Pubblicato il 17 gennaio 2015, ultimo aggiornamento 11 marzo 2021.
Di binati INOX in Italia, oltre a quelli elettrici di costruzione Piaggio e belgi, ve ne fu per un un paio di decenni un’altro, diesel questa volta, di origine teutonica: sarà questo l’argomento di questa quinta puntata sugli streamliners italiani (anche se queste automotrici non furono costruite su licenza Budd).
Il costruttore tedesco Linke-Hofmann-Busch aveva realizzato per le Ferrovie tedesche due interessanti tipi di convogli in lega leggera. Uno era il VT 10.5 che era stato realizzato in due esemplari: il 501, Senator, che tra il 1954 e il 957 effettuò servizio diurno tra Francoforte e Amburgo, e il 551, Komet, che, allestito come treno-notte, viaggiò tra Zurigo e Amburgo (e ritorno, a notti alterne).
L’esperienza maturata con il VT 10.5 aprì la strada al più noto e fortunato VT 11.5, del quale furono costruiti 9 convogli completi (più un motrice di scorta) e che fu impiegato tra il 1957 e il 1968, anche nella prestigiosa veste di Trans Europe Express (al VT 11.5 abbiamo dedicato un articolo, anche per la sua storia italiana).
Meno conosciuto é il fatto che parte dell’esperienza maturata dal VT 10.5 confluì anche in un altro progetto: un treno leggero da destinare al servizio locale, che nelle intenzioni del costruttore avrebbe dovuto fare concorrenza ai fortunatissimi Ürdinger Schienenbus (anche a questi abbiamo dedicato un articolo, anche in questo caso per raccontarne la storia italiana). Nacque così nel 1957 il poco noto VT 40.9, in un unico esemplare marcato VT 40.901. Si trattava di un binato diesel costruito in acciaio inox, composto di automotrici due accoppiate che condividevano il carrello centrale di tipo Jakob – lo stesso che era stato usato sui VT 10.5. Il rodiggio era (A1)2’(1A). Era alimentato da una coppia di motori identica a quella degli Schienenbus a cui avrebbe voluto fare concorrenza : dei Bossing U10, con cambio a 6 marce e freni a disco. Lungo 38 metri pesava solo 43,8 t, e poteva viaggiare a 95 Km/h: una prestazione di tutto rispetto per un servizio vicinale dell’epoca. Offriva 182 posti a sedere, disposti in file da 2 + 3 sedili, e 140 in piedi.
Venne sperimentato in Sassonia, dalla ferrovia secondaria (noi diremo “concessa”) VPS – Verkehrsbetriebe Peine-Salzgitter che prende il nome dalle due cittadine che collega: Salzgitter e Peine. Visto il nome poco romantico del treno (VT 40901), fu bandito un concorso per dargli un soprannome più gradevole. Risultò vincente Hüttenflitzer, che è una abbreviazione di “Eisenhüttenflitzer“: Eisenhütten significa “ferriere”, e Salzgitter è sede di una delle più grandi acciaierie del mondo (la Salzgitter AG): dunque Hüttenflitzer sta per “Freccia delle ferriere” (grazie a Federico Cabrini per aver risolto il rebus del nome).
Fu utilizzato primariamente tra Salzgitter-Bad, Lebenstedt, e le vicine acciaierie.
Restò in esercizio dal 1957 al 1975, ma non riuscì a convincere le DB delle sue qualità, lasciando campo libero agli Ürdinger Schienenbus. Come per altri rotabili tedeschi, poco dopo la dismissione inizia la sua storia italiana. Passato alle mani di Bulfone di Udine nel 1979, fu venduto alla Società Autonoma Torinese Tranvie Intercomunali (SATTI) nel 1983 dopo aver subito alcune modifiche per rispettare le regole di funzionamento ferroviaria italiane. Fu necessario, mi par di capire, isolare il posto di guida dalla zona passeggeri, perdendo 28 posti a sedere. L’imperiale fu verniciato in avorio, e la “gonna” in rosso, lasciando a vista sul resto del corpo l’acciaio inox ad “occhio di pavone”, simile a quello delle carrozze tedesche “Silberlingen”, con una scelta che secondo me giova alla sua estetica. Il binato, immatricolato D.51, restò in esercizio per un decennio, operando prevalentemente tra Settimo Torinese e Rivarolo.
Anche in questo caso, per le immagini siamo debitori alle testimonianze di Werner Hardmeier.
Il D.51 venne accantonato come “convoglio di riserva nel 1992: la manutenzione di un esemplare singolo ne rendeva economicamente non più conveniente l’esercizio.
Attorno al 2000 fu trasferito a Pont Canavese. Rimasto a lungo su un tronchino, si é conservato piuttosto bene, salvo i soliti demenziali attacchi dei maniaci dei graffiti (ma perché non si pitturano le pareti della propria camera, o la macchina di loro padre?).
I tedeschi però hanno una buona cultura ferroviaria, e la memoria lunga: così nel 2011 lo hanno scovato, e la VPS lo ha riacquistato, ritrasferito a Salzgitter e restaurato (si veda bahn-nostalgie-reisen.de).
Nel gennaio 2014 i graffiti erano stati completamente rimossi ed il binato, se anche non era tornato al suo splendore originale, almeno era ripulito.
Altre foto dello Hüttenflitzer nell’epoca SATTI si trovano nel photostream flickr di Johannes Smit e in bahnfotokiste.de.
Uno schema si trova su Eisenbahn Magazin Modellbahn / Heft 10 Oktober 1988 / Mit Übersichtszeichnung VBS – Dieseltriebwagen VT 40901 ” Hüttenflitzer “
Non ho trovato notizia di riproduzioni modellistiche di questo treno.
In questa serie:
1) Gli streamliners americani
2) Gli streamliners italiani. Parte 1: Le carrozze Inox FS
3) Gli streamliners italiani. Parte 2: I Tolloni FNM
4) Gli streamliners italiani. Parte 3: Le Emmine Inox FCL
5) Gli streamliners italiani. Parte 4: I binati FCV – LFI
6) Gli streamliners italiani. Parte 5: Le ALe 056 (SATTI/GTT, LFI/TFT, FAS)
7) Gli streamliners italiani. Parte 6: Hüttenfiltzer (SATTI D.51) (questo articolo)
8) Gli streamliners italiani. Parte 7: Altre carrozze in acciaio Inox
9) Gli streamliners italiani. Parte 8: SNFT An 70.231 Faruk (non ancora pubblicato)
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“Hüttenflitzer” si può tradurre con “freccia delle ferriere”: infatti la città di Salzgitter è nota per le sue acciaierie.
Grazie Federico per aver risolto il rebus della traduzione del nome! Ho opportunamente modificato il testo.