionali non abbiano più prestato servizio: finirono demoliti nel 1948).
Narizzano e Ancillotti costituirono comunque la società Ferrautovie “per la costruzione di automotrici leggere con motore ad esplosione e alimentazione a nafta”, che realizzò nel 1926 una seconda versione, chiamata Tipo II. Era su telaio SPA 9000 C ed offriva 50 posti.
Le prove dell’automotrice Tipo II furono condotte nel 1926 sulla Roma-Frascati, le cui pendenze raggiungevano il 25 per mille, e sulla Roma-Lido.
L’anno dopo l’automotrice venne acquistato della Società anonima italiana per le ferrovie salentine, dove affiancò diverse locomotive a vapore tra cui alcune T3 prussiane. Fu impiegata sulla linea Casarano-Gallipoli. Il railbus mostrò una notevole affidabilità, che però anche in qeusto caso non bastò a trovare altri compratori, conducendo Ferrautovie alla cessazione dell’attività, senza che venissero mai realizzati gli altri due mezzi progettati: il Tipo III e la Tipo IV, quest’ultima a tre assi.
Autoguidovie Laviosa
Alberto Laviosa era un ingegnere piacentino innamorato dell’industria automobilistica e della trazione termica. Dopo essersi fatto le ossa presso alcuni costruttori automobilistici torinesi, tornò a Piacenza dove dapprima aprì un’officina di riparazione automezzi, poi a 31 anni , nel 1908, costituì una società di autotrasporti che gestiva alcune linee di bus extraurbani. Gli anni della svolta ferrotramviaria furono ancora i primi anni ’20. Acquisito l’esercizio della tramvia Salsomaggiore Terme-Borgo San Donnino, fra il 1923 e il 1925 realizzò ed immise in esercizio sulla stessa delle automotrici a motore a benzina denominate T1, T2 e T3. Le prime due erano veicoli a 2 assi, dal peso assiale assai ridotto.
La T3 era un convoglio articolato che potrebbe ricordare gli odierni Stadler GW 2/6: era un originale veicolo articolato a 2 casse poggianti su 3 carrelli, di cui quello intermedio motorizzato, che fu brevettato dallo stesso Laviosa.
Alla chiusura della tranvia il veicolo fu ceduto alla Tramvia Bologna – Pieve – Malalbergo. Successivamente ne venne usato il telaio come base per la costruzione delle due rimorchiate C206-C207 della Ferrovia Alto-Pistoese Pracchia-Mammiano (FAP).
Due ulteriori automotrici diesel della potenza di 58 kW, denominate T5 furono sperimentate con scarso successo nel 1931, sulla Tranvia di Massa (il T4 era un locomotore, e ne parliamo altrove).
Dal luglio al novembre del 1931 Laviosa, dopo aver saggiato anche i canali della produzione propria, si rese conto di non avere a disposizione una struttura (tecnica, organizzativa, finanziaria) adatta alla produzione ferroviaria, e tentò in extremis di vendere i propri progetti alla Fiat, contattando personalmente l’allora direttore generale della fabbrica torinese, Vittorio Valletta. In seguito alle diverse visite a Torino di Laviosa e a Piacenza dei tecnici e dirigenti della sezione Materiale Ferroviario della Fiat, tutto venne infine lasciato cadere, e la Fiat produsse sulla base di altri progetti la sua prima littorina, che uscì sul mercato l’anno successivo.
L’ingegno di Laviosa lasciò comunque un segno con la sua realizzazione più originale: il sistema ibrido gomma-rotaia concepito nel 1922 e battezzato “guidovia“. Il binario aveva funzione direzionale, ma la trazione avveniva con ruote di gomma su un percorso di calcestruzzo: concetto non dissimile da quello delle Micheline (delle quali abbiamo parlato in un’altra nota) che però mettevano gomma su ferro, ed anticipatore di quello delle moderne metropolitane su pneumatici, o del tram monobinario di Venezia. L’idea convinse la Società Anonima Ferrovia Santuario della Guardia, che realizzò a Genova quella che venne chiamata la “Autoguidovia della Madonna della Guardia“. I lavori, iniziati nel 1925, portarono all’inaugurazione del servizio su una prima tratta nel 1929 ed al completamento nel 1934. Era una ferrovia a scartamento metrico, ed all’esterno dei binari era stesa una striscia di cemento di 25 cm di larghezza. Le ruote di gomma piena avevano il bordino che seguiva il binario.
Un breve filmato d’epoca rende assai bene l’idea.
L’attrito tra gomma e cemento permetteva di affrontare pendenze che arrivavano a superare l’8% (in 10 km superava un dislivello di 770 m.).
Le motrici avevano originariamente motore a benzina, che nel 1938 vennero sostituiti con i più economici motori diesel. Dopo il 1945 vennero installati i freni ad aria compressa Westinghouse.
Ai capolinea era necessario procedere alla giratura dei mezzi.
Nel complesso Laviosa costruì per la Genova-Madonna della Guardia 11 veicoli, l’ultimo dei quali nel 1955. L’autoguidovia restò in esercizo fino al 1967.
Dettagli dell’attività di Laviosa si discute nella tesi di dottorato di F.Berio. Foto d’epoca della guidovia della Madonna della Guardia si trovano su trainsimsicilia e su ferroviedismesse.
Ferrovie Nord Milano: Md 500, Md 510
Nella nota precedente avevamo già citato una vettura FNM di tipo tramviario realizzata nel 1924 e mossa da motore a benzina: la M1. I tentativi successivi della ferrovia milanese furono di ispirazione più automobilistica: all’inizio degli anni ’30 venne progettato e costruito un esemplare unico numerato inizialmente Md. 1/2-2, e successivamente Md. 500.01: si trattava in pratica di un torpedone su rotaie, che dell’autobus conservava tutte le caratteristiche strutturali e meccaniche.
Come tale era monodirezionale, e necessitava di giratura a termine corsa. Era stato concepito per un trasporto relativamente veloce ma economico di viaggiatori, soprattutto ad uso turistico.
Il primo viaggio fu ai settembre 1933 per trasportare tra Saronno, Varese e Como la commissione esaminatrice del concorso per le stazioni fiorite. In realtà il mezzo si rivelò inferiore alle aspettative, e nel giro di pochi anni venne tolto dal servizio attivo e accantonato.
Nel 1934 OM realizzò per FNM tre esemplari un altro tipo di autobus su rotaia, la Md. 1/2 11-13, poi ribattezzato Md 510.01-03 nel 1937. Come l’Md. 1/2-2 si trattava di mezzi monodirezionali. Erano pensati linee di scarso traffico, e furono utilizzati sulla Como–Varese e sulla Novara-Seregno.
Lunghi poco meno di 10 m, offrivano 30 posti a sedere. Erano azionati da un motore Diesel OM a 6 cilindri in linea da 135 CV, ed avevano trasmissione meccanica. Potevano raggiungere gli 80 Km/h.
I piccoli mezzi, per la loro forma, furono soprannominati Bombolo, e forse fu una premonizione, visto che durante la guerra, a causa della carenza di gasolio, furono trasformati per l’alimentazione a metano che veniva stoccato in bomboloni posti nel retro della automotrice.
Furono utilizzati anche accoppiati retro a retro, sia pure con la sola unità anteriore in trazione. Restarono in servizio piuttosto a lungo, fino al 1954. Con il completamento dell’elettrificazione della rete vennero accantonate, e demolite nel 1956.
La nascita delle Emmine
Non troppo dissimili dal Bombolo furono le prime “Emmine“, anch’esse risalenti ai primi anni ’30. Queste automotrici a scartamento ridotto (950 mm) hanno a lungo caratterizzato le Ferrovie Calabro Lucane per spingersi successivamente anche più a nord: Ferrovie Complementari della Sardegna, Ferrovie dell’Appennino Centrale (Arezzo – Umbertide – Città di Castello), Ferrovia Rimini-Novafeltria e Ferrovia Circumetnea.
Il principio ispiratore è sempre lo stesso: abbattere le spese di esercizio della trazione a vapore sulle linee minori e poco frequentate, rifacendosi proprio a quella tecnologia automobilistica che si tentata di contrastare, visto il crescente successo dei servizi stradali. Nel contempo si mirava a ridurre tempi di percorrenza e disagi.
La Carminati & Toselli approntò quindi all’inizio del decennio per la Mediterranea Calabro Lucane un prototipo unidirezionale molto simile ad un autobus su rotaia, che venne poi chiamato M1.1 . A seguito di lunghe provato sulla rete, si stabilì di ordinarne vari esemplari. Così tra 1933 e 1935 fu consegnato un lotto di altre 13 automotrici da 29 posti, che sarebbero state poi chiamate “di prima serie”, visto che altre ordinazioni di veicoli con caratteristiche simili seguirono. Di quella effettuata alla Piaggio abbiamo parlato in un articolo dedicato. Una quattordicesima automotrice Carminati & Toselli venne dotata di ruota dentata Strub divenne M1c.14: era destinata al servizio sulla rampa dentata di Catanzaro.
Le Emmine però meritano una nota dedicata che prepareremo, e ad essa rimandiamo, limitandoci qui a ricordare come esse siano parte del fervore che tra gli anni 20 ed i 30 contribuì a quella rivoluzione delle ferrovie che si sarebbe poi completata nel dopoguerra.
In questa serie:
- Gli albori della trazione endotermica su rotaia in Italia. Parte 1: le automotrici
- Gli albori della trazione endotermica su rotaia in Italia. Parte 2: i railbus (questo articolo).
- Le sperimentazioni di automotrici straniere in Italia: la VT 63 e la Michelina.
- Gli albori della trazione endotermica su rotaia in Italia. Parte 3: i locomotori.
Complimenti!!!!
Qualche integrazione con note bibliografiche
Le automotrici a due assi (piccoli autobus su rotaie) da 16 posti della FMF e FCP non erano della GANZ ma della MAVAG (la fusione fra le due società avverrà solo nel1958/59). Se ne parla sul n323 de iTreni (febbraio2010) in margine all’articolo “Ungheresi in Italia” (nn323/324 de iTreni) con foto a piena pagina in retro copertina del n 323. Vere e proprie automotrici ferroviarie a due assi invece le GANZ dell’ing Jendrassik, descritte nell’articolo, solo provate da MMO ed invece provate ed ordinate da SAF (Imola-Fontanelice) anche nella versione automotrice bagagliaio (definita “locomotore”) l’automotrice M52di SAF sarà riutilizzata dalla FSF a metà anni 50 per realizzare il”locotore”M52…Per le automotrici Ganz si vedano anche gli articoli pubblicati su “Strade Ferrate”: “Automotrici Ganz Italia”(n7 giugno1981) “la Santerno Anonima Ferroviaria”(n3/1988Luglio-settembre)
Sempre su “Strade Ferrate” due interessanti articoli sui primi passi delle automotrici termiche in Italia:”le automotrici delle FS”(n4/1987 ottobre dicembre) e “La Trazione diesel in Italia nel 1935”(n1/1988 Gennaio Marzo)
Tornando alle FS Alb25 segnalo che le TPC (Tranvie Provinciali Cremonesi) utilizzarono otto automotrici (A1-8) e relative rimorchiate (le cinque R1-5), di costruzione FIAT, del tutto analoghe entrate in servizio fra il e il dal 1936 vennero alimentate a gas metano. La A4 nel 1950 venne ricostruita con motore diesel. La TPC passò la sua rete al servizio automobilistico nel 1954/55 (vedi iTreni n1 e 2-settembre e ottobre 1980)
Simile agli “Schienenbus”, e forse ad essi ispirata, la “Tubocar-Casaro” del 1954, motorizzata Fiat, per la Benevento-Cancello; di essa ho trovato solo una scheda, con foto nel tascabile “Materiale motore delle ferrovie concesse e tranvie italiane” edizioni Stenvall del 1983.
le automotrici delle TPC A1-8 entrarono in servizio nel 1933/34
Grazie Pietro, ottime segnalazioni. Ho trovato delle immagini delle TPC e le ho incluse nell’articolo “parte prima”.
Bene!!!!
dicevo:Simile agli “Schienenbus”, e forse ad essi ispirata, la “Tubocar-Casaro” del 1954, motorizzata Fiat, per la Benevento-Cancello; di essa ho trovato solo una scheda, con foto nel tascabile “Materiale motore delle ferrovie concesse e tranvie italiane” edizioni Stenvall del 1983…….
in realtà da quel poco che ho trovato il Tubocar è un veicolo assai originale ed interessante e la cui genesi e storia andrebbe approfondita!
Veniamo alla difficile realtà della Benevento Cancello all’indomani della seconda guerra mondiale ben illustrata qui
http://www.lestradeferrate.it/mono15.htm
da segnalare, visto che parliamo di Autobus su Rotaie., le due automotrici IFD01 e 02 ottenute da due Autobus Isotta Fraschini D80 coinvolgendo sia Isotta Fraschini che il TIBB….. vedi anche https://mimmozampelli.wordpress.com/2007/03/05/ferrovie-cento-anni-di-valle-caudina/
ed eccoci al nostro TUBOCAR versione ferroviaria dei veicoli stradali (autobus e Filobus) realizzati all’epoca (primi anni 50) dalla “Casaro” con scocca autoportante “Aerocoach” (modalità costruttiva d’origine americana) introdotta in Italia dalla Casaro stessa che la denominò “Tubocar” (vedi l’articolo sui filobus napoletani http://www.clamfer.it/14_Mezzi%20gommati/TreStrisce/TreStrisce.htm )
l’automotrice bidirezionale a due assi della Benevento Cancello ( per foto vedi qui http://www.scartamentometrico.com/Corposito/concesse_03/fbn_p01.htm
http://www.scartamentometrico.com/Corposito/concesse_03/images/fbc_0032.jpg ) con scocca Casaro Tubocar era una diesel-elettrica con motore termico FIAT e parte elettrica TIBB…….
qualcuno è in grado di dare riferimenti bibliografici?
Grazie!!!
pietro
Grazie Pietro, molto interessante. Tuttavia qui ci volevamo limitare agli “albori”, quindi al periodo che giunge fino alla nascita della Littorina. L’orizzonte temporale arriva quindi ai primi anni ’30, mentre le cose che menzioni si situano circa un ventennio dopo (che ventennio…). La citazione iniziale, fuori epoca, quella dei Macchifer, serviva solo per dare un esempio abbastanza noto di “railbus”.
Ci sarà magari occasione di riprendere in un altra nota in futuro le tue segnalazioni, comunque graditissime.
scusami, hai ragione: forse era meglio se le inserivo in margine alle note sugli Schienenbus…ma quelle hanno un taglio essenzialmente modellistico…
Comunque è interessante notare negli anni cinquanta un ritorno all’orientamento verso soluzioni (railbus evoluto) che si riteneva ormai tramontate vista l’affermazione delle Automotrici leggere….
Figurati, nessun problema, anzi grazie ancora per le tue indicazioni sempre super benvenute