Pubblicato il 13 Marzo 2021, ultima modifica 16 marzo 2021
Abbiamo di recente raccontato la bella storia della donazione di locomotive diesel dallo Stato Italiano all’Eritrea. Tra le motrici vi erano due “Ranzi”: non sono macchine notissime, come non lo è il produttore. Eppure una Ranzi figura anche tra le motrici immatricolate FS: nel gruppo eterogeneo 213, noto soprattutto per i Köf, la n.920 è proprio una macchina prodotta da Ranzi, ed è l’unica non tedesca del gruppo a parte la 919 Ansaldo, e le serie 4000 di Fipem. Ne abbiamo reperito una immagine, che proponiamo qui.
Si può notare il singolare allargamento della cabina più o meno all’altezza dei finestrini, caratteristica che ritroveremo in altre “Ranzi”.
L’unica Ranzi delle FS fu costruita nel 1957. Aveva un motore OM CH2D da 11.600 cc da 150 CV, ed un cambio meccanico a due marce, con la prima corrispondente a 6 km/h e la seconda a 17 km/h. La sua caratteristica principale era la trasmissione a “giunto fluidometallico” brevettato, per l’appunto, da Ranzi (ne parliamo dopo). Tra il 1969 ed il 1970 il motore fu sostituito da un Fiat 355C che erogava 75 CV, e il giunto idrometallico fu sostituito da un tradizionale giunto idraulico, mentre il cambio restava invariato. Le prestazioni decrebbero, ma la velocità massima fu innalzata a 19 km/h.
Era a due assi, rodiggio B, con ruote da 620 mm, passo 2020 mm. La lunghezza totale era di 6050 mm e la massa di 14 t. Fu radiata nel 1987, e demolita l’anno dopo. I dati tecnici sono tratti da “Materiale a trazione termica, vol. 1” di Luca Vanni: in quel libro due immagini ne documentano la presenza a Verona e a Mezzocorona (TN)
Le Ranzi venivano da una officina di Legnano, una delle molte aziende del settore metalmeccanico locale, la principale delle quali era la Franco Tosi (più di 4.800 dipendenti). C’erano poi la Ercole Comerio (454 dipendenti), la Mario Pensotti (387), la Bozzi (331). Tutte aziende che portavano il nome del fondatore: persone che si erano fatte con le proprie mani. Ce ne erano altre minori, ma comunque di rilievo, tutte con un numero di dipendenti tra i 150 e i 200: le Officine Fontana, la Fratelli Gianazza, ed appunto la Ranzi, nota soprattutto per la realizzazione di un freno idrodinamico (dinamometrico) che porta il nome dell’ideatore: G.Cesare Ranzi.
Era proprio Giulio Cesare il fondatore dell’azienda, nata nel 1920, e, a leggere l’Annuario Industriale di Milano del 1939, specializzata in freni idrodinamici reversibili per ogni tipo di motore, sale di prova complete per motori d’aviazione, costruzione accessori per sale prova motori, banchi di prova per motociclette, automobili, autobus, automotrici ferroviarie. Nel 1939 il proprietario era Ubaldo Ranzi, evidentemente figlio di G.Cesare. Come sappiamo, in anni successivi l’azienda produsse anche piccole motrici ferroviarie, e di ferrovie si occupò in vari modi: ad esempio il “giunto fluidometallico Ranzi” fu sperimentato nel 1951, senza grande successo, sulla ALn 56 2086 (Breda), oltre che sulla citata 213.920. Il principio ispiratore era quello del giunto idraulico, ma il fluido veniva sostituita da una polvere formata da granelli sferici di ghisa (successivamente sostituiti da sferette di acciaio). La teoria era che così si sarebbe potuto risolvere il problema del dissipamento di potenza nella marcia a pieno regime. Lo stesso tipo di giunto, oggi dimenticato, fu usato in sperimentalmente anche in una automobile Alfa Romeo, sostituendo completamente il cambio.
Oggi l’azienda non esiste più: chiuse, pare, a fine anni ’60, curiosamente nel pieno del boom economico. Ma veniamo a quel che sappiamo della sua sia pur limitata produzione ferroviaria. Sarà una carrellata superficiale, perché non ne abbiamo molte informazioni, ma daremo indicazioni di dove reperirle per chi volesse approfondire. Sappiamo che varie macchine furono vendute per uso su ferrovie industriali, in Italia e all’estero: fino in India.
Abbiamo già incontrato la 213.920, caratterizzata dall’allargamento della parte alta della cabina. Una motrice simile (FCM) fu provata, ma pare non acquistata, dalla Ferrovia Marmifera di Carrara.
I locomotori E, dall’aspetto simile, potevano essere accoppiati in comando multiplo.
Ci fu una versione un po’ più lunga, e caratterizzata da un allargamento della carrozzeria sui fianchi della cabina.
Almeno una di queste fu in servizio presso la Società Veneta con matricola Ld 402.
C’era poi una versione di una motrice più piccola, cosiddetta “a cabina liscia”.
Si tratta delle motrici che abbiamo conosciuto parlando del materiale donato dalle Forze Armate Italiane alla Ferrovia dell’Eritrea. Come abbiamo visto due sono le macchine di questo tipo che facevano parte del lotto “africano”. Nella seguente immagine vediamo le cinque motrici destinate all’Aeronautica Militare Italiana davanti alla fabbrica, prima della consegna.
Vi erano vari carrello motori senza cabina, sui quali sorvoliamo. C’era poi una motrice più grossa: il “FLUIDIN”, o 2 RFL, una motrice da manovra BoBo da 80 tonnellate, interamente aderenti, mossa da due motori diesel a 4 tempi da 335 CV ciascuno, anche questo con la trasmissione brevettata fluidometallica. Raggiungeva una velocità massima di 27 km/h.
Fu usata dal 1967 al 1970 presso lo stabilimento Italsider di Piombino, dove venne immatricolata “4DM29” (4 assi, Diesel-Meccanico, n° sociale progressivo 29). Il breve periodo di esercizio, ed il fatto che Italsider si sia dotata di motrici alternative di potenza equivalente fa pensare che il locomotore Ranzi non abbia dato risultati particolarmente brillanti in servizio (si veda in proposito anche il commento di Carlo Lagomarsino a questa nota).
E’ ora di svelare dove abbiamo trovato immagini e disegni, e di dare indicazioni per approfondimenti. Quel che abbiamo mostrato (a parte ove è indicata una diversa origine) proviene dal bellissimo fotostream flickr di Alessandro Albè. Alessandro era il massimo conoscitore della storia di Ranzi, tanto che ne scrisse un libro (che non abbiamo in biblioteca, altrimenti avremmo potuto essere più precisi).
Purtroppo anche Alessandro è stato recentemente portato via dal COVID: pur non avendolo conosciuto personalmente, ci fa piacere ricordarne qui la figura.
Ingegnere presso la Edison, Alessandro Albè era un noto autore di monografie tramviarie e ferroviarie, tra le quali la più celebre è forse quella sulle Varesine. I suoi lavori furono pubblicati anche in tedesco, inglese e spagnolo, come nei casi di “American Diesel and Electric Locomotives in Europe”, “Die Bahn von Locarno nach Domodossola (Centovallibahn und Vigezzina)”, “Eisenbahnen in Peru”, “Automotores Diesel Fiat en Renfe: Littorinas y trenes TAF”. Un suo ricordo si può trovare su varesenews.it. Il suo photostream, con centinaia e centinaia di foto di treni, tram, ferrovie minerarie con immagini catturate in più continenti racconta della suo interesse per quel mondo. E’ l’eredità che, andandosene via troppo presto, ha lasciato a chi con lui condivideva lo stesso interesse e passione. Ciao Alessandro, ti sia lieve la terra.
Qualche informazione sul locomotore Ranzi a 4 assi “Fludin” si trova sul libro “Ferrovie e industrie in Toscana” di Betti-Carboncini, ed. Calosci:
– a pag. 130, si dice che abbia prestato servizio presso lo stabilimento Italsider di Piombino dal 1967 al 1970.
– a pag. 131 c’è una foto del locomotore accantonato presso tale stabilimento : è immatricolato “4DM29” (4 assi, Diesel-Meccanico, n° sociale progressivo 29). –
– a pag. 153, una tabella riepilogativa delle locomotive Italsider, elenca dati del tutto identici a quelli riportati nella descrizione, a parte i motori che vengono accreditati di una potenza leggermente superiore (340 CV) e che sono indicati come “Rolls Royce”; l’anno di costruzione viene indicato come 1964.
Nello stesso periodo, presso le acciaierie di Piombino facevano servizio 12 locomotori GE 65-ton da 580 CV, consegnati a più riprese nel 1961 (6), 1964 (3) e 1969 (3). Questi furono seguiti da 5 GE 100-ton da 740 CV, consegnati nel 1974-75. La consegna degli ultimi tre 65-ton nel 1969 fa pensare che il locomotore Ranzi non abbia dato risultati particolarmente brillanti in servizio.
Grazie Carlo, interessante!
La foto in questione è caricata anche nell’album Flickr “Locomotive Ranzi” di Alessandro: