Pubblicato l’8 luglio 2017
Le littorine erano state un gran successo, specie per la sostituzione di treni locali precedentemente condotti (antieconomicamente) a vapore su linee a scarso traffico. Avevano diminuito i costi di esercizio ed aumentato la velocità del servizio, semplificando anche la gestione: una motrice a vapore poteva in genere percorrere solo poco più di 200 km prima di dover rifornirsi di acqua e carbone, mentre le littorine avevano una autonomia quattro volte superiore, ed il rifornimento era più rapido. Inoltre non avevano i lunghi tempi morti di preparazione: una vaporiera prima di potersi avviare doveva entrare in pressione. Il limite delle littorine era nella limitata capacità: una cinquantina di passeggeri. La potenza non era sufficiente per aggiungere delle rimorchiate: per aumentare la capacità occorreva far viaggiare una coppia di littorine assieme. Lo si faceva, ma questo richiedeva una seconda coppia di agenti, con una crescita dei costi di esercizio.
FIAT aveva affrontato il problema dapprima producendo le littorine lunghe (ALb 80), ma poi si era orientata verso la possibilità di far viaggiare assieme una coppia di littorine senza dover raddoppiare il personale.
Nacque così nel 1937 quella che oggi chiameremmo la “Littorina due punto zero”: la ALn 556.1xxx, progetto FIAT 034.
L’automotrice ripendeva la ALn 56 che erano state introdotte in prima versione nel 1934, ed in seconda, con alcune modifiche, nel 1936.
Esteriormente, le differenze principali riguardano la forma della cabina, con il muso verticale sulle 56 ed inclinato sulle 556. Il radiatore scompare dietro una calandra, che richiama quella della coeva Topolino.
Il sottocassa è più arrotondato, e di conseguenza una bombatura è necessaria per tutte le ruote. L’inclinazione del frontale, sul quale rimane il vetro anteriore poligonale che caratterizza le littorine di prima serie, comporta un leggero aumento di lunghezza del mezzo (18.560 mm contro i 18.416 mm. della ALn 56). Il passo dei carrelli e l’interasse rimasero immutati.
Anche i due motori rimasero gli stessi delle ALn 56: i 355-C FIAT da 80 CV / 59 kW, che vennero però leggermente sottotarati (75 Cv/ 55 kW) pensando che comunque i miglioramenti aerodinamici (forse sovrastimati?) avrebbero compensato la potenza leggermente inferiore che offriva consumi più contenuti e minori sollecitazioni.
E’ comunque probabile che il disegno rinnovato sia stato dettato più dall’estetica che dalla scienza. Le nuove linee, con i montanti dei finestrini di cabina inclinati, servivano forse più a dare l’idea della velocità elevata che non a raggiungerla. Nel complesso comunque l’aspetto della motrice, diventato più moderno, ne guadagnò certamente.
La vera sostanza era però data dall’innovazione del comando multiplo. Questo consisteva nell’installazione a bordo delle automotrici di opportuni servomeccanismi (inizialmente ad aria compressa, poi elettropneumatici) a cui erano collegate le apparecchiature da manovrare. I bocchettoni dei collegamenti elettropneumatici erano collocati al centro della calandra, nella parte superiore della stessa.
In tal modo da una cabina qualunque si potevano comandare impianto frenante, cambio e frizione ed altri comandi nell’automotrice accoppiata. Dei blocchi rendevano impossibili false manovre dai banchi non utilizzati. Vi era anche un raddoppio della strumentazione sul quadro di manovra per poter monitorare anche la seconda automotrice.
L’idea di “telecomandare” la seconda automotrice era già stata sperimentata in Francia sulle automotrici Bugatti. La realizzazione in casa FIAT, fortemente voluta dall’ing, Cuttica del Servizio Materiale e Trazione delle FS, venne progettata dall’ing, Di Majo.
La possibilità di far viaggiare littorine accoppiate rendeva flessibile la disponibilità di posti. L’accoppiamento era limitato a due elementi.
L’aggiunta di un terzo (o di una seconda coppia), non inusuale, richiedeva comunque la presenza del personale di macchina sulla terza automotrice.
Rispetto alle ALn 56 venne spostata di un modulo la posizione della ritirata che, non più centrale, separava una zona di tre moduli dedicata alla prima classe da una di cinque moduli a nei quali era collocata la terza.
La fornitura iniziale riguardò 100 automotrici, che vennero numerate da 1201 a 1300. Due forniture successive (1301-1359 nel 1937, 1360-1392 nel 1938) riguardarono una versione leggermente rivisitata del mezzo (progetto FIAT 042), che venne allungato di 60 cm passando a 19.160 mm. L’interasse restò immutato, ma il passo dei carrelli fu aumentato di 10 cm. Non vi furono varianti tra la fornitura del 1937 e quella del 1938: per questo si parla di due serie (per semplicità 12xx e 13xx, anche se la 1300 appartiene alla prima serie e non alla seconda).
La serie 13xx venne dotata di un nuovo motore, il 356-C, derivato dal precedente ma con cilindrata incrementata a 18.000 cc e con una potenza sensibilmente maggiore (115 CV / 85 kW). Il regime di rotazione era più elevato, ma i rapporti di trasmissione furono modificati in modo da mantenere una velocità massima di 110 Km/h.
Una innovazione della serie 1300 fu una variante nell’impianto di raffreddamento. Mentre il radiatore frontale è investito dall’aria durante il viaggio, quello posteriore è soggetto a flussi minori, e dunque ha maggiori difficoltà a dissipare il calore, e susseguente rischio di surriscaldamento del motore posteriore.. Per risolvere il problema, il liquido refrigerante proveniente dai due radiatori veniva convogliato in una vasca di miscelazione posta sull’imperiale, così da mediare la temperatura dei fluidi provenienti dai due radiatori e fornire ad entrambi i motori un liquido di raffreddamento alla stessa temperatura. Ecco dunque che le automotrici delle due serie sono facilmente distinguibili notando l’assenza (serie 12xx) o presenza (serie 13xx) di un parallelepidedo posto sull’imperiale.
Le livrea delle motrici fu sempre castano-isabella. Negli ultimo anni di esercizio venne applicata alla parte inferiore del frontale una banda rossa antiinfortunistica, dapprima limitata alla sola fascia centrale (v. foto sopra), e successivamente più ampia e avvolgente.
Le motrici non vanno confuse con le più note ed omonime Breda, anch’esse a comando multiplo e più o meno coeve. Queste ultime però appartengono al sottogruppo ALn 556.2xxx.
Le 192 automotrici FIAT permisero la realizzazione di 96 convogli, che assieme a quelli composti dalle 556 Breda coprirono buona parte delle esigenze di traffico sulle linee secondarie.
Le Breda ebbero, tutto sommato, maggior successo. Le FIAT, forse anche per una minore affidabilità dei freni che erano di tipo “automobilistico” a pastiglie mentre le Breda li avevano di tipo “ferroviario” a ceppi, vennero impiegate prevalentemente in linee poco acclivi. Nell’ultimo periodo furono in servizio a Cuneo, Lecco e Foggia. Ebbero vita più breve delle Breda. Gli accantonamenti iniziarono nella prima metà degli anni Settanta: nel 1979 erano sopravvissute in ambito FS solo 6 unità FIAT contro le 91 Breda, e nel 1983 le FIAT erano “estinte” mentre erano ancora immatricolate, anche se non più usate, 14 Breda.
Fortunatamente una motrice venne preservata: la ALn 556.1202 è conservata presso il Museo di Pietrarsa, dove si trova (statica) tra a fianco della sorella-rivale Breda.
In realtà queste macchine furono in servizio anche fuori dall’ambito FS.
ALn 556 in Yugoslavia
Alcune macchine rimasero in Yugoslavia al termine della guerra, e furono incorporate nelle locali ferrovie. Non è chiarissimo quante fossero: secondo pospichal, sempre ricco di informazioni, sarebbe entrate nel gruppo JDZ 813 che comprende delle motrici FIAT (numeri di serie 801-804) ed OM (numeri di serie 901, e 701-704). Dunque le macchine sarebbero quattro. La foto seguente riporta indubbiamente una coppia di 556.
Si può notare come sia stato aggiunto il terzo faro. La sequenza dei finestrini mostra chiaramente che si tratta di ALn 556, identificabili come della serie 12xx.
Un’altra immagine ne mostra una coinvolta in uno scontro con una draisina il 12 novembre 1956 sulle montagne di Recchio (Rakek, nei pressi di Postumia-Postojna) fortunatamente senza vittime- L’abbiamo trovata su un blog sloveno (ringraziamo a Miloš Toni).
Anche una foto mostra una JŽ 813, qui ancora senza aggiunta del terzo faro. Si può notare la stella rossa sul frontale che ha sostituito il fascio, un po’ come per certi gerarchetti riciclati nel dopoguerra…
La colorazione era blu, azzurro e argento, come mostrato in un modello.
Pospichal cita anche tre automotrici inquadrate nel gruppo JDŽ Vmot 881, poi divenuto JŽ 819. Specifica correttamente che si tratta di macchine che avevano operato fino al 1952 nella Ferrovia Valle Orba (Novi-Ovada), ma le identifica come ALn 556, mentre invece si tratta di un modello diverso: il progetto FIAT 045 del 1940, che in FVO fu classificato ALn 56 (e non 556). La sequenza dei finestrini (8 di dimensioni uguali invece che 9 di cui uno più stretto) ed i finestrini frontali non più poliedrici mostrano che in effetti l’automotrice non è una ALn 556. Non a caso in Yugoslavia venne inquadrata in un gruppo diverso dalle JŽ 813. Il terzo faro qui non è aggiunto: era già presente all’origine sulle macchine FVO.
Delle FVO diremo qualcosa in più in un’altra nota.
Le ALn 556 di FSF
Nel 1971 presso la Ferrovia Suzzara–Ferrara (FSF, nel 2002 passata alla Regione Emilia – Romagna ed entrata in FER, oggi TPER) scarseggiavano rotabili per il trasporto passeggeri. Per fronteggiare l contingenza, FSF acquisì da FS cinque automotrici già radiate ma ancora in buone condizioni: le ALn 556.1230, 1236, 1277, 1289 e 1292. Revisionate nelle officine di Sermide presero servizio nel 1972. La livrea e la marcature rimasero quelle delle FS: cambiò solo la scritta della marcatura sulla fiancata a cenro vettura, che invece di riportare “FS” dichiarava “FSF”.
Due di esse (1277 e 1292) terminarono l’attività nel 1979, l’anno dopo, al termine dell’estate, fu la volta delle altre tre. Furono parcheggiate su un tronchino.
Trentacinque anni più tardi (nel 2015) due delle automotrici sono state cedute da TPER alla Fondazione FS, che ha in programma di curarne il restauro estetico e funzionale per l’effettuazione di treni storici.
Dunque forse tra qualche tempo sarà nuovamente possibile fare un viaggio su una ALn.556 FIAT!
In scala N
Recentemente Gianfranco Visentin ha realizzato (con la solita maestria) anche le carrozzerie delle ALn 556 “prima serie” in stampa 3D, come sempre disponibili presso Shapeways.
Le altre note sulle littorine:
- La nascita delle Littorine: le FIAT di prima generazione. Parte prima: 1932-1938
- Littorine FIAT di prima generazione, parte 2: l’evoluzione, e le littorine merci
- Littorine FIAT di prima generazione. Parte 3: le Littorine in Africa Italiana
- Littorine FIAT di prima generazione, parte 4. Lo scartamento largo: URSS, Spagna e Brasile
- Littorine FIAT di prima generazione, parte 5: scartamento ridotto in Sardegna (FMS, FCS).
- Littorine FIAT di prima generazione, parte 6: il comando multiplo (Aln 556.1xxx)
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